Come allungare la vita e restare sani: la dieta della longevità spiegata dalla nutrizionista

Romina Inès Cervigni, responsabile scientifica della Fondazione Valter Longo, ci spiega i meccanismi per allungare la vita di 14 anni e prevenire le malattie

Pubblicato: 30 Ottobre 2020 17:00

Federica Cislaghi

Royal e Lifestyle Specialist

Dopo il dottorato in filosofia, decide di fare della scrittura una professione. Si specializza così nel raccontare la cronaca rosa, i vizi e le virtù dei Reali, i segreti del mondo dello spettacolo e della televisione.

Vivere più a lungo e in modo sano, offrendo a tutti questa opportunità, è l’obiettivo che si prefigge la Fondazione Valter Longo Onlus, creata da Valter Longo, scienziato e biogerontologo di fama internazionale.

Abbiamo chiesto alla dottoressa Romina Inès Cervigni, biologa nutrizionista e responsabile scientifica della Fondazione, di spiegarci cosa mangiare e quali sono i comportamenti che ci permettono di vivere più a lungo e meglio, prevenendo quelle malattie che spesso sorgono con l’avanzare dell’età.

Quando nasce la Fondazione Valter Longo e quali sono i suoi obiettivi?
La Fondazione Valter Longo è un’associazione no profit nata nel 2017 per volontà del professore Valter Longo. Il suo obiettivo è di realizzare una longevità sana, ossia raggiungere un’età considerevole ma in perfetta salute, senza patologie soprattutto quelle legate all’invecchiamento. Si tratta di patologie che si possono in qualche modo prevenire, come i tumori, le malattie metaboliche, tipo diabete e obesità, le malattie cardiovascolari, quelle autoimmuni, tra queste il morbo di Crohn, e le malattie neurodegenerative come la demenza, il Parkinson e l’Alzheimer. La missione della Fondazione si divide in due sottocategorie. La prima è l’assistenza sanitaria attraverso l’assistenza nutrizionale che è ciò di cui mi occupo in prima persona insieme al mio team. Siamo biologi nutrizioni che sulla base di dati scientifici certi, cerchiamo di supportare i pazienti affetti da diverse patologie da un punto di vista nutrizionale, anche per quanto riguarda l’eventuale terapia farmacologica che seguono. Con la nutrizione cerchiamo di migliorare la loro qualità di vita. Il secondo aspetto della missione è dedicata alla sensibilizzazione ed educazione del pubblico di tutte le età sui temi legati alla nutrizione, agli stili di vita corretti e in generale alla salute.

Quanto incide la dieta sulla qualità della vita?
Moltissimo. Tanti studi pubblicati su riveste scientifiche dimostrano come l’alimentazione, l’attività fisica, l’astinenza dal tabagismo, il moderato consumo di alcol possono fare la differenza proprio in termini quantitativi. Rispettando queste regole si può avere un vantaggio in termini quantitativi di 12 anni in più di vita per gli uomini e 14 per le donne. E quando parliamo di anni in più, li consideriamo come anni in salute che permette di avere una qualità di vita migliore anche in età avanzata.

Ci può fare qualche esempio di dieta sana?
Noi ci basiamo sulla dieta della longevità che è stata elaborata dal professor Valer Longo, sfruttando l’approccio dei cosiddetti 5 pilastri, quindi un approccio multidisciplinare che comprende la ricerca di base che si svolge in laboratorio, la epidemiologia, gli studi su grandi numeri di popolazioni cui si associa a un determinato elemento un aspetto della salute, gli studi clinici in cui normalmente ci sono due gruppi, uno di controllo e uno di intervento, e l’osservazione dei centenari. Mettendo insieme i risultati di questi diversi tipi di studi, è stato possibile creare la dieta della longevità.
Nel pratico, si tratta di una dieta su base vegetale, ma non esclusivamente vegetale. Prevende il consumo di pesce due/tre volte alla settimana, mentre il resto delle proteine proviene essenzialmente dai legumi, comprende i grassi buoni derivati dal pesce, come lo sgombro, le alici e le acciughe, dall’olio d’oliva e dalla frutta a guscio, come noci, mandorle, nocciole. I carboidrati, generalmente demonizzati, sono presenti nella dieta della longevità perché molto importati, anche se si raccomanda di consumare quelli derivanti da cereali integrali che sono carboidrati complessi, limitando, ma non evitando, il più possibile gli zuccheri che possono essere introdotti nella dieta con la marmellata da consumare a colazione o con la frutta che comunque non va consumata in grandi quantità proprio per evitare di ingerire troppi zuccheri.
Vanno limitati gli alimenti ricchi di amidi, come pasta, pane, patate e riso, anche se non sono da escludere totalmente, ma vanno abbinati ad altri alimenti che contengono fibre. Quindi con la dieta della longevità non diciamo di mangiare di meno, anzi invitiamo a mangiare di più, ma trasformando le nostre abitudini. Per esempio, un piatto di pasta classico, diventa un piatto in cui c’è la metà della pasta, ma il doppio di legumi e verdure. Dunque, volumetricamente diventa un piatto abbondante che riempie e sazia.
Naturalmente, queste sono regole generali che poi devono essere adattate ai singoli soggetti, in base al peso e all’età. Per fare un esempio, l’apporto proteico va aumentato in persone al di sopra dei 75 anni, perché intervengono cambiamenti fisiologici che richiedono queste modifiche.

Che ruolo ha il digiuno in un regime alimentare?
Il digiuno è una pratica di vita da sempre presente. Dal punto di vista alimentare, è potenzialmente molto importante perché permette al nostro corpo di fare una pausa e di andare ad attivare tutti quei meccanismi di sopravvivenza, presenti nelle nostre cellule, che servono ad affrontare periodi di digiuno. In particolare, nel momento del digiuno s’innesca un meccanismo che si chiama autofagia in cui le cellule si mangiano da sole e iniziano utilizzando tutto quello che non serve loro, cioè ciò che è vecchio e danneggiato. In questo modo, le cellule fanno una specie di pulizia al loro interno e quando si ritorna a mangiare normalmente, possono iniziare a ricostruire. La pratica del digiuno quindi è importante quando viene associata a una pratica di ri-alimentazione. Anche in questo caso, ho descritto il meccanismo generale della pratica del digiuno. Nello specifico, bisognerebbe definirne le tempistiche che possono andare da alcune ore a qualche giorno. Bisogna anche tener conto dell’età del soggetto, se sono presenti patologie e quali.

Cos’è il digiuno giornaliero?
Il digiuno giornaliero è importante sia nella dieta della longevità sia nella pratica del digiuno. Lo possono fare tutti, anche i bambini, e riguarda il digiuno nelle 12 ore notturne, quelle che vanno dalla cena alla colazione. Una buona pratica è cenare ad esempio alle 20 e fare colazione alle 8. In molti già seguono questa abitudine, anche perché è molto semplice da attuare.

Oltre alla giusta alimentazione, quali abitudini ci garantiscono una vita lunga e sana?
Sicuramente l’attività fisica o meglio essere attivi. Infatti, non sempre è possibile praticare un allenamento costante o andare in palestra, basti pensare ai mesi trascorsi in lockdown. Perciò, io suggerisco sempre di essere attivi, ossia inserire nella nostra quotidianità una routine che prevede dell’attività fisica che può andare dal fare le scale invece che prendere l’ascensore oppure spostarsi a piedi invece che in auto. E poi bisogna scegliere di fare qualcosa che ci piace e che potenzialmente potremo fare fino ai 100 anni, come il ballo che migliora anche l’umore.
È importante anche astenersi dal fumo e per quanto riguarda l’alcol, ci sono studi recenti che mostrano effetti negativi sia in chi non beve per niente sia in chi beve troppo. Mentre il consumo di una moderata quantità di alcol che equivale a cinque bicchieri da 125 ml alla settimana è associato a un prolungamento della vita. Ovviamente è sempre meglio bere durante i pasti e in modo dilazionato.

Nelle persone affette da Alzheimer quanto incide l’alimentazione per il contenimento della malattia?
Incide moltissimo. Basti pensare che l’Alzheimer in alcuni casi viene definito come il diabete di tipo 3. Noi abbiamo il diabete di tipo 1 che è quello autoimmune, il diabete 2 che si contrae in età adulta, soprattutto in associazione all’aumento di peso, e poi il diabete di tipo 3 che non è propriamente una definizione riconosciuto ma che fa capire come l’Alzheimer sia associato a delle condizioni che dipendono proprio dall’alimentazione e in particolare all’aumento della glicemia che a sua volta è associata a un eccesso di zuccheri e di amidi assimilati durante tutta la vita, il problema infatti nasce quando il consumo è costante e quotidiano. Quindi pasta, pane, frutta in sé sono alimenti sani, ma non lo sono più nel momento in cui vengono consumati in maniera eccessiva e senza fibre.
Il problema tra l’altro non è legato solo alla glicemia. Infatti, l’Alzheimer è stato descritto come una stanza con 36 buchi, per cui se ne possono tappare 6 ma ne restano aperti altri 30 che è come dire che l’Alzheimer è una patologia ancora poco conosciuta, ma quello che si sa è che ci sono almeno 36 meccanismi diversi che possono influire, tra cui quello legato alla glicemia che ho descritto prima.  Un altro è l’introduzione di metalli pesanti come il mercurio che si trova nel tonno, nel pesce spada, ossia in pesci molto grossi che vivendo a lungo tendono ad accumulare i metalli pesanti. Quindi il mio consiglio è quello di non consumare troppo frequentemente questi pesci, al massimo una volta ogni due settimane o una volta al mese.

La dottoressa Romina Inès Cervigni (in centro) e il suo team – Fonte: Ufficio stampa

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