Il nuovo album del Maestro Beatrice Venezi, tra le poche donne al mondo a dirigere orchestre a livello internazionale, si intitola Heroines ed è un inno alla forza delle donne, l’espressione dell’empowerment femminile, tema sempre presente nel suo lavoro (LEGGI LA NOSTRA INTERVISTA DEL 2019).
L’album di Beatrice Venezi, realizzato con la collaborazione dell’Orchestra Haydn di Bolzano e Trento, racconta degli straordinari personaggi femminili di Verdi, Strauss, Shostakovich, Cherubini, ma anche di Piazzolla e Lloyd Webber e sono presenti i ritratti sinfonici di quelle che nell’immaginario collettivo sono considerate delle eroine per eccellenza.
Come Giovanna d’Arco, Isotta o Evita, ritratti di donne che lo stigma sociale cataloga come modelli negativi, più streghe che donne: Medea, infanticida dei propri figli, ad esempio, o Maria de Buenos Aires, nata “un giorno in cui Dio era ubriaco”, o ancora la Lady Macbeth di Shostakovich, una donna vessata e abusata che si conquista la propria libertà con l’omicidio.
Beatrice Venezi ci ha raccontato come è nato Heroines, perché queste eroine sono simboli importanti per tutte le donne e qual è la sua musica preferita.
Il tuo nuovo album che s’intitola Heroines: quali sono le tue eroine musicali?
Le eroine che presento in questo disco appartengono alla storia e alla mitologia e sono le protagoniste di opere scritte nell’arco di due secoli. Si parte dalla Medea di Cherubini, siamo alla metà del Settecento, e arriviamo agli anni Settata del Novecento col musical di Andrew Loyd Webber, Evita. Sono delle donne forti, volitive, tenaci, che non si tirano indietro di fronte a nulla, che non hanno paura di dire la loro e di prendere posizione e sono disposte a pagare il prezzo di ciò, consapevoli delle conseguenze delle loro azioni. Non possono stare zitte e non possono non fare quello che ritengono giusto. E questo è un grande insegnamento che vale sia per le donne che per gli uomini di oggi. Noi viviamo in una realtà in cui pensiamo di essere liberi ma in realtà siamo fortemente condizionati dal giudizio della società e questo a volte è limitante.
Ti identifichi con loro?
In ognuna di loro trovo qualcosa di me oppure trovo degli elementi di ispirazione. E credo che questa esperienza la possono fare tutte le ascoltatrici di questo album, perché parlano a tutte noi.
Come è nata l’idea di questo album?
Da una necessità di cui sono diventata consapevole già con il mio ultimo libro, Le sorelle di Mozart, ossia la necessità di delineare una nuova narrazione delle donne. Si parla sempre delle donne in relazione agli uomini: le mogli di, le figlie di, le sorelle di ecc. Raramente si includono personaggi femminili importanti nei libri di storia e anche nei libri di storia della musica. Le donne vengono sempre descritte come bisognose di un aiuto in più, di un supporto in più rispetto agli uomini, perché considerate come una categoria fragile. Invece, le eroine del mio album ci mostrano esattamente il contrario. È necessario parlare delle donne in maniera diversa per creare una coscienza femminile diversa.
Questa discriminazione di cui parli, l’hai provata in prima persona nella tua carriera?
Sì. La sento ancora oggi in verità. Una donna è sempre sotto la lente d’ingrandimento anche quando ha raggiunto dei traguardi.
Qual è il tuo compositore preferito?
Ce ne sono tanti. Tra questi sicuramente Shostakovich, non a caso il mio album si apre proprio con la sua Lady Macbeth. Beethoven lo adoro, ma anche Mozart a dire la verità, perché erano due rocker di prim’ordine. E poi non posso non citare Puccini, perché mi ha sempre accompagnato nella mia carriera e anche in momenti della mia vita privata.
Visto che hai parlato di rocker, cosa ci dici della musica leggera?
Ascolto un po’ di tutto con grande curiosità. Anche perché credo sia importante cercare di capire quale sia il gusto del pubblico, è anche una sorta di indagine sociologica.
A proposito di musica leggera, lo scorso anno hai presentato una serata del Festival di Sanremo: cosa ci racconti di questa esperienza?
Mi sono divertita molto. Ed è stato particolare, perché era un anno particolare, senza pubblico, con tutti i protocolli anti-Covid, senz’altro è stata un’edizione diversa dalle altre. Io me la ricordo come un’esperienza divertente, mi sono lanciata anche in maniera molto naif, senza grandi prove. Quindi è stato tutto molto naturale e spontaneo.
Ti rivedremo allora sul palco dell’Ariston?
Non lo so. Ancora non ne abbiamo parlato.
Secondo te i talent show sono valide officine per sfornare talenti oppure no?
Ormai mi sembra che abbiano dato talenti di successo, credo che l’industria discografica stia andando avanti con questo ordine di idee. Sicuramente i talent possono essere un’occasione per tanti.
Visto che le Feste si avvicinano, hai una canzone preferita per Natale?
All I want for Christmas is you.
Tornando alla musica classica, hai in programma dei concerti?
Sì, fino a Natale sono tutti in Italia (Milano, Torino, Macerata, Città di Castello, Modena). Poi parto per la Francia per la produzione di un’opera di Bellini che toccherà diversi teatri tra il 2022 e il 2023. Questo per quanto riguarda i prossimi mesi. Speriamo che dopo la situazione Covid si risolva e si possano fare trasferte più lunghe. A causa della pandemia sono saltati diversi impegni, in Giappone e in Sudafrica. Quindi speriamo di recuperarli.
Perché la musica classica, secondo te, continua a trasmettere emozioni senza passare mai di moda?
La classica è ‘un grande classico’, ancora estremamente moderna a mio modo di vedere. Ha dei germi in sé di modernità e mantiene intatta la sua vitalità. Mi piacerebbe che fosse presentata al pubblico come tale, non come un oggetto da museo.
Una volta hai detto che sul podio è meglio indossare un abito e non i pantaloni: ci spieghi perché?
Perché un messaggio. E questo messaggio dice che la donna non deve mascherarsi, non deve scimmiottare un uomo, può essere se stessa senza nascondere la sua femminilità ed essere allo stesso credibile in quello che fa. C’è proprio un meccanismo per cui molto spesso le donne per essere considerate credibili nella loro professione, devono nascondere la propria femminilità. Questa per me è una cosa che va superata, perché è assolutamente obsoleta. La diversità di genere è un grande valore e non c’è motivo per cui la donna si debba nascondere.