Il cinema italiano è riuscito a ritagliarsi un posto d’onore nei cuori degli appassionati di tutto il mondo, grazie a registi che hanno lasciato il segno. Ci sono le pellicole avanguardistiche di Fellini, l’eleganza senza tempo di Visconti, il tratto poetico di Antonioni, solo per citarne alcuni, e poi c’è lei, capelli corti e occhiali bianchi inconfondibili: Lina Wertmüller.
Rivoluzionaria, mai banale, irriverente, ha scritto la storia del cinema italiano con titoli indimenticabili che ancora oggi sono un vero e proprio cult, primo su tutti Pasqualino Settebellezze che le è valso la nomination all’Oscar come miglior regista, la prima donna nella storia ad ottenerla. Ma anche Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto o Io speriamo che me la cavo, tutte pellicole in cui riusciva a rappresentare al meglio uno spaccato della società italiana grazie alla sua capacità di osservare la vita con quell’ironia e leggerezza che l’hanno sempre contraddistinta.
Una volta incontrai questi occhiali bianchi, mi piacquero, avevano un’aria di vacanza che mi apparteneva. Quando li ho ricercati non li ho più trovati allora sono andata in una fabbrica e ho chiesto: “Al minimo quanti me ne potete fare?”, hanno detto 5.000. Da allora è stato un’amore per sempre.
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Un carattere vivace fin dall’infanzia
Arcangela Felice Assunta Wertmüller von Elgg Spanol von Braueich, questo il nome all’anagrafe della regista italiana, è nata a Roma nel 1928, da Federico Wertmüller, un avvocato di origine svizzere che proveniva da una famiglia aristocratica e da Maria Santamaria-Maurizio, dimostrando di essere speciale fin da subito. Uno degli aneddoti che l’ha accompagnata da sempre è stata una particolare convinzione del padre, uno spirito laico come ha affermato nell’autobiografia Tutto a posto e niente in ordine.
Secondo Federico Wertmüller, il moscone presente nella stanza mentre Lina veniva alla luce era la reincarnazione del nonno morto il mese prima, pronto a trasferirsi nel suo corpo una volta messa nella culla. Suggestione o meno, Lina ha manifestato un’indole molto vivace fin da piccola, non stava mai ferma, piangeva, strillava e dormiva pochissimo, tratti del carattere che fanno sorridere, ma che le hanno causato non pochi problemi a scuola.
La sua “carriera” da irriverente è iniziata fin da piccola, all’età di sei-sette anni, durante la visita di una vigilatrice a scuola. Dopo essersi vista più volte negato il permesso di andare in bagno, la piccola Wertmüller decise di espletare il bisogno davanti alla donna. Questo suo temperamento mantenuto negli anni successivi l’ha portata ad essere espulsa da ben undici scuole, fino a quando a 17 anni si è iscritta all’accademia teatrale di Pietro Sharoff.
Ed è proprio dopo aver frequentato questa scuola che ha mosso i primi passi all’interno del mondo dello spettacolo come autrice di progetti teatrali e televisivi, ma anche come aiuto regista di Fellini, fino a quando ha scelto di non voler stare più al fianco di registi, ma di stare lei stessa dietro la cinepresa.
Il rapporto di “amore-odio” con gli attori
Merito di un carattere forte, è riuscita a superare indenne i paletti e le difficoltà imposti da quella società che lei sapeva raccontare con grande abilità. Una regista donna, negli anni ’70, non era una cosa comune da vedere, ma l’incrollabile fede nelle proprie capacità e la bravura nel gestire tutto hanno permesso alla Wertmüller di imporsi e di dimostrare il suo valore in un mondo prettamente maschile, perché per lei una volta dietro alla cinepresa quello che contava era solo il talento.
Una grande professionista, attenta ai particolari che sapeva quello che voleva sul set, ma soprattutto cosa voleva dai suoi attori con i quali a volte aveva rapporti burrascosi. Ad esempio durante una pièce teatrale Lina Wertmüller pretese che il suo cast recitasse in tuta, ma Monica Vitti non voleva. L’attrice arrivò a tagliare l’abito di scena per poter indossare un vestito in voile azzurro. Questo gesto, però, non passò inosservato, così la regista decise di tagliare a pezzi il vestito della stessa Vitti, e di minacciarla di spaccarle la faccia se non avesse indossato la tuta come gli altri.
Un bel caratterino, non c’è che dire, come quando, nel corso delle riprese di Sabato, domenica e lunedì, dimostrò di non gradire come Luciano De Crescenzo interpretasse la parte. L’attore-scrittore, infatti, continuava ad accompagnare le battute con il dito alzato e, all’ennesima protesta non ascoltata di Lina Wertmüller, la regista gli morse proprio il dito, costringendo De Crescenzo a ricorrere a tre punti di medicazione. Non solo attori: memorabile è rimasta anche la patata al cartoccio lanciata contro uno dei principali azionisti della Universal Pictures, colpito direttamente in faccia, tanto da commentare in modo sarcastico “ottima mira, baby”, senza mai più contattarla.
La gioia di diventare madre
Il lavoro ha dato a Lina Wertmüller tante gioie dal punto di vista professionale, ma anche nell’ambito sentimentale. È proprio sul set che ha conosciuto Enrico Job, un importante scenografo più giovane di lei di 6 anni con cui si è sposata nel 1968 e al quale rimarrà legata fino al 2008, l’anno della morte del marito. È stata una passione forte che però la regista ha voluto proteggere a tutti i costi, evitando qualsiasi intromissione. Questa protezione è stata scalfita dopo la nascita della figlia adottiva della Wertmüller, Maria Zulima, nel 1991, quando la regista aveva 62 anni.
La gioia della maternità e di viverla come un fatto privato è stata rovinata dal clamore che ne è seguito con tanto di presentazione di un esposto alla Procura della Repubblica. Si credeva infatti che la regista e il marito avessero fatto ricorso all’utero in affitto o a un’adozione non regolare. In realtà la vicenda si è chiarita con le dichiarazioni dello stesso Job che ha rivelato di avere avuto una relazione extraconiugale da cui era nata Maria Zulima.
La Wertmüller ha poi confermato questa versione, precisando però come la bambina fosse figlia di suo marito e quindi anche sua figlia, in quanto nata dal loro amore. Anche questa vicenda ha confermato quanto Lina Wertmüller fosse una donna capace di andare oltre le convenzioni sociali, dimostrando che quando c’è l’amore nei confronti di un figlio, tutto il resto non conta.
Lina Wertmüller se n’è andata il 9 dicembre del 2021 all’età di 93 anni, una lunga vita caratterizzata da storie, amori e contrasti, ma anche da successi e riconoscimenti, culminati con la consegna dell’Oscar onorario alla carriera nel 2020 con una motivazione che descrive molto bene la regista: per il suo provocatorio scardinare con coraggio le regole politiche e sociali attraverso la sua arma preferita, la cinepresa.