La dieta FODMAP è un regime alimentare che va seguito insieme a un medico, dietologo o nutrizionista e si riferisce alla sigla “Fermentable, Oligosaccharides, Disaccharides, Monosaccharides, Polyols”, carboidrati a catena corta presenti prevalentemente negli alimenti di origine vegetale, ma anche in alcuni di origine animale come nei latticini, e nei dolcificanti chimici.
Secondo una ricerca eseguita presso la Monash University in Australia, questi carboidrati possono risultare aggressivi nelle persone che hanno un intestino compromesso, causando fastidi come meteorismo addominale, eccesso di gas e sindrome dell’intestino irritabile con diarrea.
Quando questi carboidrati, infatti, raggiungono l’intestino, se assunti a concentrazioni ordinarie nelle persone che non presentano fastidi, non creano nessun problema; ma in chi ha un disturbo funzionale fermentano e favoriscono il richiamo di acqua: questa acqua in eccesso non viene riassorbita e ciò scatena sintomi come diarrea e dolori addominali.
Indice
A chi è indicata
È consigliabile prendere in considerazione questo metodo nutrizionale se:
- È stata diagnosticata la sindrome del colon irritabile (IBS) e si è alla ricerca di un modo per controllare i sintomi dell’IBS. Questo disturbo è frequente, colpisce il 15% della popolazione generale, e si manifesta con crampi addominali, gonfiore, diarrea o stitichezza, infiammazione da cibo, ansia.
- È compresente una malattia infiammatoria intestinale (come il morbo di Crohn o la retto-colite ulcerosa).
Cosa si mangia nella dieta FODMAP
Il regime dietetico prevede l’esclusione, per circa un mese, di tutti gli alimenti che contengono le molecole FODMAP quali:
- Cereali come frumento, orzo e segale, e loro derivati
- Alcuni tipi di frutta e verdura (mele, albicocche, ciliegie, pesche, mango, succhi di frutta, carciofi, cavolfiore, avocado, scalogno, carciofi, aglio, cipolla, anguria, frutta disidratata)
- Legumi (fagioli)
- Frutta secca oleosa come pistacchi e anacardi
- Fibre, anche presenti in integratori alimentari (inulina, per esempio)
- Alimenti che contengono lattosio, come latte vaccino, di capra e di pecora e derivati
- Dolcificanti naturali (fruttosio) e artificiali, compresi quelli che li contengono (come le gomme da masticare)
- Miele
- Funghi.
Trascorso questo periodo di tempo, d’accordo con l’esperto, si reinseriscono gradualmente per identificare la quantità tollerata in modo che non si scatenino i sintomi: il piano alimentare prevede l’introduzione di un cibo contenente FODMAP alla volta, in questo modo si può capire se ce n’è uno in particolare che accende i disturbi.
Comunque, per tutto il periodo, si possono usare molti altri alimenti tipici della dieta Mediterranea:
- avena
- quinoa
- riso
- pasta bianca non integrale in piccole quantità
- pesce
- pollo
- verdure come zucchine, sedano, peperoni, melanzane, lattuga, fagiolini, zucca, pomodoro, carote, patate, bieta e spinaci,
- frutta come banane, mirtilli, pompelmo, kiwi, mandarini, arancia, limone, uva, fragole, lamponi
- olio extravergine di oliva
- il latte può essere sostituito con bevande vegetali.
Benefici
Di solito i benefici si avvertono già dopo le prime settimane. In uno studio pubblicato sulla rivista “Gastroenterology”, circa 3 persone su 4 affette da IBS (Sindrome del colon irritabile) hanno dichiarato un sollievo dai sintomi dopo aver intrapreso una dieta a basso contenuto di FODMAP e hanno riconosciuto il picco di efficacia dopo almeno 7 giorni.
Menù settimanali
Il suggerimento è quello di rivolgersi sempre a un professionista del settore che possa monitorare i sintomi e trovare, insieme al paziente, la quantità tollerata di molecole FODMAP. Si tratta dunque di una dieta personalizzata sulle esigenze individuali con bassi livelli solo dei FODMAP “critici”.
Controindicazioni
Il problema della dieta a basso contenuto di FODMAP è che può essere relativamente povera in fibra alimentare a causa di un’eccessiva riduzione di frutta e di alcuni vegetali, e questo può tradursi in un peggioramento, o comunque in un mancato miglioramento, della stipsi, quando presente.
L’altro aspetto negativo che la letteratura scientifica sta facendo emergere è che la riduzione dell’introito di fibre può determinare anche un’alterazione del microbioma intestinale, riducendo i batteri “buoni”. Alto è, infatti, il rischio di sviluppare malnutrizione a causa di restrizioni improprie o eccessive.