Nell’universo della sessualità fluida e dell’affettività, in un momento in cui specialmente le nuove generazioni hanno deciso di sganciarsi dagli schemi e dagli stereotipi, si rischia di usare termini obsoleti, giudicanti, scorretti. L’abrosessualità ha una definizione proprio nella non definizione e nella sfera erotico sessuale rappresenta la libertà di essere come ci si sente, in quel preciso istante. Lo psicoterapeuta e sessuologo Fabrizio Quattrini, Presidente dell’Istituto Italiano di Sessuologia Scientifica di Roma, ci aiuta a capire meglio le scelte e il sentire delle persone abrosessuali.
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Di cosa parliamo
“Abrosessualità è un termine non troppo comune, spesso confuso con altre parole e definizioni vicine alla fluidità di genere e di orientamento sessuale”, apre Quattrini. “Essere abrosessuali significa avere attrazione verso lo stesso o l’altro sesso in maniera mutevole nella vita. È la possibilità che le persone si danno di vivere liberamente quello che accade nella loro vita sessuale e relazionale, potendo passare indistintamente da un orientamento all’altro, restando fedele al sentire e all’attrazione di quel momento specifico”.
Un esempio? Una ragazza che fino a quel momento ha vissuto relazioni etero con altri ragazzi, ma che ora si sente fisicamente e sessualmente attratta da una ragazza e che decide di vivere questa relazione con una persona dello stesso sesso, lasciandosi però ancora libera di provare nuove e altre storie etero nel futuro.
Facciamo chiarezza
Chiaramente, nell’arco delle relazioni fluide, si può generare confusione. L’abrosessualità non è da confondere con la bisessualità: “un termine datato, molto boomer direi, che nell’immaginario collettivo significa avere la stessa possibilità di sperimentare un orientamento etero o omoerotico, non tanto nell’arco della vita ma quasi contestualmente. L’idea che la persona bisessuale sia in una relazione di non monogamia consensuale contemporaneamente sia con un uomo che con una donna è un errore, perché questa è solo una delle sue espressioni”.
Poi c’è la pansessualità, ancora diversa, per cui tutto è possibile, tutto è aperto: “si può provare attrazione per qualunque tipo di orientamento e genere. In questo caso siamo nella fluidità completa, non solo fisica e sessuale ma anche relazionale e degli orientamenti romantici o aromantici, fino all’asessualità”, spiega lo psicoterapeuta.
Viversi liberamente
La persona abrosessuale, nella sua rappresentazione aperta e decostruita, fa fatica ad incasellarsi in una definizione specifica. “La persona si sente libera e nel suo sentirsi libera varia il proprio orientamento, ma non – come si potrebbe pensare – nella confusione del non sapere cosa vuole; piuttosto nella grande (e invidiabile, NdA) capacità di rappresentarsi e mostrarsi a seconda di quello che succede e che sente”. Un’espressione non ancora comune, perché “nonostante le nuove generazioni abbiano avviato un processo di liberazione per sganciarsi da una visione binaria di genere per muoversi verso una una relazionalità queer, purtroppo viviamo ancora in una società in cui il binarismo di genere è protagonista: ci sono i maschi che fanno cose da maschi e le femmine che devono fare e cui vengono proposte cose da femmine”.
Un suggerimento importante
Il consiglio allora non è tanto quello di riconoscersi e di leggere i segnali di malessere o benessere dentro ad alcune situazioni e relazioni più tradizionali o atipiche, “ma il mio suggerimento è quello di essere liberi di sentirsi se stessi”, commenta sicuro Quattrini. “Bisogna superare i muri ancora alti, gli stereotipi, le aspettative e la paura di deludere o ferire. Noi veniamo da una cultura in cui quelli che io amo chiamare gli ismi (maschilismo e femminismo) hanno generato rivoluzioni e conquiste, ma anche fissazioni e chiusure. Ecco forse oggi bisogna entrare in una logica degli umanismi, una nuova rappresentazione degli ismi, che possa finalmente permettere la libertà di essere se stessi”, conclude.
Consigli? No, grazie
Ci sono consigli da dare alle persone abrosessuali per vivere una sessualità sana e appagante? “Forse no”, risponde il terapeuta. “Le persone che vivono la sessualità in modo così liberato e destrutturato sono già capaci di andare oltre, sono già piuttosto confermate e sicure di quello che si permettono di vivere”. Per arrivare a decidere di non scegliere è perché c’è una consapevolezza e una sicurezza per cui possono validare la loro identità senza problemi, e certamente lo fanno anche con il piacere e il godimento. “L’unica cosa che mi viene da dire è di fare attenzione al conflitto sociale, familiare, alla paura del giudizio. Di non caderci. Lo scontro con una cultura di appartenenza ancora poco aperta purtroppo esiste ancora oggi. È uno scontro positivo, mi viene da dire, perché poi si supera e ci si libera dei pregiudizi, ma affrontarlo è doloroso. È frustrante non riuscire a far capire cosa sta dietro alla libertà di essere e di rappresentarsi, lontani da uno schema considerato normale. La normalità non esiste; esiste la possibilità di rappresentarsi per quello che si è”.