Autismo: quali sono le credenze e i falsi miti

Intorno all'autismo sono nati numerose leggende e credenze popolari. Ecco i 7 miti da sfatare subito sulla DSA

Pubblicato: 8 Aprile 2024 11:44Aggiornato: 29 marzo 2019 11:44

Andrea Costantino

Medico chirurgo

Medico abilitato alla professione, iscritto all'albo dei Medici e degli Odontoiatri di Siena.

L’autismo è un tema che per molti, ancora oggi, rappresenta un tabù, legato a leggende e falsi miti che rendono spesso difficile la vita a chi soffre di questo disturbo.

Per descrivere questa patologia dello sviluppo dell’organizzazione cerebrale si parla di Disturbi dello Spettro Autistico, che comprendono una serie di affezioni che hanno in comune le stesse caratteristiche comportamentali, ma con vari livelli di intensità.

Oggi si stima che in generale più di un bambino su 100 abbia un disturbo dello spettro autistico. In Italia, 1 bambino su 77 (di età 7-9 anni) presenti questo disturbo, con una prevalenza maggiore nei maschi: i maschi sono 4,4 volte in più rispetto alle femmine.

Cos’è l’autismo e come riconoscerlo

I criteri diagnostici dell’autismo secondo il DSM V sono:

  1. Deficit persistente nella comunicazione e nell’interazione sociale in diversi contesti (non spiegabile attraverso un ritardo che rientri in altre patologie) e manifestato da tutti i seguenti 3 punti:
  2. Deficit nella reciprocità socio-emotiva: approccio sociale anomalo, fallimento nella conversazione, ridotto interesse nella condivisione di emozioni.
    Deficit nei comportamenti comunicativi non verbali usati per l’interazione sociale (mimica facciale e contatto oculare).
  3. Deficit nello sviluppo e mantenimento di relazioni appropriate al livello di sviluppo

L’autistico, secondo il DSM V, può essere una persona dotata di linguaggio ma deficitaria del comportamento comunicativo non verbale (mimica, espressione facciale, gesti anticipatori quali porgere la mano se l’altra persona la porge o allargare le braccia quando un’altra persona viene incontro, sorridere, avere un contatto oculare). Con reciprocità socio-emotiva si intende la tendenza che ognuno di noi ha nel condividere con gli altri i propri interessi e le emozioni.

Quindi si tratta di soggetti apparentemente disinteressati alle emozioni altrui e incapaci di comprenderle (per esempio il bambino non ricambia il sorriso e non compie atti anticipatori). Nel terzo punto si evidenzia l’incapacità di questi soggetti di mantenere relazioni con i coetanei adeguate al livello di sviluppo.

Tale deficit deve essere significativo, cioè deve creare una compromissione funzionale tale da provocare un disadattamento sociale e scolastico del paziente, e pervasivo, cioè deve essere presente in più contesti (se ad esempio il comportamento anomalo si manifesta solo a scuola e non a casa significa che non è pervasivo).

  1. B) Comportamenti e/o interessi e/o attività ristretti e ripetitivi come manifestato da almeno due dei seguenti punti:
  2. Linguaggio e/o movimenti e/o utilizzo di oggetti stereotipati o ripetitivi.
  3. Eccessiva aderenza alla routine e resistenza ai cambiamenti (rituali, stesso cibo, stessa strada).
  4. Fissazione in interessi ristretti con intensità ed attenzione anomale.
  5. Iperattività o iporeattività agli stimoli sensoriali (indifferenza caldo/freddo, risposta avversa a suoni, eccessivo annusare degli oggetti) e interessi inusuali (luci o oggetti roteanti).
  6. C) I sintomi devono essere presenti nella prima infanzia, nei primi 36 mesi (ma possono non essere completamente manifesti finché la domanda sociale non eccede il limite delle capacità del soggetto).
  7. D) L’insieme dei sintomi deve compromettere il funzionamento quotidiano e determinare disadattamento

Per porre diagnosi di disturbo dello spettro autistico secondo DSM V devono essere soddisfatti i criteri ABCD.

Va inoltre specificato se il disturbo è associato a condizione medica (es. epilessia) o genetica nota (es. sindrome di Rett) o ad un fattore ambientale (es. sindrome alcolica fetale). Anche condizioni aggiuntive del neurosviluppo, mentali e comportamentali (es. ADHD) o la presenza di catatonia vanno segnalate (APA, 2013).

Credenze e falsi miti sull’autismo

Esistono moltissime credenze popolari che negli anni si sono consolidate intorno all’autismo, alimentando la disinformazione che ancora è presente intorno a questa patologia. Proviamo a sfatare questi miti.

  1. Le cause del disturbo autistico sono sconosciute – Gli studi scientifici hanno consentito di individuare una parte fondamentale dei fattori responsabili del DSA. Ad esempio, gli scienziati oggi sono a conoscenza dell’importanza della componente genetica. Non esiste un unico gene responsabile dell’autismo, ma vari geni che interagiscono fra loro. Le più̀ note teorie neuropsicologiche dell’autismo sono cinque:
  1. I vaccini causano l’autismo –Il legame fra il vaccino trivalente morbilloparotite-rosolia e la patologia non è mai stato dimostrato ed è, di fatto, una bufala. Wakefield, come riporta il British Medical Journal, percepì un compenso in denaro per asserire la falsa evidenza di una correlazione fra il disturbo e l’assunzione del vaccino trivalente. La pubblicazione di Wakefield spinse ad avviare una serie di altri studi su una più ampia popolazione, per comprendere se realmente esistesse una correlazione o meno. Nessuna di queste ricerche ha mai confermato i dati, del tutto errati, apportati dalluomo, poi espulso dall’ordine dei medici ed interdetto dalla professione.
  2. Non esiste una cura –Non si guarisce completamente dall’autismo, ma esistono alcuni importanti modelli terapeutici che uniscono la terapia psicologica a quella farmacologica e che permettono di migliorare la vita dei pazienti. I risultati ovviamente dipendono dalla gravita del disturbo e dall’associazione o meno ad un ritardo mentale. Le “Linee guida di intervento sull’autismo” pubblicate dal National Research Council affermano:
  1. Gli autistici sono dei geni –La metà delle persone affette da Dsa presenta anche un deficit cognitivo. Nell’ambito delle patologie dello spettro autistico esistono due tipologie di disturbo: basso funzionamento: soggetti con una disabilità intellettiva; alto funzionamento, detto anche Sindrome di Asperger, in cui il soggetto ha capacità intellettive molto elevate e, a volte, molto particolari e settoriali.
  2. Chi è affetto da autismo non sopporta il contatto fisico –Il rifiuto del contatto fisico avviene solamente in alcuni pazienti. Altri invece amano coccole, carezze e solletico, si tratta quindi di una risposta individuale. Lo stesso vale per il contatto visivo, che per alcuni è fondamentale.
  3. Si può diagnosticare solo a 2 anni –Solitamente la diagnosi più attendibile della malattia viene fissata intorno ai 24 mesi, ma già entro il primo anno di vita è possibile individuare i bambini a rischio. Una diagnosi precoce nel caso dell’autismo riveste un’importanza fondamentale.
  4. L’autismo non ha sintomi biologici –Il Dsa è un disturbo neurobiologico e non psicologico. Per questo tecnologie come la risonanza magnetica funzionale possono identificare l’autismo. La patologia infatti provoca uno sviluppo atipico di alcune reti cerebrali riguardanti le capacità socio-comunicative.

Fonti bibliografiche:

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