Salute del cuore nelle donne: come fare prevenzione

Giornata mondiale del cuore: poca consapevolezza del rischio cardiovascolare. I sintomi di un infarto nella donna e come prevenirlo

Pubblicato: 28 Settembre 2023 18:40

Federico Mereta

Giornalista Scientifico

Laureato in medicina e Chirurgia ha da subito abbracciato la sfida della divulgazione scientifica: raccontare la scienza e la salute è la sua passione. Ha collaborato e ancora scrive per diverse testate, on e offline.

Si fa presto a dire rischio cardiovascolare. Per ognuno è diverso. Ed anche per il gentil sesso occorre la massima attenzione. Perché se è vero che in genere i problemi cardiaci tendono ad iniziare prima per i maschi, per le donne qualche anno dopo i nodi possono venire al pettine. Per questo il controllo del peso, l’addio al fumo, la regolare attività fisica e il monitoraggio dei livelli di colesterolo “cattivo” o LDL, pressione e glicemia sono fondamentali. Anche perché nella donna l’infarto può essere più ingannatore, e quindi portare all’osservazione dei medici dopo, con evidenti ripercussioni sulla prognosi.

Per questo, in occasione della giornata mondiale del cuore, occorre sensibilizzare tutti sull’attenzione che va portata a questo organo nobile. Che va protetto, custodito, curato, seguendo le indicazioni del medico, caso per caso.

Poca consapevolezza del rischio

Secondo un’indagine condotta da IQVIA per la Fondazione Italiana Per il Cuore su 3000 cittadini, gli italiani non hanno ben chiaro quanto il cuore rischi. “È sorprendente che nonostante il rischio cardiovascolare sia la principale causa di morte in Italia, solo la metà degli italiani ne sia effettivamente consapevole – precisa Emanuela FOLCO, Presidente della Fondazione Italiana Per il Cuore (FIPC). Questo indica una lacuna significativa nell’informazione e nella sensibilizzazione dei cittadini riguardo ad un problema così importante per la salute pubblica. La difficoltà a modificare i propri stili di vita nonostante vi sia la consapevolezza della necessità di farlo è un reale campanello d’allarme che richiede un intervento”.

Dall’indagine emerge che solo la metà degli italiani sa che le malattie cardiovascolari sono la prima causa di morte in Italia. Il 54% ritiene di non essere a rischio e fra questi la metà ha, in realtà, un elevato livello di rischio cardiovascolare. Ad essere meno consapevoli sono le donne e le fasce più giovani.

Cosa si fa per migliorare

Dall’indagine emerge che solo 1 italiano su 2 dichiara di fare qualcosa per la prevenzione cardiovascolare (solo 1 su 10 ritiene di fare molto), concentrandosi sull’alimentazione (50%), sul movimento e sull’attività fisica (39%). A effettuare controlli ed esami medici regolari è il 18% e solo l’11% dichiara d’impegnarsi a ridurre il fumo. Sono ancora molti gli ostacoli che rallentano le azioni preventive, dovute alla difficoltà di modificare lo stile di vita (39%), alla scarsa consapevolezza del rischio (33%), alla mancanza di informazioni su cosa fare per la prevenzione (27%) e la scarsa comunicazione/supporto da parte del medico (21%).

“Scegliere un percorso di vita sano è un passo fondamentale per prendersi cura del nostro benessere, in particolare della salute del nostro cuore – riprende l’esperta. Queste pratiche quotidiane possono fare una differenza notevole nella nostra salute generale. Semplici comportamenti, evitando di fumare, seguendo una dieta corretta evitando cibi ultra-processati, svolgere una regolare attività fisica, limitare il consumo di alcool e bevande zuccherate senza aspettare che i problemi si manifestino; possiamo prendere il controllo della nostra salute fin da ora attraverso scelte di vita consapevoli e salutari”.

Il rischio infarto per la donna

Una ricerca condotta nella Repubblica di Corea e  presentata al Congresso della Società Europea di Cardiologia (ESC) di Amsterdam  mostra chiaramente come il genere impatti sulle modalità di presentazione dell’attacco cardiaco. I sintomi di un attacco cardiaco possono includere dolore al petto, dolore irradiato alle braccia, alla mascella e al collo, vertigini, sudorazione fredda, mancanza di respiro, sensazione di malessere e perdita di coscienza. In queste circostanze appare basilare chiamare immediatamente un’ambulanza e ricevere un trattamento rapido per sopravvivere e riprendersi completamente.

Nel complesso, poco più della metà (52,3%) dei pazienti ha riconosciuto i sintomi dell’infarto miocardico. La maggior parte dei pazienti (92,9%) potrebbe identificare il dolore toracico come sintomo di infarto miocardico, mentre circa un terzo ha riconosciuto mancanza di respiro (32,1%) e sudorazione fredda (31,4%). Poco più di uno su quattro ha riconosciuto un dolore irradiato (27,4%), mentre solo il 7,5% ha riconosciuto vertigini/stordimento/perdita di coscienza e l’1,3% ha riconosciuto mal di pancia.

Ma attenzione: gli uomini sono risultati più propensi a riconoscere i sintomi rispetto alle donne (il 79,3% degli uomini contro il 69,0% delle donne ha identificato i sintomi). Come rilevano gli autori dello studio, alla fine, le donne, i pazienti anziani, quelli con un basso livello di istruzione e le persone che vivono sole possono trarre particolare beneficio dall’imparare i sintomi a cui prestare attenzione. A rendere gravi queste condizioni nel sesso femminile sono l’età più avanzata nella quale in genere si manifestano, la frequente coesistenza di più fattori di rischio, la sintomatologia meno intensa con la quale si manifesta l’infarto e la tendenza delle donne a sottovalutare e trascurare i sintomi che fanno ritardare la richiesta di aiuto e, quindi l’intervento del cardiologo.

Purtroppo il danno dell’infarto diventa sempre più grave con il passare delle ore e che l’efficacia degli interventi terapeutici è tanto maggiore quanto più precocemente iniziati; l’ideale sarebbe metterli in atto entro la prima ora dall’inizio dei sintomi. Pertanto è importante non sottovalutare alcun fastidio al centro del petto o allo stomaco e chiedere subito l’intervento dei soccorsi.

Più rischi anche con le coronarie “pulite”

Il cuore di donna è più fragile. Ed è anche più difficile da ascoltare perché spesso non dà segnali di sofferenza. In particolare, è ad alto rischio di quella che viene chiamata INOCA (ischemia senza coronaropatia ostruttiva). Si tratta di un problema poco conosciuto, poco indagato, e ancora meno diagnosticato e trattato. Il cuore femminile, perfino nelle più giovani, a volte ha già avuto infatti piccole ischemie, senza che ci siano le classiche coronarie ostruite, tipiche dell’infarto degli uomini di mezza età: il 50-70% di chi ha doloretti al petto e piccoli infarti visibili all’angiografia è una donna, con fattori di rischio cardiovascolari classici e non, con uno stato infiammatorio generale che può essere conseguenza di fattori più frequenti al femminile come stress, disturbi dell’umore, fumo o malattie autoimmuni, oppure una conseguenza della menopausa.

L’importanza della prevenzione al femminile

La donna ha un apparato cardiovascolare diverso dall’uomo ed  ha un cuore e dei vasi sanguigni più piccoli. Vista l’importanza della procreazione, risulta protetta dai principali eventi cardiovascolari (infarto, ictus), ma solo fino alla menopausa, quando perde lo scudo ormonale e diventa vulnerabile a queste patologie come l’uomo, con un ritardo di circa 10 anni. Questo dato, unito all’aumento dell’aspettativa di vita, deve indurre le donne a una maggiore prevenzione.

E invece? Invece si rischia di dimenticare che all’incirca le patologie cardiovascolari colpiscono la donna tre volte più di tutti i tumori femminili messi insieme. E in Italia le donne che oggi muoiono per problemi cardiovascolari (ictus e infarto) sono più degli uomini. uomini. A condizionare questi dati in aumento sono i diversi fattori di rischio che caratterizzano le donne, che si possono suddividere in classici, esclusivi e peculiari.

I primi sono gli stessi degli uomini: fumo, colesterolo alto, ipertensione, diabete, assenza di movimento, obesità, alimentazione non corretta. La donna però aggiunge dei fattori di rischio esclusivi legati alla sua vita biologica: anzitutto, la menopausa, che può diventare ancora più aggressiva se precoce, tra i 30 e 40 anni; un menarca precoce o tardivo; malattie come ipertensione o diabete in gravidanza; la sindrome dell’ovaio policistico. In terzo luogo, ci sono i fattori di rischio che nella donna sono prevalenti: le malattie autoimmuni come l’artrite reumatoide, il lupus, la sclerodermia, la miastenia, la tiroidite hanno conseguenze più impattanti nella donna.

Fonte bibliografica

Fondazione italiana per il cuore

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