Osteoporosi infantile, cos’è e nuove cure in arrivo

L'osteoporosi infantile è una malattia piuttosto rara che pochi conoscono: scopriamo i sintomi, ma soprattutto le nuove terapie

Pubblicato: 15 Marzo 2024 13:12

Andrea Costantino

Medico chirurgo

Medico abilitato alla professione, iscritto all'albo dei Medici e degli Odontoiatri di Siena.

Nell’immaginario comune, quando sentiamo parlare di osteoporosi associamo tale condizione patologica a uomini e donne ormai nella terza età della vita, con una presentazione clinica spesso caratteristica ed eclatante. Grazie agli avanzamenti sul fronte della ricerca, alla presenza di metodiche diagnostiche sempre più all’avanguardia ed al maggiore tasso di sopravvivenza di individui affetti da patologie croniche, è stato possibile osservare come questa patologia non sia appannaggio solo di individui in età avanzata ma possa colpire anche i bambini e gli adolescenti.

L’osteoporosi infantile è una malattia dell’apparato scheletrico caratterizzata da una compromissione della resistenza ossea che predispone il soggetto affetto ad un maggiore rischio di frattura. La prevalenza di quest’affezione non è conosciuta, probabilmente perché non ancora sufficientemente diagnosticata in questa fascia d’età e per la difficoltà di eseguire accertamenti mirati, oltre che per il quadro clinico non manifesto all’esordio della patologia.

Sintomi e cause dell’osteoporosi infantile

Soprattutto nella fase iniziale, i sintomi non sono evidenti e, in età pediatrica, l’eziologia alla base del disordine è quasi sempre secondaria a patologie croniche quali il malassorbimento cronico (tra cui, citiamo, la ben nota malattia celiaca e le malattie infiammatorie croniche dell’intestino), l’uso prolungato di farmaci (tra i quali, spiccono, i corticosteroidi), malattie endocrine e/o metaboliche, l’immobilizzazione prolungata e patologie maligne (leucemie, linfomi o tumori solidi).

Le cause di osteoporosi primaria nel bambino includono un ampio spettro di condizioni di origine genetica, fortunatamente estremamente rare, tra le quali la forma più comune è l’osteogenesis imperfecta (incidenza di 1:15000-20000 nati). Le cause molecolari di tale affezione sono molteplici, ma riconducibili tutte ad un difetto della sintesi della porzione organica del tessuto scheletrico.

L’osteoporosi giovanile idiopatica è, invece, una diagnosi di esclusione: classicamente si manifesta con fratture delle vertebre e delle ossa interessate dai processi di accrescimento nel periodo prepuberale. La crescita non è compromessa e generalmente si osserva una remissione dopo la pubertà.

Come riconoscere l’osteoporosi infantile

Riconoscere le manifestazioni cliniche di osteoporosi è fondamentale per iniziare immediatamente un percorso terapeutico, in particolare poiché tale condizione è spesso silente all’esordio.

“Le bandierine rosse” che devono farci sospettare di essere di fronte a tale quadro clino sono le fratture ossee ricorrenti, che si verificano in maniera spontanea o a seguito di traumi anche banali, i dolori ossei persistenti (soprattutto al livello della colonna vertebrale) oppure deformità causate da fratture precedenti e divenute invalidanti. Una particolare attenzione deve essere rivolta alle caratteristiche delle fratture (sede, gravità, causa), alla valutazione dell’apporto giornaliero di calcio e alle modalità di esposizione solare, per evidenziare un eventuale deficit di vitamina D.

In ogni caso, è necessario effettuare ulteriori indagini per poter formulare una diagnosi precisa. Dopo un’accurata raccolta della storia clinica e l’esecuzione di un esame obiettivo accurato, il medico può decidere di prescrivere esami del sangue tesi alla ricerca della causa del disturbo e/o accertamenti più specifici, come la densitometria minerale ossea (DXA). Tale esame diagnostico consente di ottenere informazioni preziose sulla struttura e le proprietà meccaniche dell’apparato scheletrico dell’infante, permettendo di quantificare la quantità di calcio e di altri minerali presenti nel segmento osseo esaminato, utilizzando una piccola dose di raggi X.

L’approccio nei confronti di questa patologia dev’essere, comunque, multidisciplinare. Sono infatti spesso necessari interventi di vari specialisti (pediatri endocrinologi, ortopedici, nefrologi, genetisti, gastroenterologi), ed inoltre di fisioterapisti, psicologi, dentisti.

I possibili percorsi terapeutici

Dopo aver ricevuto una diagnosi di osteoporosi infantile, il bambino potrà (e dovrà) iniziare immediatamente un percorso terapeutico. La terapia dovrà essere, in primo luogo, finalizzata a trattare la malattia collegata all’osteoporosi, in seguito sarà fondamentale integrare il deficit di calcio e vitamina D, inevitabilmente correlato all’affezione e sulla base dei fabbisogni raccomandati per età, al fine di garantire il raggiungimento di un’adeguata massa ossea. Accanto al latte e latticini come fonte importante di calcio, anche l’acqua minerale fornisce elementi facilmente assorbibili dall’intestino.

I medicinali specifici più utilizzati nel bambino per stimolare la formazione dell’osso e/o inibirne il riassorbimento sono quelli a base di bifosfonati, sebbene il loro impiego sia ancora limitato in questa fascia d’età e debba valutato attentamente dal medico che prende in carico il piccolo paziente. Attualmente, l’unico bisfosfonato approvato per l’uso pediatrico in Italia è il Neridronato.

I pazienti con osteoporosi possono giovarsi di un’attività fisica costante e controllata. Da evitare sono tutti gli sport che prevedano un contatto fisico (es. calcio, basket, rugby) e tutte le attività in cui vi sia una alta probabilità di cadute accidentali (es sci, pattinaggio, sci). Sono anche da preferire gli sport eseguiti in condizione di carico; quindi meno indicati sono tutti quelli che si effettuano in piscina o da seduti (es ciclismo, canottaggio).

Le ultime ricerche scientifiche hanno individuato un nuovo sistema che consentirebbe di trattare la malattia senza compromettere la struttura ossea, intervenendo direttamente sui recettori di alcune cellule specifiche presenti a livello dell’apparato osteo-scheletrico.

Un team di ricercatori giapponesi ha scoperto, infatti, che l’inibizione del recettore Siglec-15 blocca la maturazione degli osteoclasti, le cellule deputate al riassorbimento osseo, mantenendo comunque intatti i processi di formazione ossea ad opera degli osteoblasti: questo consentirebbe di aumentare la massa e la resistenza ossea, senza inficiare la crescita delle stesse.

Sono stati, pertanto, prodotti degli anticorpi monoclonali che agiscono direttamente contro questo recettore, attualmente utilizzato in caso di immuno-terapie oncologiche e preso in cosiderazione per casi di osteoporosi post-menopausale. Ne consegue che l’utilizzo in età pediatrica è ancora in fase sperimentale, ma potrebbe rappresentare un’adeguata alternativa terapeutica per accelerare il processo di cura e, soprattutto, per garantire un approccio mirato alla patologia. riducendo significativamente gli effetti collaterali dati dall’impiego prolungato dei bifosfonati.

Fonti bibliografiche:

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