È una malattia rara. Ma non per questo non deve essere conosciuta l’EGPA (sigla che sta per Granulomatosi Eosinofila con Poliangioite). Perché ancora oggi la diagnosi arriva molto tardi, quando magari la patologia ha già creato danni all’organismo e dopo tempo dalla sua effettiva comparsa, magari con “semplici” difficoltà respiratorie che fanno pensare all’asma e presenza di poliposi nasale.
Per chi ha qualche dubbio, esiste un’Associazione formata da pazienti che può essere d’aiuto e si impegna in iniziative per diffondere la conoscenza sulla malattia e sensibilizzare tutti sull’importanza del riconoscimento precoce del quadro. Si chiama APACS ed è l’Associazione Pazienti con Sindrome di Churg Strauss, anche nota come Granulomatosi Eosinofila con Poliangioite (EGPA).
Nata nel 2016 grazie a un gruppo di pazienti, è diventata rapidamente l’organizzazione di riferimento per la patologia sul territorio nazionale. Convivere con l’EGPA non è una passeggiata, dal punto di vista fisico e di conseguenza psicologico. Il dolore, la sensazione di smarrimento e la difficoltà a essere diagnosticati precocemente (ci possono volere dai 7 ai 10 anni) è quello che i pazienti lamentano maggiormente. Arrivare presto, insomma, è importante. Perché le cure migliorano, di giorno in giorno. e si può dare ad ogni paziente la risposta che attende.
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Come nasce e chi colpisce l’EGPA
È una malattia rara. La prevalenza in Italia è ancora difficile da quantificare: in generale si stima un’incidenza di 0,5-4,2 casi per milione di abitanti. Tuttavia, come segnalano gli esperti, conosciamo bene cosa accade, in quello che è una sorta di “percorso” della patologia. La causa del quadro va ricercata in un’infiammazione eosinofila che colpisce le pareti dei vasi sanguigni di piccole e medie dimensioni e può causare seri problemi a diversi organi.
Il polmone in primis, ma anche alle alte vie aeree, ai reni, al cuore, all’intestino, alla stessa pelle. Si tratta quindi di una patologia grave, multisistemica e potenzialmente letale: ogni organo potrebbe essere impattato, anche irreversibilmente, dall’infiammazione.
Le tre fasi dell’EGPA
La malattia evolve in fasi diverse. E per ogni paziente assume un percorso particolare. Le tre fasi possono anche manifestarsi in pochi anni o addirittura in due decadi, con peggioramenti progressivi ma molto rallentati. La prima fase è quella definita prodromica.
A caratterizzarla è uno stato di infiammazione alle alte e alle basse vie respiratorie e si manifesta con asma e rinite allergica, a volte accompagnate da poliposi nasale. Nella fase successiva (eosinofila), i protagonisti diventano gli eosinofili, particolari globuli bianchi, ovvero cellule del sistema immunitario.
Nell’EGPA i valori medi di eosinofilia sono generalmente pari o superiori a 1.500 cellule per microlitro di sangue, oppure superiori al 10% del totale dei leucociti, a fronte di valori di riferimento per le persone sane che normalmente si trovano tra 0 e 500 cellule per microlitro (0-5% del totale dei leucociti), con conseguente loro pericoloso accumulo nei tessuti.
In questo stadio anche gli ANCA (anticorpi anticitoplasma) possono entrare in azione e creare danni. Le manifestazioni sono: febbre, stanchezza, perdita di peso, dolori articolari, ai muscoli e disfunzione dell’organo maggiormente colpito dall’infiltrazione.
La terza fase è detta vasculitica e determina un interessamento sistemico. Tra gli organi più colpiti c’è il polmone. Altri bersagli sono i reni, il cuore e l’intestino: in quest’ultimo caso l’addensamento degli eosinofili provoca dei micro-infarti mandando in necrosi le parti che non ricevono più il sangue. A volte vengono interessati più organi contemporaneamente e può capitare che la vasculite colpisca anche il sistema nervoso, con perdita di sensibilità o di mobilità dei muscoli. A complicare ulteriormente le cose: le fasi della malattia possono non presentarsi in ordine consequenziale, ma manifestarsi in modo misto e sovrapposto.
L’importanza dell’approccio su misura
Come ha recentemente ricordato Jan Walter Volk Schroeder, direttore del reparto di Allergologia e immunologia dell’ospedale Niguarda Ca’ Granda di Milano, fondamentale è sospettare presto il quadro. E soprattutto concentrare l’attenzione su quei pazienti che, proprio per la presenza dell’aumento degli eosinofili, possono essere più facilmente inquadrati fin dall’inizio, a prescindere dai sintomi e dai segni della patologia.
Secondo l’esperto “i pazienti con EGPA per anni hanno asma e rinosinusiti con poliposi e a un certo punto hanno un aumento importante di eosinofili. Al Niguarda abbiamo creato un centro multidisciplinare che comprende dieci specialisti capaci di valutare determinati aspetti dell’EGPA”. Fondamentale, quindi, è arrivare alla diagnosi.
Attraverso il proprio medico si può fare riferimento allo specialista – immunologo, allergologo, reumatologo e pneumologo – che quindi sottopone il paziente ad esami di laboratorio specifici che riescono a intercettare “l’esplosione eosinofila” grazie al dosaggio dell’emocromo, alla formula leucocitaria ed ECP (proteina cationica eosinofila, una proteina rilasciata dagli eosinofili), unitamente ad un controllo di un marker d’infiammazione come la VES.
Fatta la diagnosi inizia il percorso di cura che oggi, fortunatamente, offre nuove luci e risposte concrete grazie ai farmaci biologici. Le terapie tradizionali come i corticosteroidi e gli immunosoppressori hanno un impatto limitato sull’EGPA, perché non agiscono alla sua origine e possono avere effetti indesiderati anche pesanti nel tempo.