In Italia, circa il 46% degli ospedali esegue interventi di chirurgia oncologica sotto soglia. Cosa significa? Che i numeri degli interventi eseguiti nelle strutture sono limitati e comunque sotto il valore definito come minimo. Ad esempio, per il tumore della mammella il valore soglia è di 150 interventi l’anno. Significa che al di sotto il centro non è in grado di offrire le medesime sicurezza e qualità degli esiti dei centri con interventi sopra la soglia prevista.
Inoltre, solo in 13 strutture italiane è presente un percorso di cura la cui qualità è certificata da OECI (Organisation of European Cancer Institutes). A dirlo è la mappa aggiornata “Dove mi curo?”, presentata da ROPI (Rete Oncologica Pazienti Italia) ed elaborata partendo dai dati dell’ultimo Programma Nazionale Esiti di Agenas, si basa su due criteri: oltre al superamento della soglia di volumi chirurgici – che le evidenze scientifiche associano ai migliori esiti – vengono menzionati quegli ospedali al cui interno è presente un percorso di cura la cui qualità certificato con il bollino di OECI.
Un dato, comunque, va sottolineato: dal 2017 al 2022 il numero degli ospedali sotto soglia si è ridotto di oltre il 16%, passando da 5.670 a 4.747. Allo stesso tempo si è registrata una riduzione dei volumi di interventi di chirurgia oncologica negli ospedali ‘sotto soglia’: da 57.419 interventi nel 2017 (29% degli interventi totali) a 47.230 nel 2022 (23% degli interventi totali).
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Perché è utile la mappa
“Come ogni anno la nostra mappa si propone l’obiettivo di aiutare i pazienti e i loro cari ad orientarsi tra le strutture sanitarie che effettuano interventi di chirurgia oncologica – spiega Stefania Gori, Presidente ROPI e di AIGOM (Associazione Italiana Gruppi Oncologici Multidisciplinari) –. Quest’anno abbiamo aggiunto un ulteriore tassello, quello relativo al percorso assistenziale, consapevoli che il solo dato quantitativo non è sufficiente a dare un’indicazione corretta e completa sulla qualità di un ospedale”. Insomma, una fonte di dati importanti per la sanità. Con la possibilità di osservare una tendenza sicuramente positiva, come rileva Fabrizio Nicolis, consigliere ROPI e coordinatore del progetto.
Considerando la chirurgia per il tumore della mammella, si assiste a un trend in riduzione del numero di ospedali sotto soglia: da 521 nel 2017 a 313 nel 2022 (-40%). Di contro si è registrato un aumento dei volumi di interventi eseguiti in ospedali sopra soglia: da 45.656 nel 2017 (74% degli interventi totali) a 53.653 nel 2022 (84% degli interventi totali). Rimane invece invariato il gradiente Nord-Sud, con il Nord in cui la maggior parte delle Regioni ha ospedali ‘sopra soglia’ per tutte le 17 patologie considerate, e il Sud in cui solo 3 regioni (Puglia, Campania e Sicilia) coprono tutte le patologie”.
Perché è importante riferirsi a centri specializzati
L’importante, insomma, è avere un percorso sanitario ben definito. Lo fa notare anche Massimo Carlini, presidente della Società Italiana di Chirurgia (SIC). Secondo l’esperto “la diminuzione delle complicanze e della mortalità dipende anche dalla qualità delle cure postoperatorie, che è più strettamente correlata ad alcune caratteristiche specifiche dell’ospedale, più che al numero di operazioni eseguite.
Alcune operazioni richiedono specifiche abilità intraoperatorie e in questo caso predomina il volume del chirurgo, mentre altre possono richiedere importanti e complessi trattamenti durante il decorso postoperatorio e allora predomina il volume dell’ospedale. Peraltro, dopo un miglioramento dei risultati nei centri ad alto volume, possono anche determinarsi risultati inferiori quando un determinato centro raggiunge il suo limite. Nel nostro Paese, considerato che il numero di posti letto, di medici di terapia intensiva, di chirurghi e di infermieri specializzati è ridotto, questo secondo aspetto è molto importante. In ogni caso le procedure chirurgiche complesse centralizzate dovrebbero essere disponibili in centri ben distribuiti in tutto il territorio nazionale”.
L’informazione è fondamentale
“Per chi si trova ad affrontare per la prima volta la malattia oncologica, così traumatizzante dal punto di vista psicologico e sociale, è evidente l’importanza di una scelta consapevole che riguardi la struttura ospedaliera alla quale affidare la propria salute”. Così commenta queste osservazioni Simonetta Bianchini Simonetta, presidente di Per Te Donna Odv (pertedonnaonlus.it).
“Come associazione siamo quotidianamente a contatto con pazienti che ci chiedono dove sia meglio per loro curarsi, anche se poi la scelta è condizionata dagli aspetti economici e logistici che le persone devono affrontare. Ma è di assoluta importanza avere uno strumento che, basandosi su criteri oggettivi, possa orientare i pazienti in questa scelta”.
Anche per patologie specifiche come il melanoma, in cui l’intervento chirurgico non appare molto complesso, occorre sempre far riferimento a strutture dedicate. “Negli ultimi 12/13 anni la terapia del melanoma è radicalmente cambiata grazie a farmaci innovativi portando le guarigioni nel caso di pazienti affetti da melanoma metastatico sono passate dal 5% al 55% – spiega Antonella Romanini, presidente dell’Associazione Contro il Melanoma (ACM, associazionecontromelanoma.it).
La parte chirurgica, pur non presentando particolari difficoltà tecniche, prevede però l’individuazione e l’asportazione del linfonodo sentinella, che richiede una curva di apprendimento di almeno 50 casi e l’esecuzione di almeno 50 casi/anno e che un anatomopatologo esperto. Dunque, è importante che l’intero percorso diagnostico-terapeutico garantisca elevati livelli di efficienza, che sono alla base del miglioramento della sopravvivenza di questi pazienti”