Si pensa spesso. Quanto una persona è profondamente innamorata, e riamata, con le farfalle che svolazzano nello stomaco non appena vede il suo lui/lei, tende a prestare meno attenzione al cibo. Un po’ come se in modo del tutto inconscio si facesse una scelta: da un lato c’è il bisogno di nutrirsi, dall’altro quello di avere una vita di coppia felice. Ebbene, ora una ricerca sperimentale prova a svelare i segreti di queste situazioni, sicuramente molto curiose ed interessanti.
Lo studio, coordinato dagli esperti di Neuroscienze dell’Università di Colonia e pubblicato su Cell Metabolism, spiega quanto avviene nei topi. In caso di appetito, quindi di non vera e propria fame, tendono a scegliere la liaison amorosa. Ma se hanno molta fame e sete tendono a dare la precedenza al bisogno di riempire lo stomaco.
Questi meccanismi, stando alla ricerca, sarebbero da collegare all’azione della leptina: se questa sostanza che ha un’azione soppressiva sull’appetito viene somministrata, gli animali tendono a dimenticare l’opportunità dell’abbuffata e del binge eating, prediligendo la passione per i propri simili. Lo studio, oltre a chiarire alcune reazioni fisiologiche, mette in luce aspetti che potrebbero rivelarsi molto utili anche nel controllo delle “mangiate” pantagrueliche senza freno che a volte si fanno perdendo il controllo.
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Come scegliere il bisogno più impellente
Sia chiaro. Nell’essere umano probabilmente la situazione è molto più complessa. Ma le risposte fisiologicamente ottenute nelle sperimentazioni offrono comunque una possibile spiegazione di base delle reazioni del cervello quando deve scegliere. La ricerca, in particolare, prova a spiega la gerarchia dei comportamenti innati come mangiare, bere, socializzare e accoppiarsi.
L’analisi si è concentrata su specifici centri di cellule nervose, situati, nell’ipotalamo laterale, una zona del cervello. I neuroni presi in esame sono quelli che hanno recettori per la leptina e quelli che producono la neurotensina, due ormoni legati alla fame e alla sete. Studiando la situazione si è visto che queste cellule nervose entrano in gioco anche nella guida del comportamento sociale e nella gestione dei bisogni di mangiare e bere.
Importante è vedere che attivando i neuroni con il recettore della leptina gli animali tendono a privilegiare il rapporto con gli altri, anche se hanno fame e sete, come se questo diventasse un bisogno fondamentale. Stimolando la leptina, poi, si è visto che se un animale è sazio è portato comunque a scegliere i rapporti sociali mentre quando è molto affamato comunque tende a impiegare più tempo prima di nutrirsi e comunque mangia di meno, pur se in caso di vera e propria fame non rinuncia al cibo. La scoperta potrebbe in futuro contribuire ad aiutare chi soffre di binge eating ed ha bisogno di abbuffarsi, con evidenti ricadute per il benessere.
Speranze dalla stimolazione nervosa
Per chi fa i conti con il disturbo da alimentazione incontrollata – quello che gli esperti anglosassoni chiamano “binge eating” – cercare di fermarsi anche dopo un’overdose alimentare appare un problema. La ricerca, in futuro, potrebbe portare ad una sorta di “sistema di controllo” favorito dalla stimolazione cerebrale profonda, o DBS.
Dà notizia di questa opportunità, tutta da valutare, una ricerca apparsa su Nature Medicine che ha interessato due sole persone, quindi rappresenta solo un’ipotesi di lavoro ma non certo una realtà scientifica acclarata. In pratica, in questa prima sperimentazione si è voluto vedere se agendo con stimoli elettrici sul sistema di “ricompensa” che si trova nel nostro cervello si potrebbe influire positivamente sul desiderio incontrollabile di cibo. La tecnica, chiamata DBS o stimolazione cerebrale profonda in italiano, è già utilizzata per il trattamento di gravi forme di epilessia che non rispondono ai farmaci ed altre patologie neurologiche.
Tutto nasce dall’osservazione che quando si sta per cominciare ad ingurgitare grandi quantità di cibo, insomma le classiche abbuffate fuori controllo di chi soffre di binge eating, si osserva una sorta di alterazione elettrica in una specifica area del sistema nervoso. Questa si chiama nucleus accumbens ed entra in gioco quando dobbiamo cercare di controllare i nostri impulsi e soprattutto siamo in cerca di ricompensa. La ricerca segnala come si siano ottenuti miglioramenti nei comportamenti in termini di alimentazione incontrollata nei due pazienti osservati (ovviamente insufficienti per trarre conclusioni) proprio grazie a questi stimoli.
In pratica, interrompere i segnali alterati del nucleus accumbens grazie al dispositivo di stimolazione cerebrale ha portato ad un calo del ricorso alle abbuffate. Le due pazienti studiate, si trattava infatti di donne, hanno avuto un DBS di quelli normalmente impiegati nel trattamento di forme gravi di epilessia che è stato impiantato sotto i capelli. Attraverso sottilissimi fili, il sistema è andato poi a registrare quanto avviene nel nucleus accumbens.
In seguito, proprio sulla scorta delle rilevazioni effettuate, il sistema elettrico è stato tarato per erogare un controllo solo in caso di necessità, ovvero quando comparivano segnali elettrici che tipicamente si presentano prima di una mangiata pantagruelica. Con questa stimolazione non continua ma erogata al bisogno in caso di comparsa di segnali elettrici anomali, si è arrivati a controllare meglio il rischio di abbuffate con calo degli episodi di binge eating, con miglior controllo del peso.