Acrilamide una molecola pericolosa per la nostra salute

Conoscere l’acrilamide ed i suoi rischi è importante per salvaguardare la nostra salute, ridurne il consumo può aiutare a vivere meglio.

Matteo Migliaccio

Farmacista, nutrizionista e Personal Trainer

Laureato in Farmacia e in Scienze della Nutrizione Umana, attualmente svolge la libera professione di nutrizionista, con l’obiettivo di migliorare lo stato di salute delle persone attraverso una corretta alimentazione e uno stile di vita attivo.

L’acrilamide è una molecola di cui si sente spesso parlare in ambito nutrizionale e salutistico, è spesso stata associata ad un aumento del rischio di sviluppare il cancro, ma l’IARC la inserisce solo nel gruppo delle sostanze definite come probabili cancerogeni per l’uomo.

L’acrilamide, quindi, viene spesso additata come molecola pericolosa per la salute umana, ma è davvero così? Facciamo chiarezza.

Cos’è l’acrilamide

L’acrilamide è una molecola organica che si sviluppa in seguito all’esposizione ad alte temperature di alcune molecole contenute negli alimenti.

Durante il processo della cottura, infatti, le molecole presenti nel cibo crudo per via dell’energia che sotto forma di calore gli viene somministrata, cambiano la loro struttura chimica, si verifica così la modifica chimica della maggior parte delle molecole che erano presenti nell’alimento crudo, tutti questi cambiamenti vengono raggruppati all’interno di un unico processo conosciuto come reazione di Maillard.

La molecola che più frequentemente concorre alla formazione dell’acrilamide è l’aminoacido asparagina, il quale reagisce con alcuni zuccheri presenti nell’alimento, per lo più fruttosio e glucosio, fino a formare l’acrilamide.

Questa molecola è composta da diversi atomi di carbonio, ossigeno, idrogeno ed azoto, ha la capacità di stipulare legami chimici molto forti e resistenti, legami covalenti, con altre molecole, in particolare con i loro aminoacidi di cisteina che compongono molte proteine del nostro organismo, stipulano anche legami con i gruppi amminici delle basi che formano il DNA.

I legami covalenti causeranno uno scorretto ripiegamento della proteina in questione, andando a causare quindi la diminuzione della sua funzionalità, qualora questi legami dovessero interessare invece delle basi che compongono il DNA andremmo ad avere una potenziale azione mutagena.

I metodi di cottura

Il processo della cottura molte volte è un processo determinante per permettere il consumo degli alimenti, migliorare il loro sapore, ed aumentarne la sicurezza, ma causa anche la formazione dell’acrilamide.

Infatti in base al tipo di cottura che si sceglie di utilizzare ed in base alla temperatura alla quale il cibo viene sottoposto si potrà avere una maggiore o minore produzione della molecola mutagena.

I metodi di cottura che più si prestano, per via delle loro caratteristiche, alla formazione negli alimenti dell’acrilamide sono:

La frittura

La frittura è una metodica di cottura estremamente diffusa, sia nella ristorazione collettiva che in ambito casalingo.

Espone gli alimenti a temperature molto elevate che possono avvicinarsi e superare anche i 200°C, porta gli alimenti a migliorare di gran lunga le loro caratteristiche organolettiche.

Estremamente apprezzata dalla maggior parte delle persone, è tra le tecniche di cottura che più di tutte possono portare allo sviluppo di molecole come l’acrilamide, soprattutto se non vengono osservano poche semplici regole per far sì che questo tipo di cottura sia svolto correttamente.

Tra i vari accorgimenti che è possibile adottare abbiamo l’utilizzo del giusto tipo di olio, il portarlo ad elevate temperature facendo sì che sia quindi ben caldo, ma non troppo da superare il suo punto di fumo, adottare la tecnica della frittura in immersione ove l’alimento quindi viene totalmente immerso nel grasso, e soprattutto garantire mediante il raggiungimento delle giuste temperature che sia un processo molto rapido, inoltre è bene non utilizzare lo stesso olio per troppo tempo ma cambiarlo spesso quando esausto.

La cottura alla griglia

La grigliatura è uno dei metodi di cottura più utilizzati ed apprezzati da tutti noi, che si cucinino carne, pesce, verdure o molluschi, la cottura alla griglia permette di sviluppare una serie di molecole aromatiche nell’alimento in questione che gli donano un gusto strutturato che di sicuro non passerà inosservato al palato.

La verità è che la grigliatura è un metodo di cottura estremamente variabile, che in base alla temperatura alla quale viene condotta, ai tempi di esposizione al calore, all’alimento che viene grigliato ed alla quantità di condimento utilizzato, può portare ad una formazione maggiore o minore di molecole tossiche per l’organismo, tra cui ritroviamo anche l’acrilamide.

In genere le parti nere e molto abbrustolite sono quelle peggiori sotto questo profilo, non andrebbero mai consumate ma bensì prontamente rimosse dall’alimento in questione.

La cottura al forno

La cottura al forno è un tipo di cottura antichissimo che fin dalla notte dei tempi accompagna l’umanità, tanto che ancora oggi per indicare un gruppo specifico di alimenti in cui rientrano il pane, i biscotti, le torte e la pizza, ci si riferisce ad essi chiamandoli prodotti da forno.

Questo tipo di cottura purtroppo porta con sé diverse criticità, prime tra tutte i tempi spesso molto prolungati, le temperature elevate di 180 o 200°C e più a cui viene sottoposto il cibo, ed inoltre l’aggiunta quasi necessaria per molte preparazioni di olii da condimento. Tutto questo fa in modo da rendere questo tipo di cottura, soggetta più di tutte le altre ad un aumentato rischio di produzione di molecole potenzialmente tossiche tra cui rientra l’acrilamide.

La tostatura

La tostatura è una tecnica di cottura utilizzata in una ristretta cerchia di casi, per esempio nelle prime fasi della preparazione dei risotti o altri cereali, quando si tostano i semi ed i chicchi del caffè, o la mattina quando con il tostapane prepariamo le fette di pane per la colazione.

È un tipo di cottura rapida che spesso passa in sordina ed è meno utilizzata delle altre, ma resta un metodo di cottura a tutti gli effetti, e in quanto tale espone gli alimenti allo sviluppo di diverse sostanze anche tossiche.

Anche per questa metodica di cottura, il tipo di alimento che vi viene sottoposto, la temperatura ed il tempo nei quali questo alimento viene cotto sono essenziali per determinare la quantità di acrilamide prodotta.

Infatti è stato riscontrato che aumentare il tempo di tostatura del pane, da 3 a 5 minuti, provoca un aumento di ben tre volte della concentrazione di acrilamide.

I cibi che ne contengono in maggiori quantità

Esistono diversi alimenti che contengono al loro interno concentrazioni elevate di acrilamide, queste concentrazioni possono derivare sia dal metodo di cottura utilizzato per preparare tali alimenti sia dal metodo di conservazione scelto per l’alimento crudo.

Gli alimenti che contengono maggiori quantità di acrilamide al loro interno sono il caffè, le patatine fritte sia che esse siano industriali quindi in busta o prodotte a livello casalingo, pane, biscotti, dolci, fette biscottate ed altri prodotti da forno.

Questi alimenti sono largamente consumati a tutte le età e da tutte le fasce della popolazione e per questo motivo evitarli sarebbe estremamente difficile nonché inutile per ridurre l’introduzione della molecola.

Evitare questi alimenti nella nostra alimentazione quotidiana comporterebbe sicuramente una riduzione dell’introduzione dell’acrilamide nel nostro organismo, ma alla lunga ci porterebbe a sviluppare carenze alimentari ben più gravi.

I rischi per la salute

Quando l’acrilamide entra attraverso il consumo degli alimenti nell’organismo umano, a livello intestinale viene assorbita ed una volta nel sangue distribuita ai vari organi e tessuti dell’organismo e qui viene metabolizzata in glicidammide da alcuni enzimi.

La glicidammide è estremamente tossica e mutagena per l’organismo umano, tanto che può aumentare il rischio di sviluppare diversi tipi di cancro.

Le due molecole si rivelano essere genotossiche e mutagene, e quindi possono causare danni ai geni, i quali possono portare nel tempo allo sviluppo di mutazioni che conducono a patologie come il cancro.

Per motivi etici non vi è mai stato uno o più studi che abbiano indagato con chiarezza il ruolo che l’acrilamide ed i suoi derivati possano avere nell’aumentare l’incidenza del cancro per l’uomo, ma per quanto riguarda gli studi epidemiologici emerge abbastanza chiaramente che l’acrilamide abbia la possibilità di aumentare il rischio di sviluppare il cancro nella popolazione.

Bisognerebbe però mettere in relazione questi effetti ad una dose ben precisa calcolata sull’essere umano, purtroppo non è possibile fare ciò per via dell’assenza di specifici studi condotti sull’uomo, per questo l’EFSA ha stimato un valore al di sotto del quale è probabile che l’acrilamide ed i suoi metaboliti non riescano ad espletare la loro azione tossica.

Si stima che rimanere a di sotto degli 0,17 mg/Kg/Bw/die dovrebbe permettere di non correre rischi, ma qualora si dovesse superare questo valore soglia, comunque l’EFSA rassicura che l’incidenza del cancro aumenterebbe solo lievemente.

Ovviamente questi valori sono puramente indicativi e non trovano una grande utilità ai fini pratici, proprio perché questa molecola è largamente diffusa all’interno degli alimenti comunemente consumati e quindi sarebbe impossibile evitarne l’assunzione.

È stato valutato che mentre per la maggior parte della popolazione l’esposizione a tale agente non genera ad oggi grosse preoccupazioni, per via delle loro minori dimensioni e del loro minore peso corporeo i bambini sono tra gli individui più a rischio per quanto riguarda l’esposizione a tale agente.

Come comportarsi

Rispetto all’acrilamide ed alla sua assunzione con la quotidiana alimentazione, l’EFSA sottolinea che non è possibile ad oggi ridurre significativamente la presenza di tale molecola negli alimenti ed in particolar modo in quelli di natura amidacea.

L’unico modo per ridurne teoricamente l’assunzione sarebbe quello di osservare i giusti protocolli di conservazione e lavorazione degli alimenti, nonché variare i metodi di cottura senza necessariamente evitarne alcuni e prediligerne altri.

In particolar modo si consiglia di non conservare le patate in frigo ma bensì in un luogo asciutto al riparo da fonti di calore e luce, questo perché il conservare i tuberi in frigo comporta un aumento della quantità di zuccheri al loro interno e come sappiamo questi ultimi sono essenziali durante i processi di cottura per la formazione dell’acrilamide.

Comportandosi in questo modo possiamo ridurre la concentrazione dell’acrilamide negli alimenti che andremo a consumare.

Inoltre costituirebbe buona norma anche il rimuovere e non consumare dopo la cottura le porzioni bruciate dell’alimento, cuocere gli alimenti sulla griglia, o tostarli solo fino a doratura e non oltre, quindi non consumare alimenti che abbiano raggiunto un colore marroncino o marrone molto scuro.

Lo sciacquare più volte le patate prima della cottura, magari tagliandole finemente, permette di allontanare una parte dell’amido, e quindi andando a ridurre il contenuto di amido si andrà a ridurre anche la formazione dell’acrilamide in fase di cottura.

Conclusioni

Ad oggi non si riesce a quantizzare realmente quanto l’acrilamide incida nell’essere umano sul rischio di sviluppare il cancro. Infatti l’IARC ha inserito questa molecola nel gruppo 2A ossia dei probabili cancerogeni per l’uomo, questo indica quanto ci siano solo dei forti sospetti sull’azione tossica di questa molecola e dei suoi metaboliti, come la glicidammide.

Va da sé che il modificare le proprie abitudini alimentari al fine di evitare il più possibile l’assunzione dell’acrilamide sarebbe assurdo e controproducente per il proprio stato di salute.

Bisogna tener presente che l’alimentazione umana deve poi essere valutata nel suo complesso e con i giusti accorgimenti, contestualizzata per l’individuo e le sue esigenze, per questo motivo è opportuno non scadere in generalizzazioni ed in divieti insormontabili.

È quindi giusto continuare a consumare, patate fritte, caffè e prodotti da forno, ma con consapevolezza e contestualizzando nei giusti limiti il loro consumo, che può essere variabile a seconda delle proprie esigenze e delle dinamiche della propria quotidianità.

Fonti bibliografiche

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