Sono passati dieci anni da quel giorno in cui, quella che doveva essere una vacanza all’insegna della spensieratezza e del divertimento, si è trasformata in un incubo fatto di paure, incertezze e dolore. Un vero e proprio inferno nel quale 4229 persone sono sprofondate, cercando con tutte le loro forze di restare a galla, di non annegare, mentre tutto il resto andava a fondo.
Dieci anni fa si consumava quello che è stato considerato uno dei più gravi incidenti marittimi della storia italiana, il naufragio della nave Costa Concordia davanti all’Isola del Giglio. Tutto per un inchino.
13 gennaio 2012: il naufragio della Costa Concordia
Era il 13 gennaio del 2021 quando la nave da crociera della Costa Concordia si preparava a raggiungere Savona, l’ultima tappa di quel tour al Profumo d’Agrumi che portava i passeggeri alla scoperta delle meraviglie del Mar Mediterraneo. Erano 4229 le persone a bordo, di cui 3216 passeggeri e 1013 membri dell’equipaggio.
Dopo essere stata a Marsiglia, Barcellona, Palma di Maiorca, Cagliari, Palermo e Civitavecchia, la nave si preparava a raggiungere Savona seguendo la rotta usuale, ma alle 21:04 di quella sera succede qualcosa di inaspettato. La nave si avvicina inaspettatamente all’Isola del Giglio per volontà del comandante Francesco Schettino che vuole salutare Giglio Porto, con il cosiddetto inchino, una manovra praticata già in passato dalla Costa Crociere.
Da quel momento tutto il mondo prenderà familiarità con questo termine al quale però saranno legati ricordi di dolore e di sofferenza. La nave, quindi, si avvicina all’Isola del Giglio per salutare i suoi abitanti e omaggiare il maître di bordo Antonello Tievoli, che sull’isola ha casa e famiglia.
Ma la manovra è spericolata, i comandi sono confusi. C’è tanta gente sul ponte di comando della nave che non dovrebbe esserci. Alle 21:44 la Costa Concordia si trova a soli 160 metri dalla costa, il comandante Schettino ordina così di procedere con delle manovre per aggiustare la rotta, ma la sua ultima indicazione non viene compresa dal timoniere indonesiano Jacob Rusli Bin.
Così tre minuti dopo la nave da crociera della Costa Concordia colpisce il gruppo di scogli delle Scole, causando l’apertura di una falla di 70 metri di lunghezza sulla parte sinistra della carena.
Eppure il destino di quella nave e dei passeggeri a bordo non è stato ancora scritto, la situazione si può salvare ma gli errori e l’imprudenza non si fermano qui. L’acqua entra nella nave mettendo fuori uso i motori elettrici principali e i generatori provocando un blackout.
Alle 21:57 il comandate Schettino telefona al responsabile dell’unità di crisi della Costa Crociere, Roberto Ferrarini, raccontando l’accaduto e rassicurandolo sulla situazione. Cinque minuti dopo è la Capitaneria di porto di Civitavecchia a contattare l’equipaggio, ma anche in quel caso la situazione è minimizzata: “C’è solo un blackout”, viene detto. Versione che sarà data poi pochi minuti anche a Circomare Porto Santo Stefano.
Alle 22:14 qualcosa si muove: è la nave da crociera che si dirige verso la costa, una manovra che salverà centinaia di vite. Se da una parte il comandate dichiarerà di essere stato lui il fautore di quella scelta, la commissione peritale arriverà alla conclusione che quel miracolo è avvenuto grazie al vento del Nord Est che ha spinto l’imbarcazione. La nave però si incastra tra gli scogli di Punta Gabbianara.
È solo alle 22:33 che il comandante lancia il segnale di emergenza generale seguito dall’annuncio di abbandonare la nave mantenendo la calma. La Costa Concordia è apparentemente immobile ma complice il buio della notte non tutti si rendono conto che la terraferma è vicina.
Da Giglio Porto parte il traghetto Aegilium per dare assistenza, dalla nave vendono calate lance e zattere. Da quel momento inizia la corsa alla sopravvivenza. C’è chi si tuffa in mare, chi si cala attraverso la corda di emergenza e chi resta a bordo terrorizzato dalla poca chiarezza e dalla confusione.
Il comandante Schettino, invece, non è più sulla nave. Una serie di telefonate confermano che si è messo al riparo in una scialuppa di salvataggio per dirigere i soccorsi dal mare, come lui stesso dichiarerà. All’1:64 il capitano di fregata Gregorio De Falco, incaricato di gestire i soccorsi da Livorno, ordina al capitano di ritornare a bordo. Tutto il resto è storia.
Superstiti e morti: tutte le vittime dell’inchino fatale
Le operazioni di soccorso sono state condotte durante la notte tra il 13 e il 14 gennaio e hanno permesso di salvare 3190 passeggeri e 1007 membri dell’equipaggio. Quella stessa notte sono stati recuperati in mare tre corpi. Al termine delle operazioni il numero delle vittime e dei dispersi non è ancora chiaro. L’ultimo a essere salvato, invece, è Manrico Giampedroni, commissario di bordo, rimasto sulla nave fino alla fine per salvare tutte le persone rimaste bloccate sul ponte 3 e concedergli un accesso alle scialuppe.
Altri corpi sono stati ritrovati successivamente, a seguito delle operazioni condotte dal Gruppo Operativo Subacquei della Marina Militare che ha gettato diverse cariche esplosive sulla nave per aprire dei varchi e continuare le ricerche. Alla fine di gennaio queste sono state momentaneamente sospese a causa delle condizioni meteorologiche per poi essere riprese a metà febbraio.
Nella giornata del 22 di quel mese sono stati ritrovati otto corpi, tra cui anche quello di Dayana, la più piccola tra le vittime. La bambina aveva solo 5 anni al momento della tragedia, insieme al suo corpo è stato ritrovato anche quello del padre Williams Arlotti che si tuffò nel pozzo per salvare sua figlia.
Alla fine delle ricerche i dati furono confermati: il naufragio della costa concordia e quell’inchino fatale provocarono la morte di 32 persone a bordo, tra passeggeri e membri dell’equipaggio, e 110 feriti.
Quelle persone, così come i fatti, i momenti di paura e di tensione, sono ricordati ogni anno dal 2015 dall’Isola del Giglio che a loro, il 13 gennaio, ha dedicato una giornata.
Le vicende giudiziarie che ruotano attorno al naufragio sono lunghe e complesse, forse le più complicate della storia giudiziaria italiana. Le conclusioni di queste, però, vedono come colpevole Francesco Schettino che attualmente è detenuto nel carcere di Rebibbia. L’11 febbraio del 2015 il comandante è stato condannato a 16 anni di reclusione per omicidio colposo.
Il 30 giugno del 2014 il Consiglio dei ministri della Repubblica Italiana ha annunciato l’inizio dei lavori della demolizione del relitto della nave conclusi definitivamente il 7 luglio del 2017.
Costa Concordia, 18 gennaio 2012