Lasciare il lavoro perché tanto il tuo stipendio non fa la differenza,
è una cosa da donne.
Vivere la genitorialità come un ostacolo nel mondo del lavoro,
è una cosa da donne.
Prendersi cura dei bambini e degli anziani,
è una cosa da donne.
Occuparsi delle faccende domestiche,
è una cosa da donne.
Rinunciare al tempo libero,
è una cosa da donne.
Vi sembrano tutti dei luoghi comuni quelli che vi abbiamo indicato qui sopra? No, non lo sono. Partiamo dall’ultima, quella che si potrebbe considerare la meno rilevante: il tempo libero. Tra le tante differenze di genere, troviamo anche il tempo libero e ancora una volta le donne sono penalizzate. Mentre noi ci districhiamo tra impegni di ogni tipo, cercando di incastrare alla perfezione gli appuntamenti e il “da fare” di ogni giorno della settimana, ci lasciamo sfuggire quella che è una risorsa importantissima non solo per il nostro benessere personale, ma per quello sociale: il tempo. Forse non siamo capaci di organizzarci al meglio?
Diamo uno sguardo a un interessantissimo studio commissionato da The Committee on Women’s Rights and Gender Equality (FEMM) che già dal titolo è tutto un programma (“Differenze tra uomini e donne su lavoro, cura e tempo libero”) per avere qualche risposta.
Ancora una volta, siamo noi donne a dover fare delle scelte che inevitabilmente portano a delle rinunce. E pensare che tutto iniziò il 25 marzo 1957 con dei buonissimi presupporti, quando con la nascita della Comunità economica europea venne sancito per la prima volta il principio della parità salariale. Belle parole, fatti un po’ meno possiamo dire oggi.
Nel 1996 esce la nuova direttiva europea sui Congedi Parentali ma la bassa remunerazione lo rendono poco attraente per i papà: solo pochissimi ne fanno uso. Dati alla mano, sempre più donne si ritrovano a dover scegliere tra maternità e carriera. Al posto di andare avanti stiamo tornando indietro: questo è molto triste e impoverisce noi donne e la società intera.
Un’altra grande disparità, messa in luce dallo studio sopra citato riguarda l’assistenza agli anziani e ai bambini. La società, a quanto pare, crede ancora che siano le donne a doversi occupare di un’attività così “amorevole”, e che gli uomini sono sollevati dal partecipare ugualmente a tali cure.
Questo ci rimanda, ancora una volta, a quei luoghi comuni che vedono la donna come una brava mamma, un’amorevole figlia, una compagna e moglie presente, scatenando inevitabilmente un circolo vizioso che vede la figura femminile al centro di tutta l’organizzazione domestica, e non solo. La donna è colei che sacrifica la sua realizzazione personale e l’indipendenza economica per accudire i familiari, minori o anziani che sia.
E questo, come anticipato, non influisce solo sul benessere personale delle donne, ma su quello della società, dai legami familiari al mercato del lavoro fino alla sicurezza sociale e politica. Tutto questo dovrebbe far riflettere affinché venga ripensato quel “ruolo” della donna, etichettata come “tuttofare”.
Le donne, abbiamo già avuto modo di dirlo, non dovrebbero mai essere costrette a rinunciare al lavoro né all’indipendenza economica. Al contrario, a noi, dovrebbe essere data la stessa possibilità di scegliere cosa fare della nostra esistenza.
Pensate questi siano luoghi comuni? Nel 2019 le donne italiane sono al penultimo posto in UE per tasso di occupazione, seguite solo dalla Grecia. La disparità uomo-donna nel livello di partecipazione al mercato del lavoro rimane elevata in tutta Europa e l’Italia è tristemente al secondo posto (dati Report occupazione 2020 Agi-Openpolis). Già nel 2008 le donne europee risultavano le più danneggiate dalla crisi economica. Il Covid ci ha dato la mazzata finale: la disoccupazione ha colpito più le donne degli uomini.
Sul fronte sociale i dati dei centri di ascolto Caritas iniziano a tratteggiare dei segnali di tendenza sul mutamento della povertà in questo tempo emergenziale. (…). I Cda testimoniano un incremento dell’incidenza delle donne, più fragili e svantaggiate sul piano occupazionale e spesso portavoci dei
bisogni dell’intero nucleo familiare. (fonte: Rapporto 2020 su povertà ed esclusione sociale in Italia)“La genitorialità è uno dei principali ostacoli alla piena partecipazione delle donne al mercato del lavoro.” (Relazione comune sull’occupazione adottata dal Consiglio Ue)
E per finire la cartina tornasole: il tempo libero, e per tempo libero intendiamo sia quantità che qualità. Pensate sia una cosa superflua? Assolutamente no. Il tempo libero è quel cuscinetto che ci aiuta ad allentare lo stress: fondamentale quindi se conduciamo una vita frenetica. Può essere usato per rilassarsi, per coltivare la socialità, per svagarsi, ma anche per lo sviluppo personale, per l’accrescimento di sé e delle proprie conoscenze, per ampliare il proprio bagaglio culturale e di conseguenza migliorare se stessi e perché no, il proprio stato sociale.
Secondo lo studio FEMM per gli europei è importante anche di imparare qualcosa di nuovo. Naturalmente anche in questo ambito sono le donne a rimetterci, in particolare le madri. Il motivo è che svolgono (svolgiamo) lavori non retribuiti e spesso non riconosciuti come le faccende domestiche e la cura di bambini e anziani. Questo doppio turno limita il nostro tempo libero, è naturale. Lo confermano anche i dati ISTAT.
I passi avanti da fare sono tanti. Ed è importante capire che non porterebbero vantaggi solo alle donne, ma all’intera società.