Gli anziani d’Italia, quelli che rappresentano la memoria storia del nostro Paese, ricorderanno sicuramente l’Isola delle Rose, quel sogno reale e straordinario che però è durato appena 55 giorni. Gli altri, i più giovani, probabilmente avranno sentito parlare di questo lembo di terra solo ultimamente.
Lo hanno fatto sfogliando il catalogo di Netflix, quello in cui è apparso qualche anno fa il bellissimo film diretto da Sydney Sibilla e vincitore di 2 David di Donatello. E lo hanno fatto anche sintonizzandosi sull’ultima edizione di Sanremo, proprio quella in cui Blanco, in qualità di ospite della kermesse, ha portato in scena la sua ultima canzone intitolata proprio L’Isola delle rose. Una coincidenza, a detta del cantautore, che però ha inevitabilmente riacceso i riflettori sulla storia di quella terra dimenticata. Una micronazione che è stata dimenticata da alcuni, e che da altri non è stata mai conosciuta, e che vi raccontiamo noi oggi parlandovi della vera storia dell’Isola delle Rose. (Parentesi aperta: l’esibizione stile “spacco tutto” ha sollevato un polverone tale che la canzone è passata in secondo piano).
C’era una volta L’isola delle Rose
Correva l’anno 1968 quando, al largo della costa dell’Emilia Romagna, tra Rimini e Bellaria Igea marina, veniva inaugurata la Repubblica Esperantista dell’Isola delle Rose. Un’isola artificiale, che si snodava su 400 metri quadrati, e che sorgeva proprio nel mare Adriatico.
Ideata dall’ingegnere bolognese Giorgio Rosa nel 1958, questa piattaforma galleggiante fu terminata dieci anni dopo e inaugurata nel 1968 come Stato indipendente dall’Italia.
Sin dalla sua inaugurazione, l’Isola delle Rose si è proclamata autonoma e indipendente. Questa micronazione, infatti, aveva un suo governo, la cui presidenza era stata affidata proprio al suo ideatore Giorgio de Rosa. Lo stemma di rappresentanza scelto raffigurava tre rose rosse con un gambo verde su fondo bianco, richiamando così i colori della bandiera italiana. La bandiera dell’Isola delle Rose, invece, era di colore arancione.
Aveva una moneta propria, l’Isola delle Rose, i suoi francobolli e anche una lingua ufficiale, quella dell’esperanto, che aveva l’ambizione di diventare la seconda lingua universale più parlata per la comunicazione internazionale.
La fine di un sogno
L’inaugurazione dell’Isola delle Rose, guidata da Giorgio Rosa come presidente, avvenne il 1° maggio del 1968, seguita dalla dichiarazione d’Indipendenza dall’Italia. Nonostante però fosse dotata di un governo, di una moneta e di una lingua ufficiale, non fu mai riconosciuta da alcun Paese del mondo, né tanto meno dal governo italiano che sancì la sua fine proprio poco dopo la sua nascita.
Lo stesso anno dell’inaugurazione, infatti, il crescente traffico marittimo dalla costa italiana verso questa terra, iniziò a preoccupare le autorità del nostro Paese. La credenza più diffusa rispetto alle reali intenzioni dell’ingegnere Rosa era che l’uomo volesse utilizzare l’isola per raccogliere i proventi dell’attività turistica escludendoli dalle tassazioni italiane. Così, nel mese di giugno dello stesso anno e dopo soli 55 giorni dalla sua inaugurazione, le forze dell’ordine raggiunsero l’isola per occuparla e demolirla.
Il 25 giugno del 1968 un gruppo di agenti della Polizia, Carabinieri e Guardia di Finanza, arrivarono sull’isola dichiarando il divieto di attracco e sottoponendo il territorio al blocco navale. Il guardiano dell’Isola delle Rose, Pietro Ciavatta, nonché unico residente insieme a sua moglie, fu invitato a lasciare l’isola. Quello fu l’inizio della fine.
L’anno dopo, l’11 febbraio del 1969, i Palombari artificieri della Marina Militare Italiana furono incaricati di demolire l’isola. Dopo diversi tentativi, e l’utilizzo di chili di esplosivi, l’isola sprofondò tra le acque il 26 febbraio del 1969. Il giorno dopo, in tutta la città di Rimini, furono affissi dei manifesti di lutto per ricordare l’Isola delle Rose.