Una giornata tiepida, il sole che bacia Roma, un’aria primaverile che sembra riempire il mondo di promesse: Giorgiana Masi si prepara a uscire, i capelli lunghi sciolti e gli occhi scuri pieni di vita. Saluta la mamma, le dice che canterà, festeggerà e che si rivedranno più tardi. È il 12 maggio 1977 e, purtroppo, invece, non ci sarà alcun ritorno.
Giorgiana Masi è morta, raggiunta da un proiettile. Neanche lei lo ha capito, probabilmente: le sue ultime parole sono state «ahia, che male»: chi la circondava pensava semplicemente che fosse inciampata. Ma dov’era, Giorgiana? Cosa le è successo?
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Giorgiana Masi e la manifestazione del 12 maggio
La ragazza, studentessa del Liceo Louis Pasteur di Roma, si è recata a una manifestazione organizzata dal Partito Radicale, fortemente voluta da Marco Pannella e dalla sinistra extraparlamentare. Una manifestazione che parlava di temi che le interessavano, quali il divorzio, l’aborto, le libertà fondamentali. Lei, che a scuola era l’anima di un collettivo femminista e ogni domenica distribuiva il giornale Lotta continua, voleva partecipare a quella che doveva essere un evento pacifico, un sit-in per una raccolta di firme.
Di fatto, la manifestazione si inquadrava in un momento politico complesso: era anche una risposta alla decisione dell’allora Ministro dell’Interno Francesco Cossiga di vietare tutte le manifestazioni politiche. Le tensioni erano forti, troppo forti, e quello che doveva essere un momento di quieta contestazione si è trasformato in un teatro di scontri violenti, sanguinosi. Le Forze dell’Ordine non hanno solo i manganelli, no: sono armate, hanno fucili e pistole.
Giorgiana Masi e il proiettile esploso
È un attimo: nel primo pomeriggio gli agenti in assetto antisommossa, coadiuvati da alcuni membri in borghese, caricano. Nulla è chiaro, nulla è comprensibile: s’insinuano responsabilità, si parla di provocazioni proprio da parte degli agenti in borghese. Esplosero bombe, uomini e donne vennero picchiati. E poi, quel proiettile esplose. Tracciando la sua traiettoria invisibile sul Ponte Garibaldi, raggiunge una ragazza alle gambe e Giorgiana alla schiena.
Non se ne accorge nessuno: lei, semplicemente, si accascia. I compagni intorno a lei accorrono, la sollevano, la portano in spalla fino a un posto un po’ più riparato, più sicuro, mentre tutto intorno le persone corrono, manganelli si sollevano, colpi esplodono. Si lamenta un attimo, Giorgiana, solo un secondo prima di sbarrare gli occhi e irrigidirsi. Non si vede sangue, c’è chi pensa a una crisi epilettica. Viene caricata in macchina, portata in ospedale, ma la sua anima è già volata via.
I misteri sulla morte di Giorgiana Masi
E mentre la sua morte è un fatto sicuro, tutto intorno si affollano misteri. Sì, perché a distanza di tanti anni non è ancora chiaro chi ha sparato, chi l’ha strappata a questa vita. Pare che i colpi venissero dalla parte della polizia. Tanti, troppi filmati mostrano gli agenti puntare, mirare, sparare. Ma nulla è certo, e il reato è rimasto impunito.
Frattanto, sul fronte politico, Marco Pannella e Francesco Cossiga si rimbalzarono la colpa: il primo rimproverò al secondo (ritenuto dal grande pubblico il responsabile morale di quei fatti) il dispiego di Forze dell’Ordine e il loro aizzamento.
Il secondo sostenne di poter essere dichiarato responsabile solo qualora si provasse che il colpo era stato esploso da un poliziotto, cosa che poi risultò essere impossibile (ancora oggi si sta tentando di ricostruire i fatti) e incolpò invece Pannella per il suo aver voluto portare avanti la manifestazione nonostante il divieto ministeriale.
Ciò che rimane certo, è che sono passati tanti, tanti anni. E Giorgiana resta oggi l’esempio di una ragazza, di una donna forte che voleva solo lottare per la sua libertà. E che se n’è andata, immotivatamente, mentre cercava di farlo con pace ed eleganza.