“Giorgia Meloni uomo dell’anno“, così recita il titolo d’apertura del cartaceo di Libero Quotidiano del 29 dicembre 2023. Prima pagina ed editoriale del direttore Mario Sechi. A pochi giorni dalla fine dell’anno un riconoscimento che lascia perplessi. Difficile capire il motivo della scelta se non traducendola in provocazione. L’autore del pezzo, ex portavoce della premier, prova a fare chiarezza: “Prima di tutto ha cancellato la guerra dei sessi vincendola, pensando differente, essendo divergente, superando la boria dei maschi e lo sconfittismo delle femmine. Non ha rotto il tetto di cristallo, lo ha dissolto”. Facile cancellare la guerra dei sessi quando a uscirne “vincitore” è l’uomo, evidentemente. Il titolo del quotidiano ha scaldato gli animi da più parti, ed è intervenuta anche Laura Boldrini che su X ha esortato la diretta interessata, Giorgia Meloni: “Dovrebbe ribellarsi”. La provocazione non deve stupire e ha un vantaggio (forse, si spera): movimenta un dibattito sempre aperto e ancora necessario.
Giorgia Meloni “uomo dell’anno”
“Il modo in cui narriamo la realtà contribuisce a farci vedere le cose in un modo rispetto a un altro”, le parole della sociolinguistica Vera Gheno in un’intervista a Fanpage risuonano nella testa ogni qualvolta ad essere al centro della polemica è il linguaggio. La lingua è reale, influisce sulla vita di tutti i giorni e, soprattutto, è tutt’altro che neutra. “Io sono Giorgia, sono una madre, sono una donna, sono italiana e sono cristiana“. Si era definita così Giorgia Meloni nel suo slogan diventato famoso, cercando di porre l’accento su tre aree di interesse sociopolitico e cruciali per il suo elettorato. Vero è anche che, una volta eletta Presidente del Consiglio, Meloni chiese ai media di chiamarla usando l’articolo singolare maschile (“il” Presidente). Questa la ragione che molto probabilmente ha spinto il quotidiano ad eleggerla “uomo dell’anno”.
Da più parti però non sono mancate le polemiche. La provocazione di Libero Quotidiano lascia perplesso anche Il Secolo d’Italia, giornale edito dalla fondazione Alleanza Nazionale. “Dopo avere letto e riletto l’editoriale in cui Mario Sechi lo spiega, continuiamo a non capire. [..] E anche come risposta al piagnisteo della sinistra che ha accostato Meloni al patriarcato ci saremmo aspettati che l’accento fosse messo sull’identità femminile della premier. Perché per essere bravi, forti, decisionisti, non è necessario essere uomini. Anche le donne sanno e possono combattere. Anche le donne sanno e possono competere con i leader maschi. Anche le donne sanno e possono rappresentare gli interessi della comunità nazionale oltre la guerra dei sessi”.
La risposta di Laura Boldrini
“La prima pagina di un quotidiano di destra, oggi, definisce Giorgia Meloni “uomo dell’anno”, con toni molto trionfalistici. Perché non “donna dell’anno”? – Così scrive Laura Boldrini su X – “È chiaro: ad essere simbolo di (presunto, in questo caso) successo non può che essere un uomo. Del resto, lei stessa ha deciso di farsi chiamare al maschile: il presidente del Consiglio. Aspettiamo che commenti questa prima pagina per capire se le sta bene che il suo “sono una donna”, pronunciato in un comizio con tanta enfasi con l’intenzione di attaccare le persone LGBTQIA+ accusate di voler “cancellare le donne”, sia stato fatto fuori in tre parole. Ora che “Il presidente del Consiglio” è stata accolta nel club degli uomini perché brava, il suo essere donna non va più rivendicato? “Uomo” portatore di successo, prestigio, potere e valori. “Donna” no, acquista valore solo accanto a “madre”. Un distillato di insopportabile sessismo a cui anche lei dovrebbe ribellarsi. Cara Meloni, si può essere capaci rivendicando di essere donne. È una bella esperienza, non negartela!”.