Non è importante tanto il fatto che in futuro ci siano o meno manicomi e cliniche chiuse, è importante che noi adesso abbiamo provato che si può fare diversamente, ora sappiamo che c’è un altro modo di affrontare la questione, anche senza la costrizione. (Franco Basaglia)
Con la legge n. 180 dell 13 maggio 1978 , comunemente chiamata Basaglia in onore allo psichiatra che ha contribuito a rivoluzionare il sistema psichiatrico italiano, venivano chiusi i manicomi nel nostro Paese con l’obiettivo di attuare una serie di riforme dell’assistenza psichiatrica ospedaliera e territoriale.
Ispirandosi alle idee dello psichiatra statunitense Thomas Szasz, Franco Basaglia s’impegnò nel compito di riformare l’organizzazione dell’assistenza psichiatrica negli ospedali del territorio, proponendo un superamento della logica manicomiale.
Grazie all’estensione della legge, avvenuta per mano del politico democristiano Bruno Orsini, venivano di fatto chiusi e aboliti i manicomi per preservare e salvaguardare la dignità dei pazienti.
C’erano una volta i manicomi in Italia
Oggi i manicomi sono quelli che vediamo nei film horror, quelli di cui sentiamo parlare quando ascoltiamo le drammatiche storie del passato. Sono quegli edifici a volte abbandonati, altre volte riqualificati, che si trovano nelle città e nei territori che abitiamo e che visitiamo quando siamo in viaggio.
Ma prima, quegli stessi posti, erano utilizzati per curare i malati, o peggio per torturarli. Li attendevano, infatti, le cinghie di cuoio e le camicie di forza, la violenza, la solitudine e l’alienazione, perché la follia non era da curare, ma da rinchiudere, da tenere lontana dal resto del mondo.
Questo era lo scopo dei manicomi, grandi o piccoli, ma sempre angusti. Erano caratterizzati da celle, altre volte da gabbie, dove i pazienti venivano isolati.
Ma era una scelta condivisa da tutti, quella di tenere alla larga le persone affette da malattia mentale, anche se non era contagiosa, anche se non era capita, e a volte neanche diagnosticata. Le persone, infatti, potevano esse rinchiuse anche su richiesta della famiglia, anche su scelta dell’Autorità Giudiziaria, senza alcuna reale verifica. Il risultato era sempre il medesimo, quello dell’annullamento totale dell’identità di un essere umano.
Andava bene così per tutti, o quasi. Perché c’era anche chi sentiva l’esigenza di cambiare le cose, di smettere di trattare le persone come animali da legare, incatenare e intrappolare.
C’era lo psichiatra Thomas Szasz, per esempio, alle quali idee Franco Basaglia si è ispirato presentando quella proposta di riforma per l’assistenza psichiatrica ospedaliera italiana, per superare l’illogica logica dei manicomi.
Oggi i manicomi non ci sono più. Con la legge n. 180 del 13 maggio 1978 – che formalmente è riferita al tema di accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori – tutto è cambiato.
La legge Basaglia
La legge Basaglia è stata formulata subito dopo la scelta di non ricorrere al referendum per abolire la precedente legge, la n. 36/1904, che prevedeva il ricovero nei manicomi di tutte le persone affette da alienazione mentale, che potevano costituire un pericolo per sé stessi e per gli altri.
La normativa del 13 maggio del 1978 venne applicata diversi mesi dopo, in concomitanza con l’istituzione del Servizio Sanitario Nazionale. Sarebbe stato proprio questo nuovo sistema, in vigore ancora oggi, a garantire il trattamento sanitario obbligatorio a tutti i pazienti, anche quelli psichiatrici.
L’introduzione della legge Basaglia ha fatto sì che l’Italia diventasse il primo Paese al mondo a chiudere i manicomi. Nonostante il grande traguardo raggiunto, non sono mancate le critiche e le diverse proposte di revisione alla suddetta legge. A essere messo in discussione era il fatto che, chiudendo gli ospedali psichiatrici, la cura dei pazienti malati di mente gravava esclusivamente sulle famiglie.
La legge n. 180/1978, però, è rimasta in vigore e le sue norme sono quelle che ancora oggi regolano l’assistenza psichiatrica nel nostro Paese.