Si chiama Tracy. Proprio come quella Chapman che cantava “Fast car” e con la quale condivide anche le origini. È lei la trionfatrice di questa undicesima edizione di Masterchef, il popolare cooking show prodotto da Endemol Shine e in onda su Sky.
La sua partecipazione al programma è nata quasi per gioco, iscritta dalla sua migliore amica, senza la quale oggi la «leonessa» – così l’ha spesso definita il giudice Giorgio Locatelli – non avrebbe di certo portato a casa 100.000 euro in gettoni d’oro, l’accesso ad un prestigioso corso di alta formazione presso ALMA, La Scuola Internazionale di Cucina Italiana, e soprattutto la possibilità di pubblicare un libro di ricette tutto suo.
La cucina di Tracy si muove nella direzione della fusione, dell’unione, non soltanto di gusti ma anche di culture. Un meltin pot di sapori che genera una pace gastronomica, della quale sentiamo tanto bisogno. Perché in fondo la sua Nigeria, nella quale ha vissuto prima di trasferirsi a Verona, è un Paese martoriato da conflitti e da emergenze umanitarie simili a quelle che stanno affliggendo oggi l’Ucraina.
A pochi giorni dalla vittoria di Masterchef, DiLei ha raggiunto Tracy per parlare della sua cucina, del libro e dei progetti futuri.
Torniamo indietro nel tempo e nelle emozioni, a quel canto intonato assieme a tua madre subito dopo la vittoria. Che canto era?
È un canto di ringraziamento, che in italiano si traduce con “Tutto ciò che vorrei fare è rendere grazie a Dio”. Mia mamma è molto religiosa e io sono sempre andata con lei in Chiesa, tutte le domeniche.
Ascolti musica mentre cucini?
Quasi sempre. Quando cucino vivo un momento di festa e di leggerezza. Sono l’unica che cucina in casa mia e mi diverto tanto a farlo: metto la musica, ballo e così mi viene il buonumore. Durante la finale di Masterchef per fortuna è venuto fuori anche l’amore che ho per la musica e per il ritmo.
Il menu che hai proposto e che ti ha portato alla vittoria ha un titolo evocativo: l’abbraccio. La cucina può unire e pacificare le culture?
Io ci credo fermamente. Come un abbraccio che si può dare a qualcuno che ti ha fatto un torto, anche la cucina è un gesto che riappacifica. Quindi, combinare due o più culture gastronomiche può essere senza dubbio un modo per ritrovare la pace. Saper cucinare non significa soltanto usare bene gli ingredienti, ma anche avere curiosità e saper unire elementi che all’inizio possono sembrare diversi tra loro.
“Soul Kitchen – Le mie ricette per nutrire l’anima” è in uscita il 15 marzo per Baldini+Castoldi. In che modo hai selezionato le ricette da inserire in questo libro?
Le ho selezionate in base al percorso che ho fatto a Masterchef e in base alla mia idea di cucina. Una cucina fusion, che unisca quella mediterranea a quella esotica, che sia quella Africana o quella Sudamericana. Tanti prodotti che trovi in Brasile – per esempio – non li trovi in Africa e viceversa. Il mondo intero è una grande dispensa: in ogni Paese trovi diverse culture, con altrettante gastronomie e pensieri. E la mia cucina non ha confini.
Il titolo del libro sottintende che non si mangia solo per dare nutrimento al corpo, ma anche all’anima. È così?
È così, o almeno dovrebbe essere così. Nella cultura italiana già avviene: si esce per andare a mangiare, per stare assieme, per il piacere di farlo. La cucina ci aggiunge qualcosa, siamo curiosi, vogliamo sentire un gusto diverso. E così il cibo diventa un piacere, non più solo per il fisico, ma soprattutto per la nostra anima. Ecco come la cucina diventa qualcosa di spirituale.
Tra i vari premi che hai vinto, cc’è anche la possibilità di accedere a un prestigioso corso di alta formazione, per cui nel breve periodo sarai impegnata in questo. Quali sono invece i progetti di Tracy più a lungo termine?
Non so cosa mi riserverà il futuro, ma io sono pronta a darmi da fare al massimo. Al momento vorrei seminare e farmi conoscere, iniziando da qualche progetto più piccolino, come quello di cucinare per le persone a casa. E in un futuro spero di aprire un ristorante gourmet tutto mio.
Dove, nelle tue zone?
Sarebbe bello. Verona è una città meravigliosa: ha un centro storico, ma anche delle colline stupende, così come i paesi che si avvicinano al lago. C’è solo l’imbarazzo della scelta.