Se il cognome Parry vi sembra familiare è perché lo è. Vi ricordate che qualche tempo fa abbiamo raccontato la storia di quel chirurgo meraviglioso che disegnava le bende per le cicatrici dei piccoli malati oncologici? il suo nome era Robert Parry, ed è il padre di questo spettacolare surfista, Carter Parry, che il 2020 ha messo a dura prova. Questo ragazzo che si è laureato alle Hawaii, ha deciso di rimanere proprio in quello stato per l’amore che nutre nei confronti del mare, ha ventitré anni, una carriera come IT (Informazione Technology Manager) a Kaneohe e una tavola pieni di sogni da realizzare e di oceani da solcare.
Non ha fatto i conti, però, con il destino che sta per servirgli la mano più difficile della sua esistenza, molto peggio di quando è rimasto bloccato con la testa sott’acqua da una doppia onda. È la partita della vita. Siamo ai primi di gennaio del 2020, sei mesi prima che la pandemia scoppiasse negli Stati Uniti, Carter è in casa con i suoi amici e viene trovato svenuto e portato d’urgenza in ospedale, da lì poi, grazie ad una intuizione del padre sulle sue reali drammatiche condizioni, viene spostato a Cleveland, questa decisione tempestiva gli salverà la vita.
I sintomi avuti in precedenza sono simili al raffreddore, ma quello che succede al suo corpo è quasi inspiegabile, gli organi cedono, uno dopo l’altro, come attaccati dall’interno, è lo stafilococco aureo sensibile alla meticillina, una super infezione del sangue, che lo priverà di una gamba e di un polmone, ma che non riuscirà a piegare la sua immensa voglia di vivere e la sua grande forza di volontà, che una volta uscito dall’ospedale lo fa combattere e vincere anche contro il Covid, come se già non ne avesse avuto abbastanza.
Ad un anno di distanza le cicatrici sul corpo sono diventate medaglie al valore, e questo splendido ventitreenne ha deciso di raccontare la sua storia al mondo (lo trovate su YouTube e su Instagram) per essere d’aiuto o d’ispirazione a chi si dovesse trovare in una simile situazione. In esclusiva dopo People per gli Stati Uniti, DiLei racconta per prima in Europa la storia di Robert Parry:
“Potrei anche non essere più in grado di stare in piedi su una tavola da surf, ma sono sicuro che ci proverò”
Carter cosa ti ricordi di quando ti sei sentito male?
Vivo alle Hawaii, mi sono trasferito da 5 anni. Inizialmente mi sentivo come se avessi preso il raffreddore, ero appena rientrato da un viaggio dalla mia città natale in Ohio. I primi fastidi generali sono iniziati il 1° gennaio 2020, diciamo che come inizio d’anno, non era proprio il massimo. Il 2020 è stato fantastico per tutti. I sintomi alla fine sono diventati simili all’influenza, era il 3 gennaio. Il 4 mio fratello mi ha ricoverato in ospedale. Quella è stata l’ultima cosa che ricordo. Mi sono svegliato due settimane dopo con sette diverse macchine collegate a me. È stato molto spaventoso.
Sono stati giorni molto difficili, qual è stata la tua prima diagnosi?
Mi è stata diagnosticata l’influenza B e l’MRSA (stafilococco aureo resistente alla meticillina), quest’infezione ha letteralmente “mangiato” i miei organi interni. Il mio cuore batteva al 2% della capacità, il polmone si è putrefatto. I reni stavano cedendo e sono stato in terapia con ossigeno nel sangue (ECMO) per oltre 90 giorni. Ci sono stati solo cinque o sei giorni in cui sono scoppiato a piangere, ma il sostegno della mia famiglia e dei miei amici ha davvero reso una tale tragedia una benedizione. Potevo davvero vedere gli aspetti positivi della mia situazione. Voglio dire, quanto sono belle le gambe con le protesi? Sono un robot adesso.
Come ti hanno detto che dovevano amputarti una gamba?
Non l’hanno fatto, mi sono svegliato e una parte della gamba non c’era più, lo hanno fatto per prevenire la sepsi, hanno amputato il resto pochi mesi dopo. Non sono mai stato arrabbiato per aver perso la gamba, non appena ho saputo di poter ancora surfare, sono stato felice! Ero vivo sarei potuto tornare sulla tavola. Non puoi lasciare che cose come questa ti rovinino la vita, bisogna sempre guardare gli aspetti positivi.
Chi ti ha dato la forza per superare questi momenti?
Onestamente la forza veniva da dentro! Non sapevo che sarei stato in grado di gestire una simile tragedia con positività, ma sono sempre stato un tipo di persona che vede il bicchiere mezzo pieno, questo ha fatto la differenza. Come dice Bruce Lee: “Non pregare per una vita facile, prega per avere la forza di sopportare una vita difficile”
Hai avuto paura di morire?
Onestamente non mi è mai passato per la mente, non credo di aver veramente capito quanto fossi vicino alla morte in quel momento. Non sono riuscito ad essere lucido prima di cinque, sei mesi da quando mi sono ammalato, a causa delle medicine.
Per non farti mancare nulla, hai preso anche il Covid 19 che esperienza è stata?
Il Covid 19, in confronto a tutto quello che ho avuto quest’anno, non è stato poi così malvagio (ride). I medici pensavano che sarei morto perché l’ho contratto due giorni dopo la dimissione. Sono stato ricoverato in ospedale per sei mesi, esco e due giorni dopo che ti becco? Il coronavirus. Avevo lievi sintomi simil-influenzali, ma niente di più. Non ho avuto problemi ai polmoni, il che è una benedizione considerando che di uno ho solo la metà.
Sei tornato a fare surf, sei una forza della natura te l’hanno mai detto?
Ho surfato una volta solo per capire se fosse possibile, ed è stato incredibilmente difficile. La respirazione è il vero problema, ma preso atto di questo, tornerò a fare surf. Ho solo bisogno di più tempo per guarire. Ho intenzione di unirmi all’Hawaiian Adaptive Surf Team e gareggiare alle paralimpiadi. Niente è impossibile se lo vuoi.
Cosa vuoi dire a chi ti sta leggendo e magari si trova in una situazione difficile?
La vita ti lancerà sempre palle curve. Devi cavalcare le onde quando arrivano, non puoi lasciare che ti anneghino. Guarda gli aspetti positivi in ogni situazione, perché sono quelli che rendono la vita degna di essere vissuta. Questa tragedia, la considero un’occasione di crescita personale. Amo la vita più di quanto facessi prima e ho alzato l’asticella delle mie sfide personali. Ce la farò. Aloha.