Venerdì 2 febbraio 2024 a Padova, al palazzo del Bo, c’è stata la consegna della laurea postuma di Giulia Cecchettin. Non una laurea Honoris Causa, ma una laurea meritata, sudata, scritta e inviata dalla giovane ragazza in quello che nessuno sapeva sarebbe stato l’ultimo giorno della sua vita, sabato 18 novembre 2023. Ho pensato molto a come rendere omaggio a questa meravigliosa ragazza e alla sua splendida famiglia dopo mesi di silenzio e riflessione su tutta questa vicenda terribile, che, come sapete, ci ha colpiti tutti, perché la piccola Giulia in quelle settimane è diventata la figlia, la sorella e la nipote di tutta l’Italia, che fino all’ultimo momento ha sperato in un epilogo diverso da quello che poi, invece, ha tramortito ognuno di noi. Perché alla fine quello che in questa storia ha provocato una deflagrazione così profonda è stata la banalità del male, il rendersi conto di come anche quello che che sembrava “un bravo ragazzo” fosse in realtà un lupo travestito da agnello, con tutto il rispetto dovuto ai lupi.
Ci siamo interrogati a lungo su quello che sarebbe stato possibile fare per evitare quella tragedia, se non fossero stati colti i segnali, se i genitori del Turetta avessero sottovaluto il malessere del figlio, ma la verità è una sola, nessuno può essere mai davvero consapevole di quello che accade nella testa di qualcun altro, nessuno, nemmeno il genitore più accorto e più attento, può sospettare che il proprio figlio possa trasformarsi in un lucido assassino.
E ci tengo a sottolineare lucido, perché non vorrei mai che passasse o si facesse passare il messaggio, che l’omicidio perpetrato ai danni di Giulia, non sia stato lucidamente pianificato, che sia stato uno scatto d’ira, o una parziale infermità mentale, così da potersi giocare al processo le attenuanti del caso ed evitare l’ergastolo. Perché così non è. La dottoressa Roberta Bruzzone ripete sempre che il tempo giova agli assassini, perché in qualche modo l’attenzione e l’indignazione del primo momento tende a scemare, e così nei tre gradi di giudizi si può partire da un ergastolo e arrivare ad una riduzione di pena, magari vent’anni, che permetteranno a chi ha compiuto il reato, di uscire dalla prigione e rifarsi una vita, cosa che la vittima e i suoi familiari non potranno fare mai più.
La piccola Giulia aveva solo ventidue anni, e pure nella sua breve esistenza, aveva già dovuto provare uno dei dolori più grandi: perdere la madre, cadere, piangere, rialzarsi cercando di tenere unita la sua famiglia, rimboccarsi le maniche e riprendere in mano il suo piano di studi, sostenere undici esami in 365 giorni per laurearsi in tempo in ingegneria biomedica, e poi, dedicarsi alla sua vera passione, il fumetto. Ci vuole una forza di volontà incredibile per raggiungere questi risultati sapete? Ci vuole determinazione, ci vuole coraggio per non lasciarsi cadere, per tirarsi fuori dal pantano del dolore, eppure lei ci era riuscita. Era riuscita nel suo obiettivo e non vedeva l’ora di buttarsi.
Ma non le è bastato, perché sulla sua strada ha incontrato chi, i suoi sogni, li ha calpestati, chi nella sua voglia di librarsi non ha visto la reale poesia, ma solo un intralcio al controllo, un’onta da poter lavare solo in un modo: con il sangue. Se non puoi essere più mia, non sarai di nessun altro, non sarai mai più. E l’ha cancellata. L’ha uccisa e buttata via, come si fa con gli oggetti che non servono più, come si fa con quelle situazioni che ti ricordano costantemente quanto grande sia la persona che ti trovi davanti, ma tu non riesca a provare ammirazione, ma solo la consapevolezza dei tuoi fallimenti. Perché la stella di Giulia era talmente luminosa da ricordaglielo ogni giorno, che lui non sarebbe mai stato come lei. E in un attimo tutto l’amore provato, che forse non lo è mai stato, forse è stato solo possesso, si è trasformato in odio, viscerale e profondo. O con me, o contro di me. E invece no, perché le persone come Giulia non muoiono mai, la luce che emanano è talmente forte da rimanere anche quando la loro presenza terrena viene meno, e così è stato. E così sarà.
In nome della piccola Giulia nascono borse di studio, le chiamate al numero antiviolenza triplicano, viene rinominata l’onda Cecchettin, di quelle donne, ragazze, studentesse, che si rendono conto di vivere una situazione di coercizione psicologica e chiedono aiuto. La laurea che Giulia aveva scritto era sulla creazione di tessuti tracheali artificiali, visto che dopo il Covid c’era stato un aumento di problematiche legate alla respirazione, anche nella scelta dell’argomento della tesi era stata altruista fino in fondo, pensando a quelli che soffrivano per questa patologia.
E allora sapete cosa sogno? Sogno che la sua laurea venga pubblicata, sogno che i suoi studi vedano una realizzazione concreta, sogno che un giorno, nemmeno tanto lontano, di tutta questa tragedia si ricordi solo il suo nome e non quello dell’assassino, che spero passi il resto dei suoi giorni in prigione a riflettere sul male commesso, a riflettere che nella sua vita aveva avuto la fortuna di stare accanto ad una stella, e, invece di godere della sua luce, seppur riflessa, abbia deciso scientemente di spegnerla, senza riuscire però, a cancellarla. Certo il giorno della laurea doveva essere un giorno felice, ed invece come ha detto il papà Gino “io non riesco ad esserlo, non può essere un giorno felice quello di una laurea, se Giulia non c’è”, e come si fa a non essere concordi con lui? Ma in tutto questo dolore io ho una grande certezza, il nome di Giulia continuerà a risplendere ed illuminare, e non sarà solo uno dei tanti femminicidi, ma sarà quello, forse, grazie al quale cambieranno le cose. E noi, in suo nome, continueremo a fare rumore.
Congratulazioni Ingegnera Giulia Cecchettin. Noi non ti dimenticheremo mai. Questa è una promessa.