Ci sono donne che non si possono dimenticare, figure così importanti per l’intera storia del genere umano che con i pensieri, le loro parole e le loro azioni hanno influenzato e modificato per sempre le sfaccettature di una realtà ancora estremamente complessa. Tra queste c’è anche Simone de Beauvoir, una delle più importanti e fondamentali figure dell’universo femminile nonché madre del femminismo.
Una donna pragmatica e forte, una delle principali esponenti dell’esistenzialismo e del femminismo, un vero e proprio modello ispirazionale per le future generazioni che però, non è stata esente da critiche. Perché nonostante i giudizi sull’universo maschile, a volte così radicali, anche lei a suo modo, per alcuni, ha vissuto all’ombra di un uomo, quella di Jean Paul Sartre. E lo ha amato, eccome se lo ha fatto, come forse nessun altro al mondo.
Ma è qui che dobbiamo intervenire con una precisazione. Probabilmente qualsiasi altra donna di quel tempo, affiancandosi a un uomo del livello e della fama di Jean-Paul Sartre, sarebbe stata schiacciata da una presenza così ingombrante. Tutte ma non lei, che attraverso le lotte e i dibattiti si è conquistata da sola un posto nel mondo, per se stessa e per gli altri, mettendosi al fianco del suo amato e mai un passo dietro di lui.
Ma chi è questa figura così emblematica che tutte noi dovremmo conoscere?
Essere donna non è un dato naturale, ma il risultato di una storia. Non c’è un destino biologico e psicologico che definisce la donna in quanto tale. Tale destino è la conseguenza della storia della civiltà, e per ogni donna la storia della sua vita
Simone de Beauvoir, la madre del femminismo
Scrittrice, saggista, filosofa e insegnante, e ovviamente femminista, Simone de Beauvoir nasce a Parigi il 9 gennaio del 1908 da una famiglia borghese. Studia filosofia alla Sorbona, è in questi anni che conosce il suo grande amore, nonché l’uomo che l’accompagnerà per tutta la vita: Jean-Paul Sartre.
Il loro rapporto, intriso di complicità e stima reciproca, influenzerà tutta la vita della femminista francese. L’esistenzialismo, probabilmente, li accomuna, anche se quello che differenza Simone da Jean-Paul è il suo pragmatismo e una filosofia che affonda le radici in un terreno molto più concreto e reale.
Ed è questo che fa la differenza con tutte le altre figure di spicco di quel tempo, Simone de Beauvoir calca i primi palcoscenici del femminismo con le sue parole senza filtri o retorica. Una donna che si schiera con tutta la sua forza a favore di altre donne, per riconoscerne il ruolo e il valore nella società.
Volere essere libero è anche volere che gli altri siano liberi
Secondo sesso, opera principale di Simone de Beauvoir del 1949, riflette il suo pensiero sulla differenza tra sesso e genere, lo stesso che è oggi uno dei più importanti pilastri degli studi che riguardano le differenze di genere. Si tratta di un’analisi dettagliata dell’oppressione maschile nei confronti della controparte femminile a seguito della mancanza di integrazione e degli stessi diritti e doveri tra uomini e donne. “Gli uomini non amano i ragazzi mancati, le saccenti, le donne di cervello; troppa audacia, cultura, intelligenza, carattere, li sgomentano”, scrive. È la prima volta, nella storia, che si affrontano tematiche quali l’eguaglianza della retribuzione, l’aborto e i riconoscimenti civili e politici.
A un giornalista che le chiede se non si sente “mutilata” dalla mancata maternità, risponde così:
«La ritengo un’assurdità, perché so che se avessi voluto scrivere un libro sulla maternità per come è vissuta dall’interno, allora avrebbero potuto farmi questa critica. Ma sarebbe stato assurdo farlo, è una cosa che non proverei a fare. Quando ho scritto Il secondo sesso ho fatto un tipo di lavoro sociologico, antropologico, e ho parlato dall’esterno di condizioni differenti dalla mia. Ho parlato tanto di prostitute quanto di madri e donne nel corso degli anni, perciò questa critica non ha senso. Che io non sia o non sia stata una madre, ciò che dico riguardo alle donne non è limitato alla mia esperienza personale. Secondo questo ragionamento fare sociologia sarebbe impossibile, dato che se non sei un corvo non puoi scrivere di corvi. Rispetto alla mutilazione trovo anche questa un’assurdità, perché supporrebbe una predisposizione naturale nell’essere donna, mentre ci sono invece diecimila modi di vivere la propria femminilità, così come la mascolinità, senza nessuna mutilazione. Si tratterebbe di mutilazione se tu desiderassi qualcosa che non hai. Ma se non la desideri e non ce l’hai, è differente».
Una donna libera
Rivendica la sua libertà, Simone , per se stessa e per le altre donne, diventando così la madre del movimento femminista: “Liberatevi, elevati, non relegatevi in un ruolo marginale. Avete mente, cuore, cervello, pensiero. Rialzatevi e porgete le spalle, se è necessario”.
Negli anni ’70 interviene, con coraggio e senza fronzoli, in alcuni dei dibattiti più accesi del tempo, tra questi anche l’aborto. Proprio esprimendosi a favore di questo redige il Manifesto delle 343 puttane sostenuto e firmato da 343 donne, di ogni estrazione sociale, che denunciano di essere ricorse all’aborto nel periodo in cui questo era punito dalla legge.
Si occupa dunque della donna, della sua condizione e della sua libertà facendo di se stessa un esempio, una persona libera e indipendente sia professionalmente che sentimentalmente. Ma affronterà anche un altro tema molto importante, quello della vecchiaia con il saggio La terza età.
Il fatto è che sono una scrittrice: una donna scrittrice non è una donna di casa che scrive, ma qualcuno la cui intera esistenza è condizionata dallo scrivere. È una vita che ne vale un’altra: che ha i suoi motivi, il suo ordine, i suoi fini che si possono giudicare stravaganti solo se di essa non si capisce niente. (La forza delle cose)
Nel 1981, Simone, si ritrova ad affrontare un grande lutto, il più doloroso. Il suo amato Jean Paul muore e lei le dedica La cerimonia degli addii. Cinque anni più tardi si spegnerà anche lei e verrà sepolta nel cimitero di Montparnasse a Parigi, proprio accanto al suo compagno di vita.
La sua morte ci separa. La mia morte non ci riunirà. È così; è già bello che le nostre vite abbiano potuto essere in sintonia così a lungo