È una storia straordinaria, quella che vi raccontiamo oggi. Una di quelle che parlano di dolore, di sofferenza, ma anche di rinascita, di generosità e di amore. È la storia degli orfani ucraini che hanno dovuto lasciare la loro terra insanguinata, macchiata dalla ferocia e dalle atrocità della guerra, per trovare una via d’uscita. Per ricominciare a vivere.
Correva il mese di febbraio 2022 quando la diatriba tra due Paesi si è trasformata in una guerra senza esclusione di colpi. Gli invasori sono arrivati in Ucraina, nella terra dei campi di grano che brillavano al sole e che ora non esistono più, lasciando dietro di loro una scia di macerie e dolore che continuano a diffondersi senza tregua.
Una tregua che i bambini sopravvissuti hanno trovato altrove, nei Paesi d’Europa che li hanno ospitati. Sono arrivati da soli, senza genitori, guide o punti di riferimento. Senza più speranza. Sono venuti anche in Italia dove hanno potuto ricominciare, in quel piccolo borgo incastonato nel territorio bergamasco che ora è il loro rifugio. Quello di una grande famiglia senza legami di sangue, che però è unita dal medesimo passato e dallo stesso desiderio di futuro.
Il borgo italiano che racconta una storia di rinascita
Sono più di un milione i bambini che, secondo i dati dell’Unicef, hanno dovuto lasciare la loro casa, i loro affetti e la terra in cui sono nati e cresciuti in questi 12 mesi per sfuggire agli orrori della guerra. Sono stati accolti e ospitati in diverse parti d’Europa e anche in Italia.
Un centinaio dei tanti orfani di guerra sono proprio qui, nel BelPaese. In un piccolo borgo incastonato nella Valle Imagna che oggi assomiglia a un rifugio sicuro, un luogo dove vivere e condividere una nuova vita lontano dagli orrori del passato che, però, non si possono dimenticare. Eppure, in questo paesino situato ad alta quota, e immerso tra le montagne del territorio bergamasco, il dolore e la sofferenza non sono stati invitati a entrare.
I prati che circondano la casa d’accoglienza Stella Mattutina, dove sono riuniti 93 orfani ucraini di età compresa tra gli otto e i dieci anni, sembrano proteggere quella ritrovata serenità e spensieratezza che ora aleggia sui volti dei bambini. Sono loro i nuovi abitanti di Rota D’Imagna, quelli che corrono, sorridono e giocano. Quelli che sono tornati a sognare come non avevano osato farlo più.
Dall’orfanotrofio di Berdyansk al borgo di Rota d’Imagna
Era un borgo come gli altri fino a un anno fa, quello di Rota d’Imagna, che proprio con gli altri paesini condivideva il medesimo destino: quello dello spopolamento. Quelli che avevano scelto di restare, appena 900 anime, erano i saggi della società, quelli a cui spetta l’onere e l’onore di preservare le tradizioni, le usanze e la cultura dei territori più marginali. Gli altri, invece, sono andati via a cercare fortuna diversi anni fa, lasciando un vuoto tra le strade colmato solo dagli echeggi della storia che non si può dimenticare.
Ma di quel silenzio oggi, a Rota d’Imagna, non ce n’è più traccia. Quello è stato soppiantato dal rumore di una felicità fragile, ma bellissima, quella dei bambini dell’orfanotrofio di Berdyansk che sono arrivati qui, insieme.
È la prima volta, infatti, che un gruppo di bambini orfani così grande viene spostato in un unico luogo sicuro, quello che porta il nome del borgo di Rota. Perché qui, i piccoli fuggiti dalla guerra, colpevoli solo di essere nati nel posto sbagliato, possono di nuovo sentirsi a casa, ma soprattutto sentirsi parte di una famiglia in un posto dove tutto inizia a essere riconoscibile.
Le strade un tempo silenziose e solitarie, infatti, ora sono gremite di giocattoli, palloni, computer e peluche. Sono popolati da bambini che ogni giorno si confondono con gli abitanti del posto, popolano le scuole e le piazze. Tornano a rendere vivo il borgo, perché è la vita, ora lo sanno, gli appartiene.