Proteina C-reattiva alta: cause e valori normali

Scopriamo cos'è la proteina C-reattiva e cosa accade quando questi valori risultano alti nelle analisi del sangue

Pubblicato: 7 Novembre 2023 15:01

Federico Beretta

Medico chirurgo

Medico Chirurgo abilitato, da anni collabora con diversi magazine online e si occupa di divulgazione medico/scientifica.

Fra i valori misurabili attraverso le analisi del sangue c’è la proteina C-reattiva. Si tratta di una proteina che viene prodotta dal fegato e fa parte della famiglia delle cosiddette “proteine di fase acuta“. Valutare i valori della PCR è fondamentale per corroborare la presenza di un’eventuale infiammazione nascosta. Infatti, le concentrazioni nel sangue di questa proteina possono aumentare notevolmente in presenza di processi flogistici, ma anche in caso di problematiche cardiovascolari, reumatologiche, immunologiche o traumi.

Spesso questo parametro viene controllato insieme alla VES (velocità di eritrosedimentazione) e fornisce una buona indicazione del livello di infiammazione dell’organismo, ma non le cause precise dell’alterazione. Ecco perché monitorarla e quali patologie può contribuire a diagnosticare.

Cos’è e a cosa serve la proteina C-reattiva?

La proteina C-reattiva, spesso indicata con l’acronimo PCR, è una proteina sintetizzata dal fegato, che ne aumenta la produzione in concomitanza di processi infiammatori acuti, in relazione a diverse patologie e in seguito a traumi o interventi chirurgici. Venne scoperta nel 1930 nel corso di alcuni studi sulla polmonite da pneumococco e si rileva molto simile, come funzionamento, alle immunoglobuline di classe G (ovvero le IgG).

Si tratta, in entrambi i casi, di proteine che svolgono un’azione di difesa dell’organismo, ma la proteina C-reattiva non è diretta contro uno specifico antigene, bensì prodotta in risposta a diversi tipi di stimoli che interessano l’organismo. Sostanzialmente il suo ruolo è quello di legarsi alle pareti di microrganismi o di cellule danneggiate, in modo da promuoverne la fagocitosi e la distruzione da parte dei monociti specificamente dedicati a questo compito.

I valori normali della proteina C reattiva

Nei soggetti sani i livelli di proteina C nel flusso ematico sono molto bassi e inferiori a 8 mg/l (spesso si rivelano valori di PCR di massimo 5-6 mg/L, ma i valori dipendono da numerosi fattori, come l’età del soggetto, il suo stato di salute e una serie di condizioni concomitanti). Il range di normalità può cambiare anche a seconda del laboratorio in cui si effettua l’analisi. Quando nell’organismo si sviluppa un evento infiammatorio, i livelli aumentano rapidamente, raggiungendo valori che possono arrivare a 500-1000 mg/l.

Quando i livelli di proteina C-reattiva sono bassi (ossia inferiori a 1 mg/l) difficilmente sarà presente un’infiammazione nell’organismo, ma può essere utile indagare lo stato di salute del fegato che potrebbe presentare delle alterazioni che riducono o aboliscono la produzione di questa proteina. Sarà il proprio medico di fiducia a stabilire quali indagini suggerire in questi specifici casi.

Nel caso in cui i livelli di proteina C-reattiva sono superiori ai valori normali è opportuno contattare immediatamente il proprio medico, in modo che possa valutare i risultati delle analisi del sangue.

Di solito si fa riferimento a questi valori di PCR per stabilire se nel corpo sia presente o meno di un’infiammazione:

L’esame: preparazione e accorgimenti

La misurazione del valore della PCR nel sangue avviene attraverso un normale prelievo ematico. Per prepararsi all’esame non è richiesto il digiuno, ma se l’indagine è prevista per la valutazione anche di altri parametri, questo dovrebbe essere di almeno 8-10 ore, durante le quali si può comunque assumere acqua non zuccherata.

La PCR è un valore molto sensibile e può essere influenzato da un’ampia varietà di fattori esogeni o endogeni che concorrono a modificare l’esito dell’esame. Quali sono i più comuni?

Quali problematiche si celano dietro la proteina C-reattiva alta?

La valutazione della proteina C-reattiva viene solitamente prescritta dal medico quando si sospetta la presenza di un’infezione (batterica, virale o fungina), di un disturbo del sistema cardiocircolatorio oppure una malattia sistemica come un disturbo autoimmune, alcune forme di artrite o una patologia di tipo infiammatorio intestinale (quale il morbo di Crohn). 

La valutazione della PCR può essere utile per l’inquadramento del rischio cardiovascolare del soggetto. È stato rilevato che l’infiammazione dell’endotelio (il tessuto che riveste la superficie interna dei vasi sanguigni) è tra le principali cause alla base del processo di aterogenesi, ossia la formazione delle placche aterosclerotiche all’interno dei vasi sanguigni, che può favorire lo sviluppo di coronaropatie, la formazione di trombi o l’insorgenza di infarti miocardici.

Gli studi hanno dimostrato che un titolo di PRC sopra i 0,24 mg/100 mL è in grado di raddoppiare il rischio di coronaropatie rispetto a un livello inferiore a 0,1 mg/100 mL. Quindi, anche in un soggetto che non presenta sintomi e gode di buona salute controllare la PCR può essere utile per valutare il rischio cardiovascolare. La misurazione della PCR non elimina la necessità di valutare altri parametri, come i trigliceridi e il colesterolo. Esistono alcuni esami più sofisticati e sensibili del dosaggio della PCR tradizionale (come l’hs-PCR o PCR ad alta sensibilità) che vengono usati per una più precisa determinazione del rischio cardiovascolare nei soggetti sani. Tuttavia, tale analisi non è consigliata nella popolazione generale ma solo nei soggetti che presentano una predisposizione, personale o familiare, per lo sviluppo di patologie cardiovascolari.

Livelli anomali di proteina C-reattiva possono essere rilevati anche in un’ampia gamma di altre patologie e situazioni, come:

Questo elenco, non esaustivo, ci aiuta a comprendere come la valutazione della PCR sia in grado di rilevare genericamente la presenza di un’anomalia ma dia scarse informazioni sulla causa scatenante. Dosare la proteina C-reattiva può essere indicato per individuare un’infiammazione o controllarne l’andamento, ma anche per valutare l’efficacia di una terapia oppure verificare il processo di guarigione di ferite chirurgiche e ustioni.

È bene ricordare che riscontrare elevati livelli di proteina C-reattiva nel sangue può essere un ottimo indicatore dello stato di infiammazione generale dell’organismo e di uno stress che il corpo sta gestendo, ma non fornisce una chiara indicazione delle cause sottostanti questo stato infiammatorio. Nel caso in cui il valore della PCR dovesse risultare superiore al normale sarà il medico a decidere se e come approfondire la situazione, prescrivendo ulteriori esami che possano confermare un sospetto diagnostico.

Livelli elevati di proteina C-reattiva possono fungere da campanelli d’allarme ma sono indispensabili ulteriori accertamenti per capire cosa stia succedendo, con esattezza, nell’organismo e quale sia la gravità o l’estensione dell’infiammazione.

Spesso la titolazione della PCR è prescritta insieme a un altro importante esame ematico, utile anch’esso a valutare lo stato infiammatorio dell’organismo, ovvero il test della velocità di sedimentazione dei globuli rossi (o VES). In caso di infiammazione sono entrambi i valori ad aumentare, ma la proteina C reattiva ha la capacità di aumentare e diminuire molto più rapidamente rispetto alla VES e di fornire una valutazione precoce dell’eventuale presenza di uno stato infiammatorio o della sua risoluzione.

Insieme a PCR e VES può essere prescritta anche la valutazione della procalcitonina, proteina sintetizzata dalle cellule in risposta a infezioni batteriche e utile a confermare l’ipotesi della presenza di una sepsi in corso.

La proteina C-reattiva va tenuta sotto controllo soprattutto nelle donne incinte e nei bambini. Quando questo valore è elevato in gravidanza, è necessario indagare per scoprire qual è la causa, in modo da garantire la salute della mamma e del feto. Il tema è delicato anche nel caso dei bambini, dove un livello di proteina C-reattiva che oscilla tra 50 e 60 mg/l può indicare la presenza di infezioni di grave entità come polmonite, bronchite oppure faringite.

Certamente due contesti nei quali l’intervento medico si rivela essenziale per risolvere la situazione ed evitare conseguenze più gravi.

Cosa fare in caso di proteina C-reattiva alta?

Ovviamente il primo passo dopo aver individuato valori anomali nelle analisi del sangue è quello di rivolgersi al proprio medico di fiducia, soprattutto perché le patologie legate ad alti livelli di questa proteina sono numerose e molto diverse fra loro.

Nel caso in cui nel corpo fossero presenti patologie di tipo infiammatorio è sempre necessario comprendere nel dettaglio di cosa si tratta, per attuare gli interventi più opportuni a risolvere il quadro. Una cura specifica può contribuire al risultato e può consistere, a seconda dei casi, nell’uso di antibiotici, di cortisone o di altre soluzioni terapeutiche.

Se la PCR è elevata in assenza di situazioni patologiche franche, potrebbe essere opportuno sottoporsi a una visita cardiologica per la valutazione del rischio cardiovascolare. Il medico o lo specialista cardiologo valuterà quali sono i fattori modificabili nella situazione specifica per il paziente e proporrà un trattamento idoneo a ridurre lo stato infiammatorio.

Alcuni rimedi utili per ridurre i valori ematici della PCR, nel caso in cui non siano presenti condizioni patologiche che necessitano di un trattamento specifico, possono prevedere un cambiamento nello stile di vita e nelle abitudini quotidiane e l’introduzione di pratiche salutari. Ad esempio:

 

Fonti bibliografiche

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