Parte del nostro tempo libero viene trascorso lì, davanti allo specchio. Prima per perfezionare il make up e creare il look quotidiano, poi la sera per le fasi di detersione, struccaggio e skincare della buonanotte. Perché la bellezza, per noi donne, è una cosa seria. E lo dimostra anche il fatto che siamo sempre vigili sulle tendenze beauty del momento, pronte a comprare quella crema miracolosa che rende la pelle luminosa ed elastica o quel rossetto che valorizza le labbra e il nostro viso.
E la cura maniacale della bellezza, intendiamoci, non appartiene solo alle più vanitose o a tutte quelle che, senza trucco, proprio non riescono a stare. Secondo quanto riportato da Forbes, in un sondaggio condotto da Today e AOL è stato confermato che le donne trascorrono circa 55 minuti davanti allo specchio per occuparsi della loro bellezza, dal trucco al parrucco, raggiungendo così la media di due settimane l’anno. Perché lo facciamo?
Possiamo indagare superficialmente sulle motivazioni che spingono a farlo partendo da noi stesse. Ci trucchiamo, sistemiamo i capelli e scegliamo quel look di tendenza per sentirci belle, per essere più sicure di noi stesse. Ma anche per rappresentare, in senso estetico, la nostra personalità.
Sensazioni e percezioni che, probabilmente, riguardano tutte noi, come hanno confermato i ricercatori Leeat Ramati-Ziber, Nurit Shnabel e Peter Glick nella loro The beauty myth, una raccolta di sei ricerche apparsa sul Journal of Personality and Social Psychology. Attraverso una serie di analisi, sondaggi ed esperimenti sociali, gli esperti sono arrivati alla conclusione che tutte quelle routine di bellezza alle quali ci dedichiamo, fino all’ossessione a volte, vanno oltre l’apparente espressione di personalità di sé. E, anzi, affondano le sue origini in qualcosa che ha a che fare con il gender gap e con le discriminazioni di genere.
Secondo la ricerca, infatti, le donne utilizzano la bellezza per cercare di equipararsi alla controparte maschile. E questo, forse, spiegherebbe anche perché negli ultimi tempi sono nati tutti quei filoni di body positive che aboliscono la depilazione, il make up e che valorizzano le imperfezioni. Tutta una serie di scelte estetiche che sembrano un inno alla libertà e che poi creano altre pressioni sociali, ma questa è un’altra storia.
La donna per mettersi allo stesso piano dell’uomo, soprattutto a livello professionale, deve essere bella. Una percezione, questa, rivelata a seguito dell’indagine condotta da Leeat Ramati-Ziber, Nurit Shnabel e Peter Glick. Dopo aver intervistato diversi gruppi di persone, è emerso che le persone credono che le donne sono vicine alla conquista della parità di genere, ma per farlo devono raggiungere un elevato standard di bellezza.
Da chi sia imposto questo standard, non ci è chiaro. Così come non ci è chiaro come sia possibile parlare di parità di genere se la controparte femminile è costretta, sempre e comunque, a fare di più. Cosa che, evidentemente, non è richiesta agli uomini.
Eppure questa cosa accade, di continuo. Alle donne di spicco, alle manager, a chi ricopre ruoli dirigenziali all’interno di un’azienda, viene imposto tacitamente di dedicare maggior tempo alla cura di sé. Certo, lo stesso discorso vale anche per l’uomo, ma la pressione non è la medesima. Il motivo? Secondo gli autori della ricerca questo risiede proprio nella volontà di perpetuare la gerarchia di genere, anche se in maniera subdola. Perché alle donne viene detto che c’è davvero l’opportunità di conquistare la vetta, salvo poi fare quel sacrificio in più.
Un sacrificio che ancora molte di noi compiono per risultare belle e attraenti. Ed è chiaro che, per interrompere questo circolo vizioso le donne dovrebbero rifiutarsi di accettare queste tacite regole, scegliendo per se stesse come e quanto tempo dedicare alla loro cura personale. Ma questo a quanto pare non è possibile perché porta alla naturale penalizzazione, nella vita sociale e sul lavoro.
Perché la ricompensa che si ottiene quando si è belle è reale. Si ha successo, si attirano buon partiti e, in generale, la il mondo ha una percezione più positiva su quella persona. Lo conferma anche la scienza, di nuovo, quanto l’aspetto conta più di quanto possiamo immaginare sul lavoro.
Ed ecco che, indipendentemente dal fatto che truccarci o agghindarci è per noi un divertimento o una personale espressione, la pressione sociale su questo c’è, e ci induce a fare delle scelte che non sono propriamente libere. Perché agli uomini non è richiesto questo. A noi sì, e quindi perdiamo, ancora.