L’importanza del richiamo nella relazione con il cane e come insegnarlo correttamente

Insegnare al cane a rispondere al richiamo è un'importante tappa della crescita, fondamentale per il rapporto con il suo umano ma anche per la sua sicurezza: ecco come farlo nel modo giusto, sin da cuccioli.

Pubblicato: 26 Giugno 2023 16:58

Sabrina Romani

Medico Veterinario

Sabrina Romani è medico veterinario e Istruttore Cinofilo per Cani da Compagnia. Per DiLei scrive articoli di approfondimento sull'educazione e il benessere dei nostri amici a quattro zampe.

Insegnare al cane a rispondere al richiamo, oltre ad essere un aspetto importante del possesso responsabile di un animale, dà a noi e al quattrozampe la libertà e la tranquillità di apprezzare il tempo insieme. Il richiamo deve essere percepito dal nostro fedele amico come l’espressione del fatto che noi abbiamo bisogno della sua presenza, mai come in quel momento preciso necessaria.

Richiamo, fondamentale per una relazione uomo-cane felice

Per un cane, essere richiamato dal proprietario e dover smettere di fare cose interessantissime (come annusare, esplorare o giocare) implica una rinuncia. Dobbiamo essere visti come un riferimento prezioso, qualcuno di così importante per cui valga sempre la pena sacrificare le proprie attività. La relazione uomo-cane non è data solo dall’immenso amore (talvolta troppo umanizzato e canalizzato in modo poco edificante) che noi possiamo nutrire per il nostro adorato compagno di vita peloso, è molto di più. Va costruita giorno per giorno, rispettando le esigenze etologiche dell’animale.

Il cane, attorno al primo anno di età, potrebbe avere meno voglia di ascoltare. Questa è per lui una fase di autoaffermazione, di voglia di scoprire un mondo (odori, stimoli e pulsioni legati allo sviluppo) a cui prima il suo naso di cucciolo non  aveva fatto caso.  Se prima di tale periodo abbiamo lavorato bene per insegnare il comando del richiamo allora Fido sarà sotto il nostro controllo; per contro, se il cane non viene abituato al richiamo da cucciolo ed entra in famiglia già grandicello bisognerà mettersi subito al lavoro in modo opportuno, senza trascurare il vissuto del pet sino a quel momento.

Il principio generale è: ciò che il cane apprende in tenera età resterà per sempre nel suo bagaglio di competenze.

I fattori da considerare

Il ritorno può essere per un cane un comando più o meno complesso da apprendere a seconda delle attitudini naturali e delle caratteristiche morfologiche per le quali una determinata razza è stata selezionata. Ad esempio, è normale che un cane da caccia lasciato libero in contesti con stimoli olfattivi molto forti fatichi a tornare (non è da escludere che l’animale si disconnetta completamente dal conduttore, per tornare da lui solo al termine dell’esplorazione); e non c’è da stupirsi se un cane da pastore non risponda al richiamo in caso di incontro con animali del pascolo.

Bisogna poi considerare che ogni soggetto, seppur appartenente ad una razza specifica, ha un carattere individuale: cani timidi o insicuri rispondono bene al richiamo perché spesso si sentono rassicurati dalla voce del proprietario, cani fobici o paurosi invece possono addirittura tendere a scappare.

Non si può non tenere conto del vissuto del cane: se accogliamo in famiglia un cane adulto il lavoro può essere più o meno difficoltoso, anche considerando il fatto che ci sono già tutta una serie di comportamenti appresi. Quando si vive con più di un peloso è importante lavorare separatamente con ciascuno,  ogni cane ha tempi e risposte di apprendimento propri.

Fondamentale per il richiamo sono lo stato emotivo del cane e non in ultimo il nostro. Quando si inizia a insegnare una competenza a Fido occorre che quest’ultimo sia in uno stato di calma ed equilibrio, non deve essere agitato, stanco o sotto stress. Prima di cominciare gli esercizi di apprendimento, il cane deve avere espletato ogni necessità fisiologica e di esplorazione; se non soddisfatte, queste possono creare stimoli e distrazioni, generando nel cane uno stato emotivo controproducente. In poche parole, il cane per imparare deve essere messo nelle condizioni migliori!

Come abituare il cane a tornare

L’uso delle gratificazioni

Come anticipato, il richiamo va sempre associato a momenti piacevoli e divertenti. In fase di allenamento, ogni volta che il quattrozampe torna bisogna sottolineare il buon esito dell’esercizio con lodi, premietti, coccole e giochi. In seguito, il rinforzo diventerà il proporgli attività invitanti, atte a fargli considerare utile e stimolante il tornare dal padrone. Se si chiede al cane di venire da noi per sgridarlo o perché è il momento di andare via dal parco il pet assocerà il richiamo alla fine del divertimento e non vorrà assecondare il nostro comando. Spesso il cane non torna volentieri alla vista del guinzaglio, che rappresenta la fine del gioco: quando ci si esercita al richiamo è importante tenere sempre in mano il guinzaglio, per desensibilizzare alla sua presenza l’animale.

Fate così: allenate Fido a tornare da voi più volte durante il momento di svago e alternate il permesso di tornare al gioco allo stare legato. Attenzione: la gratificazione materiale, gioco o cibo che sia, non deve diventare un’esca per il cane ma una ricompensa: se il premio diventa uno strumento furbo per acchiappare il cane succederà che poi, se non avremo in mano bocconcini invitanti, non ci darà ascolto.

Quali parole usare e quale tono di voce

Per prima cosa, occorre associare l’esercizio ad un comando preciso. È indifferente la parola scelta, ciò che conta è che sia sempre quella. Il cane non coglie l’uguaglianza di significato dei sinonimi, per lui “vieni”, “qui”, “andiamo”, “vieni su” sono termini tutti diversi. Molte persone richiamano il cane usando solo il suo nome, ma si tratta di una richiesta incompleta e sbagliata: il quattrozampe si sente chiamare già in tantissimi contesti, non gli può venire automatica l’associazione fra il proprio nome e il dover tornare dal suo umano.

Altro punto importante: il comando va utilizzato solo una volta. Se il cane non torna al primo richiamo, probabilmente è distratto da qualcosa; in questo caso, la presenza intermittente della nostra voce non fa altro che rassicurare il peloso sulla nostra posizione, autorizzandolo a proseguire nelle sue faccende. Un suggerimento: se il cane si gira al primo richiamo ma si dimostra titubante poiché quello che sta facendo è per lui più interessante di “noi”, dobbiamo escogitare un modo per diventare l’alternativa migliore usando toni acuti e invitanti, battendo le mani, allontanandoci e invogliandolo a raggiungerci.

Lo ripetiamo, per comunicare col cane attenzione alla voce e agli stati d’animo: nel richiamo è consigliabile usare sempre un’inclinazione vocale esclamativa e non interrogativa; sì ad un tono calmo, fermo e deciso, con un timbro allegro e non di rimprovero. E occhio anche all’emotività: quando percependo un pericolo per Fido ci agitiamo, il nostro corpo inizia a trasmettere odori e mimiche che, una volta percepiti dal cane, lo rendono sospettoso e restio nel raggiungerci.

E se il cane non torna?

Se il cane non viene al primo richiamo non bisogna andargli incontro, se lo si facesse gli si darebbe un  messaggio confondente sul corretto significato del comando: è sempre Fido che deve avvicinarsi a noi, non il contrario. Il quattrozampe ci ignora completamente e continua a giocare indisturbato? Ecco cosa fare: allontaniamoci in silenzio e nascondiamoci; non percependo più la nostra presenza, il cane si precipiterà a cercarci e, una volta scoperto il nostro nascondiglio, ci farà mille feste (sarà proprio quello il momento in cui premiare il fatto di averci trovato). Il ragionamento che si deve innescare nel cane è che deve tornare al richiamo in quanto la nostra vicinanza è strettamente collegata alla sua sopravvivenza.

Va detto che non ha senso incaponirsi nel richiamare più volte un cane che ignora il comando perché occupato in faccende per lui più importanti (sessioni di fiuto, scavi o di gioco). In tali situazioni l’animale per sua natura non può essere ricettivo, anzi, insistere col richiamo diventa solamente un modo per insegnargli a ignorare il comando. Comportiamoci così: attendiamo che Fido smetta di annusare o di fare i suoi affari, poi usiamo il suo nome in combinazione con il comando. Il cane viene quando chiamato o perlomeno tenta di farlo? Allora, ricompensiamolo profusamente!

Teniamo presente che per creare un richiamo con motivazione e felicità, il cane va premiato appena ci raggiunge, sempre e comunque, anche se non viene alla prima chiamata o con velocità entusiasmante; se in questi casi dovessimo sgridare il cane la sua mente assocerebbe l’ultima azione commessa (ovvero che si è avvicinato a noi) alla punizione; in questo modo quindi non capirebbe che è stato rimproverato perché in precedenza non ha risposto al richiamo, ma comincerebbe a vivere il raggiungerci come qualcosa di spiacevole.

5 pillole da ricordare

Vuoi approfondire il tema? Ascolta la puntata del Podcast “Come Cani e Gatti” dedicata all’insegnamento del richiamo ai nostri amici a quattro zampe.

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