Luchino Visconti è stato il regista di origini nobili amante dell’arte e della bellezza. Considerato uno dei più importanti artisti e uomini di cultura del XX secolo, è ritenuto uno dei padri del neorealismo e tra i personaggi che hanno contribuito a rendere noto e apprezzato nel mondo il cinema italiano. I suoi film sono caratterizzati da un’estrema cura delle ambientazioni e le ricostruzioni sceniche sono state ammirate e imitate da intere generazioni di registi. La bellezza, la decadenza, la morte e la storia europea, in particolare il declino della nobiltà, sono i temi che spesso ricorrono nella sua cinematografia di cui l’emblema è Il Gattopardo, col vinse la Palma d’oro al Festival di Cannes come miglior film.
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Le origini di Luchino Visconti
Luchino Visconti di Modrone, conte di Lonate Pozzolo, nasce il 2 novembre 1906 a Milano, quarto dei sette figli del duca Giuseppe e di Carla Erba, proprietaria della più grande casa farmaceutica italiana. Presta il servizio militare come sottufficiale di cavalleria a Pinerolo e vive negli agi di una delle più importanti famiglie d’Europa. Al liceo classico Beccaria di Milano viene bocciato e così passa al liceo classico Dante Alighieri. Dopo la separazione dei genitori, Luchino va a vivere con la madre.
Lo studio del violoncello gli fa conoscere il mondo della lirica e del melodramma. Il padre è inoltre uno dei finanziatori del Teatro alla Scala di Milano e il salotto di casa Visconti è perciò spesso frequentato, tra gli altri, dal direttore d’orchestra Arturo Toscanini.
L’esordio come regista di Luchino Visconti
Nel 1936 Luchino Visconti lavora a Parigi come assistente alla regia e ai costumi per Jean Renoir, conosciuto tramite la stilista Coco Chanel, con la quale l’apprendista regista ha una relazione. Nella capitale francese il ragazzo entra in contatto con alcuni militanti antifascisti fuoriusciti dall’Italia, con intellettuali come Jean Cocteau e attraverso lo stesso Renoir, convinto comunista, si avvicina alle posizioni della sinistra.
Al fianco del grande regista francese, Visconti contribuisce alla realizzazione di Verso la Vita e di Una gita in campagna. Nel 1939, dopo un breve soggiorno a Hollywood, rientra in Italia a causa della morte della madre. Invitato da Renoir, lavora a una coproduzione italo-francese per la realizzazione di un adattamento cinematografico della Tosca. Nel frattempo si stabilisce definitivamente a Roma dove entra in contatto con i giovani intellettuali collaboratori della rivista Cinema.
Grazie a questi ragazzi, Luchino si avvicina all’illegale Partito comunista italiano. Da questo gruppo nasce una nuova idea di cinema che, abbandonando le commedie de cosiddetti telefoni bianchi, ambientate in ville lussuose, racconta realisticamente la vita e i drammi quotidiani della gente comune, sono gli esordi di quello che sarà poi chiamato neorealismo. Nel 1942, con Pietro Ingrao, Mario Alicata e Giuseppe De Santis, Visconti mette in cantiere il suo primo film: Ossessione, ispirato al romanzo “Il postino suona sempre due volte” di James Cain.
L’importanza di Ossessione per il neorealismo
I protagonisti del primo film del regista sono Clara Calamai nel ruolo della protagonista, Massimo Girotti in quelli del meccanico Gino, Juan De Landa veste i panni del marito tradito ed Elio Marcuzzo è “Lo spagnolo”. La storia comincia in un’osteria lungo una strada della bassa padana, poi si sposta ad Ancona e infine a Ferrara. La scelta di girare il film in queste città era controcorrente per l’epoca e dà alla pellicola un tocco di realtà quotidiana che mancava ai lungometraggi realizzati fino ad allora. Per queste sue caratteristiche, Ossessione di Luchino Visconti è ritenuta l’opera che dà inizio al genere cinematografico del neorealismo. È proprio il montatore del film, Mario Serandrei, il primo a usare questo termine, ufficializzando così la nascita di uno stile espressivo che s’imporra in tutto il mondo.
La Seconda Guerra Mondiale e il teatro
Ancora prima di lavorare a Ossessione, Visconti aveva pensato di produrre un film tratto da un racconto di Giovanni Verga, “L’amante di Gramigna”, imperniato sulla vicenda di un contadino che alla fine del secolo scorso diventa bandito. Terminata la sceneggiatura, il MinCulPop, ministero della cultura popolare, non dà il nulla osta.
Visconti entra a far parte della Resistenza, viene arrestato dai nazisti e rischia di essere fucilato ma si salva grazie alla mediazione di un’attrice. Alla dine del conflitto collabora alla realizzazione del documentario Giorni di gloria, un film di regia collettiva dedicato ai partigiani. Nello stesso periodo si dedica all’allestimento di drammi in prosa con assolute prime rappresentazioni e, negli anni cinquanta, anche alla regia di melodrammi lirici, arrivando a dirigere Maria Callas, nel 1955, con La sonnambula e La Traviata alla Scala.
Nel 1948, la rappresentazione della commedia Come vi piace di Shakespeare suscita polemiche da parte di alcuni critici marxisti, i quali nella scelta della scenografia e dei costumi di Salvador Salì vedono un abbandono del neorealismo. In difesa di Visconti interviene in prima persona il segretario del PCI, Palmiro Togliatti.
Dalla Terra trema a Rocco e i suoi fratelli
Dagli anni ’50 ai primi anni ’70 Visconti realizza alcuni film che sono veri e propri capolavori entrati nella storia del cinema. In La terra trema, adattamento dal romanzo I Malavoglia di Giovanni Verga, pellicola cruda di stampo quasi documentaristico, denuncia apertamente le condizioni sociali delle classi più povere.
Nel 1951 il regista realizza Bellissima, tratto da un soggetto di Cesare Zavattini, con Anna Magnani e Walter Chiari sullo spietato mondo “dietro le quinte” del cinema. Sempre su soggetto di Zavattini dirige Siamo donne che mostra un episodio della vita privata di quattro attrici celebri: Anna Magnani, Alida Valli, Ingrid Bergman e Isa Miranda.
Il primo film a colori di Visconti è invece Senso, ispirato a un racconto di Camillo Boito, con Alida Valli e Farley Granger. Una nobildonna veneta di metà ottocento s’innamora di un ufficiale dell’esercito austriaco. Scoperto il tradimento dell’uomo, al quale aveva donato il denaro che doveva servire a una causa patriottica, lo fa condannare alla fucilazione. Questo film segna una svolta nell’arte di Visconti che abbandona il neorealismo e si dedica all’estrema cura del dettaglio scenografico.
Con Le notti banche, ispirato al romanzo di Dostoevskij, il regista vince il Leone d’argento a Venezia. Protagonisti sono l’immenso Marcello Mastroianni e la bravissima Maria Schell insieme a Jean Marais. Il film si porta a casa anche tre Nastri D’Argento per il miglior attore protagonista, miglior scenografia e migliore colonna sonora. Nel 1960 arriva il celebre Rocco e i suoi fratelli, ispirato al romanzo di Giovanni Testori Il Ponte della Ghisolfa, racconta la storia di una famiglia di meridionali che dalla Basilicata si trasferisce per lavoro a Milano. Questa pellicola renderà famoso l’allora giovane attore, bellissimo e talentuoso, Alain Delon. Inserito tra i 100 film italiani da salvare, vince tantissimi premi come un Leone d’argento al Festival di Venezia, tre Nastri d’argento, un Globo d’oro, un David di Donatello e ottiene due nomination ai BAFTA.
A causa di alcune scene molto crude e violente, il film provoca grandi polemiche ma vince comunque il Gran Premio della giuria al Festival del cinema di Venezia.
Il Gattopardo e gli ultimi anni di Visconti
Nel 1963 Visconti realizza quello che è considerato il suo capolavoro assoluto: Il gattopardo. La pellicola, tratta dall’omonimo romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, ottiene la Palma d’oro al 16° Festival di Cannes. Tra gli interpreti indimenticabili ci sono un elegantissimo Burt Lancaster e i giovani e bellissimi Alain Delon e Claudia Cardinale. Solo la scena finale del ballo occupa l’ultima mezz’ora della pellicola.
Nel 1965 esce il film Vaghe stelle dell’Orsa, durante le riprese al regista viene presentato Helmut Berger che diverrà negli anni uno degli attori simbolo del cinema di Visconti, nonché suo compagno di vita. Altre pellicole del periodo sono Lo straniero e La caduta degli dei sull’ascesa e caduta della famiglia proprietaria delle più importanti acciaierie tedesche all’avvento del nazismo. Il film rappresenta il primo capitolo di quella che viene definita la trilogia tedesca viscontiana a cui fanno seguito Morte a Venezia e Ludwig.
Agli inizi degli anni ’70, malgrado le cattive condizioni di salute, cura un celebre allestimento della Manon Lescaut per il Festival dei due mondi di Spoleto e dirige il Don Carlo al Royal Opera House di Londra, la cui regia sarà usata anche dopo la morte del regista fino al 2002. Riesce anche a realizzare due film: Gruppo di famiglia in un interno e L’innocente. Il 17 marzo 1976, poco meno di otto mesi prima del suo settantesimo compleanno, Luchino Visconti muore a causa di una forma grave di trombosi.
Curiosità e vita privata di Luchino Visconti
La vita sentimentale di Luchino Visconti è stata spesso oggetto di discussione e interesse. Il regista ha avuto relazioni con bellissime e affascinanti donne come Coco Chanel, Clara Calamai, Maria Denis, Marlene Dietrich e con la scrittrice Elsa Morante, ma non ha mai nascosto un suo orientamento omosessuale. Negli anni trenta, a Parigi, Visconti ha avuto una storia con il fotografo Horst P. Horst.
Tra il finire degli anni quaranta e l’inizio degli anni cinquanta, nel pieno della sua consacrazione professionale, intrecciò un legame privato e professionale con l’allora scenografo dei suoi spettacoli, Franco Zeffirelli. Dopo il 1965 ha vissuto un’intensa relazione con l’attore Helmut Berger che, tra gli alti e bassi dovuti al vivace stile di vita dell’attore austriaco, gli è rimasto accanto fino alla morte.
Tra le curiosità, il regista era discendente collaterale di Francesco Bernardino Visconti, personaggio a cui, secondo alcuni studiosi, si sarebbe ispirato Alessandro Manzoni per il personaggio dell’Innominato ne I promessi sposi. A soli 26 anni, ha guidato una scuderia di cavalli di sua proprietà, raggiungendo ottimi risultati tra i quali la vittoria nel Gran Premio di Milano San Siro con Sanzio. Nel 1956 Visconti ha tenuto a battesimo il figlioccio Miguel Bosé.
Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, il regista ha collaborato con la Resistenza e ha assunto il nome di battaglia di Alfredo. In questi anni ha avuto una relazione con l’attrice Maria Denis che, essendo lui latitante, invitò a offrire ospitalità nella villa del regista a tutti gli antifascisti che si presentavano con la parola d’ordine “per conto di chi sai tu”.
Tra i rifugiati nella villa di Visconti c’era anche il comunista sardo Sisinnio Mocci, ufficialmente assunto come maggiordomo che è poi stato arrestato all’interno dell’abitazione del regista e trucidato alle Fosse Ardeatine. Lo stesso Visconti è stato catturato dai nazisti nell’aprile del 1944. Il regista venne salvato dalla fucilazione grazie all’intervento di Maria Denis, che intercederà per lui presso la polizia fascista.
Il 5 giugno 1945 Pietro Koch, il capo della formazione da cui il regista era stato fatto prigioniero, fu fucilato presso il Forte Bravetta a Roma. Nel processo ebbe notevole peso
la testimonianza di Visconti e le autorità ritennero opportuno documentare l’esecuzione con una ripresa filmata che venne realizzata dallo stesso regista.
La terra trema di Luchino Visconti è uno dei pochi film italiani interamente parlati in dialetto.