Cos’è il crossdressing e perché ci si traveste

Donne che si vestono da uomini e uomini che si vestono da donne: il crossdressing è l’abitudine di indossare degli abiti socialmente associati al sesso opposto. Ne parliamo con la Dottoressa Merola, Psicologa Psicoterapeuta.

Pubblicato: 4 Febbraio 2022 13:02

Antonella Lobraico

Editor specializzata in Salute & Benessere

Specializzata nella comunicazione online, ha collaborato con testate giornalistiche, uffici stampa, redazioni tv, case editrici e agenzie web in progetti su Salute e Benessere.

C’era un tempo, assai remoto, in cui gli abiti svolgevano la sola funzione di proteggere il corpo dalle intemperie. I nostri antenati utilizzavano infatti semplici copricapi di fortuna per ripararsi. Ma l’evoluzione è insita nell’uomo, così come il suo estro creativo, la sua curiosità, la sua voglia di fare. Ed è così che per millenni, diverse culture si sono susseguite lasciando un’impronta del loro passaggio attraverso la musica, il teatro, l’abbigliamento.

Quest’ultimo, soprattutto al giorno d’oggi, è diventato un mezzo per esprimere il proprio essere e le proprie emozioni, in quanto permette di giocare liberamente con i colori, con differenti tipologie di capi, ma anche con accessori, make-up, acconciature.

Il risultato? Uno stile, più o meno personalizzato, che cambia a proprio piacimento in base alle sensazioni provate in una giornata o in una specifica fase della vita. E non parliamo solo di abiti maschili indossati da uomini o di vestiti femminili portati dalle donne, ma anche di crossdressing ovvero l’atto di vestirsi con abiti del sesso opposto. Questa pratica, che può essere attuata in pubblico come nel privato, si sta facendo sempre più spazio nella società.

Che cos’è quindi il crossdressing e perché ci si traveste? Ne abbiamo parlato con la Dottoressa Alessandra Merola, Psicologa Psicoterapeuta.

Che cos’è

«Il termine crossdressing indica l’atto o l’abitudine di travestirsi e quindi di indossare, pubblicamente e/o in privato, indumenti comunemente associati al sesso opposto. La persona che pratica il crossdressing viene definita crossdresser. Il crossdressing viene attuato principalmente da uomini, ma può essere praticato anche dalle donne, indipendentemente dall’identità di genere percepita e dall’orientamento sessuale», spiega la dottoressa.

Quali sono le differenze tra crossdressing e travestitismo

«Di frequente, il crossdressing viene confuso con il disturbo da travestitismo: premesso che il travestitismo diventa un “disturbo” qualora causi disagi clinicamente significativi o compromissioni del funzionamento in ambito sociale, lavorativo o in altre aree importanti, secondo i criteri diagnostici del DSM-5 (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali – quinta edizione) la diagnosi di disturbo da travestitismo non viene applicata a tutti gli individui che si vestono con indumenti del sesso opposto, ma solo a coloro in cui il crossdressing è sempre o spesso accompagnato da eccitazione sessuale», precisa l’esperta.

Che cos’è il disturbo da travestitismo

«Gli individui con diagnosi di disturbo da travestitismo, spesso mettono in pratica il pattern di comportamento “disfare e rifare”, ovvero dopo aver speso ingenti somme di denaro per indumenti da donna, gettano via tutto per cercare di superare i desideri sessuali legati al crossdressing, per poi acquistare nuovamente abiti del sesso opposto. La prevalenza nella popolazione del disturbo da travestitismo è sconosciuta, tuttavia meno del 3% degli uomini riferisce di aver provato eccitazione sessuale indossando abbigliamento da donna.

Inoltre, un aspetto rilevante è che la maggior parte degli uomini con disturbo da travestitismo si considera eterosessuale (87%), anche se alcuni individui hanno rapporti occasionali con altri maschi, principalmente quando indossano vestiti del sesso opposto. Infine, gli individui con disturbo da travestitismo non riferiscono un’incongruenza tra il genere esperito e il genere assegnato alla nascita, né manifestano il desiderio di essere del genere opposto, che, invece, è presente nelle persone con Disforia di genere (ndr. ovvero in coloro i quali l’identità di genere risulta diversa dal sesso biologico: per esempio una persona che nasce maschio ma che si sente donna o viceversa)», continua la dottoressa Merola.

Perché ci si traveste?

«Le motivazioni dietro a questa pratica sono diverse. Come anticipato, alcuni individui provano piacere ed eccitazione vestendosi con indumenti del sesso opposto, altre persone, invece, lo fanno per divertimento o per trasgressione. A differenza delle persone con Disforia di genere, il crossdresser non vede negli indumenti del sesso opposto un modo per affermare la propria identità di genere in pubblico, anzi, spesso il crossdressing si pratica nella sfera privata o nella coppia.

Sta prendendo sempre più piede una cultura gender fluid e questo implica un allontanarsi da stereotipi e pregiudizi legati al genere binario maschio o femmina. La società cambia ed evolve e con essa anche alcuni canoni che sono stati da sempre associati ad un preciso genere. L’abbigliamento è un modo per comunicare qualcosa di noi agli altri e non è detto che tali abiti corrispondano a ciò che la società e la cultura ci impone.

Anche la moda di recente si sta adeguando a questo cambiamento proponendo vestiti no gender; allo stesso modo diversi personaggi dello spettacolo sono in prima linea per sensibilizzare le persone su queste tematiche. L’obiettivo è quello di combattere pregiudizi e stereotipi legati ad un certo ideale di virilità, che però non appartiene a tutti gli uomini», conclude l’esperta.

Il crossdressing oggi e ieri

La classica connotazione sessuale di cui si caricano tanto l’abbigliamento maschile quanto quello femminile, è ormai superata. Il crossdressing infatti va al di là degli stereotipi, dell’orientamento sessuale, dell’identità di genere. L’outfit parla di sé e diventa un mezzo per/all’interno dei quale, sentirsi a proprio agio. Una gonna, un paio di scarpe con il tacco, delle calze autoreggenti, una camicia o una giacca dal taglio maschile, smettono di far parte esclusivamente dell’universo maschile o femminile. Piuttosto, diventano capi e accessori adattabili tanto al corpo dell’uomo quanto a quello della donna, donando una sensazione di confort e di libertà senza uguali a chi li indossa.

Già da diversi anni, vediamo tutto questo nel mondo della moda come anche nella vita di tutti i giorni. Ci sono infatti diversi influencer, come ad esempio Mark Bryan, un ingegnere tedesco sposato e con figli, che indossa giornalmente abiti femminili e maschili, mescolandoli tra loro. Seguitissimo su Instagram, ama vestire per lo più gonne e vestiti sotto la vita e capi maschili al di sopra di essa.

Il crossdressing è forse una novità del ventunesimo secolo? Assolutamente no. Se scaviamo un po’ nel passato, troveremo infatti diversi esempi di persone/personaggi che vestivano con abiti del senso opposto, a volte per “necessità”. La storia ci racconta infatti, che tempo addietro, la recitazione era un’esclusiva maschile, motivo per cui gli uomini dovevano indossare abiti femminili per interpretarne i ruoli.

Troviamo inoltre tantissimi esempi di crossdressing nel cinema e nei cartoni animati. Celebre è ad esempio l’interpretazione di Robin Williams nel film Mrs Doubtfire, dove veste i panni di una tata in là con gli anni per poter trascorrere del tempo con i propri figli. Come dimenticare poi Lady Oscar, il cartone animato tratto da un manga giapponese che ha come protagonista una ragazza nobile cresciuta come un uomo per intraprendere la carriera militare.

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