È passato un anno, è già passato un anno da quel giorno, l’11 marzo del 2020, quando seduta alla penisola della mia cucina, ho scritto la poesia La primavera non lo sapeva, con un occhio alla magnolia rosa ed uno alla mimosa, mentre ascoltavo la mia musica preferita, e la mia famiglia faceva il solito confortante casino.
Le parole sono uscite fuori da sole, una dopo l’altra, si sono incastrate magicamente, come se qualcuno me le stesse dettando, piangevo e scrivevo, come fossi entrata in trance agonistica, in quindici minuti ho scritto quella che, forse, rimarrà il mio unicum, perché difficile equiparare quello che quella poesia ha rappresentato, e rappresenta, nella mia vita
Uno tsunami di amore ed emozioni mi ha travolto, ogni persona che la leggeva sentiva la necessità di scrivermi, di farmi sapere cosa quelle parole avessero rappresentato per lei. È stata tradotta in 22 lingue, trasformata in video, recitata da attori e diventata un murales, ma per me è stata l’inizio di una rinascita, dopo un periodo non proprio facile, dopo i quattro ricoveri di mio marito, è come se la primavera fosse arrivata e mi avesse presa per mano, dimostrandomi che ce l’avrei fatta a superare anche quel lungo inverno, e così è stato.
Purtroppo non siamo ancora riusciti a sconfiggere il virus, come avevo sperato accadesse, la situazione è ancora lontana dalla normalità, ma io ci credo, credo davvero che ne usciremo e riusciremo a tornare a quella normalità che tanto ci era sembrata scontata e banale. Perché la vita ci insegna questo, nemmeno la più lunga delle notti potrà impedire al sole di risorgere, l’importante è l’insegnamento che riusciamo a trarre da ogni situazione, anche da quelle più drammatiche. E come noi riusciremo presto a fare un secondo trapianto di rene, ne sono certa, usciremo da questa maledetta guerra.