Piacenza si è fermata per dare l’ultimo saluto ad Aurora, la bambina di tredici anni, deceduta dopo essere caduta dall’ottavo piano, e per la cui morte è accusato di omicidio volontario l’ex fidanzato di anni 15, che è rinchiuso nel carcere minorile di Bologna, grazie ad un super testimone che lo ha visto, “lei tentava di aggrapparsi alla ringhiera, lui l’ha colpita sulle mani, fino a quando non è caduta”.
A Modena una 15enne decide di togliersi il velo e viene picchiata a scuola dalle compagne. Tre 15enni di origine marocchina indagate per stalking e lesioni: avrebbero preso di mira la coetanea con atti di bullismo, poi sfociati in un episodio di violenza fisica. A Roma una bambina di dodici anni, frequentante la scuola media, ha accoltellato un suo compagno, colpevole di avere fatto la spia alla professoressa su di un compito copiato dalla 12enne, e, dopo, in lacrime, ha chiamato i carabinieri. Adesso si trova ai domiciliari perché per la sua giovane età, minore di anni 14, non è imputabile.
Che cosa hanno in comune questi tre episodi, a parte la diversa conclusione, sfociata per la piccola Aurora nella sua tragica morte, che se verrà confermata dai giudici, si trasformerà in omicidio? L’età dei carnefici che si è pericolosamente, drasticamente ed inesorabilmente abbassata.
Viene per forza di cosa da fermarsi a riflettere, perché quando a compiere un gesto così terrificante, come solo la morte può essere, è un poco più che bambino l’unica domanda da farsi è: dove stiamo sbagliando? Possiamo fare qualcosa per invertire questa tendenza come genitori e come adulti? Perché quello che colpisce in questi ragazzini spesso è la premeditazione, la mancanza di accettazione di un rifiuto, il non saper gestire le emozioni, il dolore, o un pensiero diverso dal proprio. Tu mi lasci? io ti cancello. Tu fai la spia? Io ti accoltello. Tu decidi di toglierti il velo, esercitando un tuo sacrosanto diritto in merito alla religione da abbracciare, ed io, prima di stalkerizzo, poi ti minaccio, ed infine ti picchio per farti cambiare idea.
Se penso agli ultimi istanti di vita di Aurora non posso che soffrire insieme a lei e alla sua famiglia, visto che i campanelli d’allarme e le denunce a chi di dovere erano state fatte, eppure questo ex fidanzato è stato lasciato libero di appostarsi sotto casa della vittima, è stato lasciato libero di picchiarla davanti a testimoni, è stato lasciato libero di sentirsi Dio e di decidere della vita altrui, perché la vita di quella bambina è stata spezzata, e l’esistenza di quella famiglia rovinata per sempre.
Ma voi ve li ricordate i vostri dodici anni? Io mi ricordo che quando litigavo con qualche compagno o compagna il massimo della vendetta che sognavo di intraprendere era quella sui capelli, sognavo di rasare tutti a zero, che poi tra il sognarlo ed il farlo è sempre intervenuta la ragione, ed è sempre e solo rimasto un sogno. Qui invece abbiamo una bambina che decide di lavare con il sangue quello che secondo le è un torto subito, la spia da parte di un compagno, c’è una premeditazione nello scegliere il coltello da portare a scuola, nel pianificare il momento dell’aggressione, per fortuna che subito dopo averlo fatto, forse grazie proprio alla giovane età e alla paura, ha avuto la lucidità di chiamare i carabinieri e di autodenunciarsi. Ma il danno ormai era stato compiuto, per fortuna non irreparabile. La madre intervistata ha detto che quella mattina nulla faceva presagire quello che, invece, da lì a poco, sarebbe accaduto: “Era come gli altri giorni, il papà l’ha accompagnata come faceva tutte le mattine, la scuola è al di là della via Appia, una strada trafficata, pericolosa, abbiamo sempre preferito che venisse in auto con noi. Oggi, quando si è svegliata era assolutamente normale, non c’era nulla che potesse far presumere quello che è successo, una tragedia di cui non sappiamo darci una minima spiegazione”.
E queste parole forse, colpiscono ancora di più, la mancanza di segnali, la mancanza di dialogo, cosa sta succedendo alle nuove generazioni?
C’è un’emergenza di cui dobbiamo prendere atto? lo abbiamo chiesto alla dottoressa, psicologa e criminologa Roberta Bruzzone, che ha preso spunto dalla vicenda più terribile, quella della morte di Aurora.
Dottoressa perché l’età per commettere dei reati così gravi si é così pericolosamente abbassata, cosa possiamo fare come genitori e adulti per fermare questa escalation di violenza?
La vicenda di Aurora scoperchia definitamente un vaso di Pandora che ormai è stracolmo, le problematiche legate al disagio in età adolescenziale sono ormai sotto gli occhi di tutti nonostante siano ancora ostinatamente sottovalutate. Moltissimi genitori e purtroppo moltissime istituzioni non riescono non solo a leggere dei segnali che sono manifesti evidenti ed inequivocabili, addirittura poi in qualche modo li derubrica ad aspetti legati alla giovane età, quando in realtà sono segnali evidenti di personalità malevola ampiamente strutturata. La sottovalutazione di certe condotte e di certi atteggiamenti legati al possesso e al controllo e a tutta una serie di meccanismi volti ad impedire alla vittima di uscire da questo tipo di relazioni non conoscono limiti, né geografici, né anagrafici, come mostrano chiaramente gli ultimi fatti cronaca e indubbiamente è il segnale di un paese che sta sprofondando nelle sue radici patriarcali e nella totale inconsistenza di una classe genitoriale che, evidentemente, non ha saputo né crescere né educare i propri figli.
Quindi siamo di fronte ad un’emergenza emotiva?
Per essere più chiari siamo seduti su una polveriera, quello che stiamo osservando oggi è l’inizio di una catastrofe relazionale che investirà un’intera generazione.