“Concedetevi una vacanza intorno a un filo d’erba, concedetevi al silenzio e alla luce, alla muta lussuria di una rosa”. Prendo in prestito le parole di Franco Arminio per raccontare il cammino delle “Ragazze in Gamba” della Rete Nazionale Donne in Cammino che hanno attraversato l’Italia partecipando al progetto della “Staffetta Letteraria Pellegrina” sulla Via Francigena. È stato un percorso di scrittura di viaggio collettivo e al femminile che ho ideato per accompagnare il viaggio del “Road to Rome 2021” della Associazione Europea delle Vie Francigene. Dal 3 agosto al 18 ottobre ad ogni tappa del cammino una delle partecipanti del gruppo social “Ragazze in Gamba” ha scritto un capitolo del “Diario delle Ragazze in Gamba sulla Via Francigena” e poi lo ha passato, come un testimone di una staffetta, ad un’altra camminatrice. Ne è emerso un racconto a più voci, da più punti di vista, di uno stesso viaggio, il Road To Rome, che è stato abbracciato dallo sguardo narrante di ogni autrice della Staffetta Letteraria Pellegrina.
Il progetto di scrittura è stato caratterizzato dall’essere principalmente una operazione culturale offline, ovvero realizzata nella realtà: abbiamo tutte scritto a turno su un unico diario di carta e con la nostra calligrafia, componendo un’opera insieme attraverso l’Italia. Ho considerato che questo ritorno alle origini potesse rappresentare un approccio rivoluzionario tanto quanto lo è il viaggio lento, a piedi. Camminare e scrivere sono stati due modi per affidarsi ai rapporti reali e attivare relazioni interpersonali più autentiche.
Il diario è stato il “filo d’erba” di cui parla Arminio attorno a cui ci siamo concesse molto più di una vacanza. Ci siamo donate un cammino che resterà. Ecco perché ho deciso di raccogliere in alcune interviste per DiLei le storie delle “Ragazze in Gamba” che hanno preso parte all’iniziativa. La prima #bellastoria in cammino è di Daniela De Sanctis, una giornalista che collabora come “Reporter in Gamba” con la Rete Nazionale Donne in Cammino prestando la sua penna per raccontare alcuni dei progetti che seguiamo, come Va’ Sentiero, e dei cammini che promuoviamo.
Daniela, che tappe del Road To Rome 2021 hai percorso?
Ho iniziato a camminare con il Road to Rome da Lecce, il 15 ottobre, a quattro giorni dall’arrivo del gruppo a Santa Maria di Leuca. Il progetto iniziale era di partire da Bari, ma un problema ad un ginocchio mi ha fatto temere di non poter partecipare e, oggi, abbraccerei il mio ortopedico, perché la sua infiltrazione (dolorosissima) e la mia determinazione mi hanno regalato un’esperienza che mi ha riempito di carica vitale. In quattro giorni abbiamo percorso a piedi più di cento chilometri, traversando la terra salentina e le sue meraviglie, con tappe a Martano, Otranto, Vignacastrisi/Tricase. Ma più che i chilometri userei, come unità di misura di questi giorni, gli incontri. Continui, intensi, ritrovando finalmente il piacere di comunicare in altre lingue e di conoscersi senza barriere. Camminare ti proietta immediatamente in una dimensione di essenzialità, elimina le tossine fisiche ma soprattutto quelle interiori. Quando prepariamo lo zaino mettiamo solo quello che ci serve veramente. Allo stesso modo, quando camminiamo ci ritroviamo in pochi minuti a parlare delle cose davvero importanti della nostra vita, di quello che siamo veramente. Il resto è appesantimento. Lo stesso vale per le persone dei vari luoghi: ti vedono a piedi con lo zaino e sono immediatamente ben disposte, aperte, incuriosite e, spesso, stupite.
In questa occasione, poi, il potere armonizzante del cammino valeva doppio, perché il progetto della Staffetta Letteraria Pellegrina mi ha fatto lavorare insieme a delle Ragazze in Gamba che, nel migliore dei casi, avevo conosciuto solo sui social e con cui mi sono immediatamente identificata – al di là di età e provenienza – per la convinzione disinteressata che ci ha spinto tutte a passarci il testimone. Ho camminato con Jennifer ed Eva, che avevano partecipato ad alcune tappe in Toscana o nel Lazio e sono tornate per le giornate conclusive, con Joanne, che ha percorso tutta la Francigena da Roma camminando 37 giorni, con Daniela, con cui ho condiviso, fianco a fianco, gli ultimi metri, sotto la pioggia, proteggendo il Diario sotto le giacche impermeabili, in un clima di festa, nostalgia e grandissima emozione. E, ancora, Maria, 67 anni, che ospita nella sua casa “solo pellegrini simpatici”; Teresa, che con l’Associazione InItinere dedica tempo libero all’assistenza e all’accoglienza di chi percorre questo tratto della Francigena e il Cammino Materano. Ogni giorno se ne aggiungevano altre, a un certo punto ho perso il conto.
Nel mio caso specifico, c’è addirittura un terzo livello di condivisione perché ha partecipato anche mio marito, Mauro, come me appassionato di trekking e outdoor. Non è frequente, lo vediamo da anni, camminare in una dimensione di coppia. Per noi ogni giornata è stata un arricchimento moltiplicato, perché ognuno dei due parlava con persone diverse, viveva momenti diversi, scopriva particolari che l’altro non notava e la sera ci raccontavamo tutto. Contemporaneamente, ognuno sapeva che l’altro c’era sempre: io l’ho affiancato, arrivando a Otranto quasi al tramonto, quando lui ha avuto bisogno di fermarsi per un problema ad un piede. Lui, nonostante non abbia la mia passione per la fotografia, si è fatto in quattro per realizzare immagini e video con cui, la sera, cercavo di condividere sui social le emozioni della giornata.
Perché hai aderito alla Staffetta Letteraria Pellegrina? Cosa ti ha spinto?
Sono giornalista e da qualche tempo ho abbandonato un lavoro fisso in cui frequentavo ambienti istituzionali e seguivo temi economici per scrivere solo di quelli che mi interessano maggiormente: montagna, cammini e trekking, outdoor, gender gap. Quindi l’idea della staffetta ha messo insieme passioni per me vitali: scrittura, cammino e condivisione. Non potevo non aderire. Ma c’è di più: nella Staffetta Letteraria Pellegrina la dimensione individualista del classico Diario – destinato a non essere letto da nessuno, a volte nemmeno da chi lo scrive – viene completamente rovesciata: tutte lo scrivono, tutte lo leggono e quelle che non hanno partecipato potranno un po’ vivere anche loro questo percorso. Che è un percorso culturale, naturale, geografico ma, prima di tutto, è un percorso di tante interiorità armonizzate. Anche quando non era il nostro turno di scrittura facevamo squadra, camminavamo insieme, ci scattavamo foto… E questo senso di armonia e collaborazione non riguardava solo noi del gruppo Ragazze in Gamba. Era qualcosa di diffuso. Ho avuto la responsabilità di riportare il Diario delle Ragazze in Gamba a Roma, in quella che ho definito la Road (back) to Rome.
Come si svolgevano le giornate di cammino? Raccontaci, a titolo di esempio, una delle giornate che hai amato di più vivere in questi giorni
Ogni giornata ha avuto una storia a sé. La mattina c’era il rito della ricomposizione dello zaino e alle 7:30 ci si rimetteva in marcia, cosa che a volte ha reso anche difficile fare colazione. Si riprendeva immediatamente a parlare, ci si abbracciava con chi, magari, non si era visto a cena. L’atmosfera gioiosa ripartiva subito. Camminando, ogni tanto i nostri passi erano interrotti e diretti da Myra Stals social media manager della Associazione Europea delle Vie Francigene, che faceva dirette e riprese per i social, e da Sharon Di Cinci, videomaker di un team che ha documentato l’intero percorso. Tutti collaboravano e abbiamo riso come ragazzini quando ci siamo radunati su scale e piazze per le foto di gruppo sempre più affollate o quando ci siamo tutti sdraiati a terra per farci riprendere dal drone. Lungo il cammino ci siamo sempre fermati per almeno un paio di incontri nel territorio, perché il Road to Rome ha scatenato una gara di accoglienza da parte di istituzioni e associazioni locali. Abbiamo così incontrato tantissimi pugliesi innamorati della loro terra e impazienti di condividerne il meglio e che hanno organizzato per noi spettacoli all’aperto, degustazioni, visite guidate. A Giurdiniano il Sindaco ha aperto una cripta bizantina e il Vicesindaco ce ne ha illustrato diffusamente gli affreschi. Erano due delle tante donne in gamba incontrate sui nostri passi, come quella che ha portato un’intera classe del liceo di Tricase ad incontrarci a pochi chilometri dall’arrivo a Leuca. La cosa più bella era parlare con le persone che ci seguivano solo per una tappa e si facevano in quattro per svelarci i segreti della loro terra. Porto nel cuore il ricordo di Salvatore Micolani, che mi ha raccontato la storia dell’olio lampante. L’olio per lampade migliore al mondo, prodotto solo dagli ulivi di qui. Finché non è arrivata la corrente elettrica, molte case d’Europa hanno avuto luce grazie a questi alberi che non venivano potati e ora svettano, più alti di tutti, nel cielo.
È stato più forte il desiderio di camminare o di scrivere? Che relazione c’è tra la scrittura e il cammino per te? Scrivere a mano, su un diario, in modo condiviso, come lo hai vissuto?
Quando vivo qualcosa di bello ho bisogno di raccontarlo con la scrittura e il cammino, il viaggio, sono sempre qualcosa di bello. La gara di accoglienza ci ha portato spesso a concludere le tappe a ridosso del tramonto. I momenti di pausa, quindi, non sono stati molti, così talvolta scrivevo il Diario sul sentiero, rubando qualche minuto alle brevi soste, ma più spesso lo facevo la sera, a letto, e – l’ho saputo dopo – come me molte altre. Spesso era una lotta con la stanchezza, ma il ritmo rallentato della scrittura a penna mi portava a rivivere la giornata, a coglierne l’essenziale, accrescendo ancora il senso di stupore e gratitudine per tutta la bellezza – dei luoghi e delle persone – che avevamo incontrato nelle ore precedenti. Così alla fine arrivavano sulla carta soprattutto le emozioni. La penna era il nostro drone, invece di riprenderci dall’alto ci ha ripreso da dentro. Mentre i blogger inviavano post con gli smartphone, noi “Ragazze in Gamba” ci ritrovavamo la sera, sole con la pagina e con la penna, recuperando la riflessione grazie alla lentezza, così come avviene nell’atto del camminare.
Le parole chiave dell’evento sono state tre: ripartenza, patrimonio, Europa. Quale di queste hai sentito più tua?
Io sono una ragazza in gamba quasi della prima ora, dal luglio 2019, e – come molte di noi – senza la community non avrei, probabilmente saputo nulla della Road to Rome. Invece così sono stata una parte, piccolissima, di un tutto in cui mi riconosco profondamente: attraversare in gruppo, a piedi, tre Paesi invita a ripartire – in tutti i sensi – dopo tanta immobilità, aiuta a sentirci cittadini di un’Europa in cui mettere in comune i propri tesori e le proprie identità – senza annullarli ma, al contrario, valorizzandoli – e contribuisce non solo allo sviluppo locale, ma a recuperare l’orgoglio del proprio territorio, perché hai qualcuno che lo percorre con lentezza e non si ferma solo nei luoghi più famosi. In alcuni tratti che ho attraversato questa convinzione deve ancora arrivare (e credo che il Road to Rome abbia seminato moltissimo, al riguardo). In altri ci credono e si attivano, senza attendere interventi superiori. Penso, per esempio, a Cannole, dove sono passata nel mio secondo giorno di cammino e dove un gruppo di volontari, capitanati dall’inarrestabile Fabio Stomaci, ha non solo ripulito, ma caratterizzato il tratto di Francigena utilizzando materiali di recupero, colori e, soprattutto, tanta passione. Sono convinta che entro breve tempo le loro panchine arcobaleno, con frasi augurali sul Cammino, si vedranno nelle guide turistiche come le case della Boca a Buenos Aires. Oltre a queste tre parole, che sento tutte profondamente mie, direi che c’è un’altra parola chiave di questa avventura, ed è inclusione. Non dimenticherò mai l’incontro con Adriano Bolognese, che ci ha accompagnati da Martano a Cannole spingendo a braccia la sua sedia a rotelle. Non so come sia diventato, da campione di sport, disabile, ma so che invece di chiudersi in se stesso e prendersela con il mondo ha fondato un’Associazione sportiva dilettantistica, “Mollare Mai”, che si dedica a stimolare i disabili a praticare sport e a creare migliori condizioni di accessibilità alle attività fisiche. Rientra in questo il progetto, per cui si sta battendo strenuamente, di rendere la Francigena percorribile dalle carrozzine. Ma penso anche ad Alessio Tomarella e Massimo Pedersoli, che hanno camminato per 3.200 chilometri a scopo benefico per la fibrosi cistica. Penso a una bambina con la sedia a rotelle rossa di cui ho letto nel Diario, Giorgia, che nella tratta da Viterbo a Roma ha realizzato il sogno di percorrere la Francigena come una pellegrina normale.
Raccontaci una storia di una donna che hai incontrato in questi giorni di cammino
Ce ne sarebbero tante, ma ne racconto solo due, un po’ agli estremi. Una è quella di Myra, l’unica donna ad aver percorso integralmente le 127 tappe da Calais a Santa Maria di Leuca. Ogni giorno riprendeva i nostri passi e diffondeva il nostro cammino tramite social in diverse lingue. Noi ci fermavamo e lei lavorava. Sembrava inossidabile, instancabile, ma sui gradini della chiesa, subito dopo l’arrivo, è scoppiata a piangere, e la sua è stata un’emozione compresa da tutti, l’abbiamo circondata e applaudita, avremmo voluto abbracciarla tutti insieme. Olandese poliglotta, prima della Road to Rome ha percorso l’Europa in bicicletta raccogliendo plastica per incentivare il riciclo. A Vignacastrisi ho incontrato il suo opposto: una donna che poteva avere 60 anni come 80 e appoggiata al muretto del suo giardino continuava ad attirare gentilmente la mia attenzione verso il cartello variopinto del loro alloggio turistico, la casa Oltremare. Diceva una sola parola, pubblicità, forse convinta che non fossi italiana, ma anche lei, che forse non si era mai mossa dal suo paese, aveva colto le potenzialità del nostro passaggio.
Quale è secondo te il motivo del grande seguito raggiunto da questo progetto?
Dal punto di vista dei territori attraversati, sicuramente la possibilità di sentirsi ascoltati e valorizzati. C’è un’Italia attiva che si rimbocca le maniche, che arriva lì dove le amministrazioni non arrivano, che dà senza chiedere, un’Italia orgogliosa della propria bellezza e stanca di vederla trascurata. Chi ha accolto con generosità i pellegrini della Road to Rome lo ha fatto perché crede in un Paese diverso da quello descritto nei telegiornali. Dal punto di vista dei camminatori, credo che questa grande, e soprattutto sentita, adesione (si parla di 3500 persone) abbia un motivo molto semplice: le persone hanno fame di orizzonti. Di spazi esterni ampi, ma soprattutto di un senso del proprio stare al mondo. Con tutti i messaggi di divisione da cui siamo bombardati, Road to Rome e, analogamente, la Staffetta Letteraria, sono andati nella direzione dell’unità, hanno proposto un progetto corale cui collaborare ognuno per quello che poteva. Hanno consentito di rafforzare la propria individualità e di sentirsi parte di un tutto. I borghi, la natura, i paesaggi umani e le persone erano magnifici, ma se non avessimo camminato tutti insieme, se non avessimo saputo che ogni nostro passo contribuiva nel suo piccolo a un grande obiettivo comune, non sarebbe stato altrettanto appagante.