Dopo una breve malattia, è morta a 87 anni Giovanna Marini, una delle più autorevoli cantautrici, “cantastorie” amava definirsi, del panorama musicale italiano. Raccontando l’Italia dei più poveri e portando avanti battaglie sociali a ritmo di musica, ha collaborato con i più grandi artisti dello Stivale per mantenere viva la tradizione del canto popolare.
Giovanna Marini, una vita dedicata alla musica
Giovanna Marini nacque a Roma, il 19 gennaio del 1937. In famiglia si parlava “soltanto di musica”. Il padre, Giovanni Salviucci, era un compositore allievo del grande Ottorino Respighi. La madre, Ida Parpagliolo, era un’insegnante di musica. Giovanna si diploma in chitarra nella stessa scuola del papà, il Conservatorio di Santa Cecilia, e inizia a studiare la tradizionale musicale italiana, quei canti popolari che già all’epoca erano in via d’estinzione. “Le canzoni sono si trovano sui libri” le dirà Pier Paolo Pasolini: e lei ne fece il mantra della propria vita, riportando alla luce i tesori nascosti della tradizione orale.
Da Dario Fo a De Gregori, le collaborazioni con i più grandi
Il primo spettacolo cui Giovanna Marini prendere parte si chiama Bella ciao, è il 1964. In seguito, partecipa alla composizione del Nuovo Canzoniere Italiano, con cantautori politicamente impegnati come Paolo Pietrangeli e Ivan Della Mea. Con Dario Fo scrive le canzoni dello spettacolo Ci ragiono e ci canto. Lavora poi con Francesco Guccini, con l’amico Pasolini, Citto Maselli e Ascanio Celestini.
La collaborazione che l’ha resa famosa anche al grande pubblico è quella con Francesco De Gregori, con cui nel 2002 incide l’album Il fischio del vapore, un riadattamento della canzone popolare e politica della tradizione. Il tour che seguì al disco fu un successo internazionale, menzionato persino dal prestigioso quotidiano francese Le Monde. “Con Francesco De Gregori a 65 anni ho scoperto l’hit parade. – aveva commentato lei – La classifica, chi ci pensava? Addirittura, ne ignoravo l’esistenza. Francesco e io pensavamo che questo lavoro l’avremmo ascoltato solo noi. Invece il 2002 è stato un anno fortunato per me. Faccio dischi da 40 anni, ma non se n’era accorto nessuno”.
Gli ideali prima del successo
All’hit parade Giovanna Marini non pensava, il suo obiettivo era un altro. Marini voleva raccontare l’Italia reale, non quella patinata. “Cercavo i suoni, ho trovato le persone” ha detto. Il sogno di salvare canzoni dall’oblio, di trasformare la musica in strumento politico, si realizza all’Istituto Ernesto De Martino. Poi con la fondazione della Scuola Popolare di Testaccio a Roma e, ancora, con gli insegnamenti di etnomusicologia applicata al canto tradizionale orale. “La canzone è di tutti, dà voce a chi non ne ha” diceva alla presentazione del documentario a lei dedicato, Giovanna, storie di una voce.
Arriva il successo, ma lei non ci fa neppure caso. Dalla grande Roma si trasferisce nella più tranquilla Frascati e dedica gli ultimi anni ai giovani, cui insegna quello che l’industria musicale ha scartato. Perché per lei la musica era l’anello in grado di unire la classe operaia e l’élite intellettuale, e perché “la storia raccontata dalla gente è tutta un’altra storia”.