Sindrome di DiGeorge: cos’è, come si presenta e perché va riconosciuta

La sindrome DiGeorge è una malattia generica legata a una microdelezione del cromosoma 22: ci sono più di 200 sintomi associati ad essa

Pubblicato:

Federico Mereta

Giornalista Scientifico

Laureato in medicina e Chirurgia ha da subito abbracciato la sfida della divulgazione scientifica: raccontare la scienza e la salute è la sua passione. Ha collaborato e ancora scrive per diverse testate, on e offline.

Ci sono malattie rare che occorre conoscere meglio. Anche perché tendono a presentarsi con una serie di problematiche varie, a volte diverse anche nella stessa persona in certi periodi della vita. È il caso della sindrome di DiGeorge, malattia genetica legata alla delezione (quindi alla perdita e conseguente mancanza) di una piccola porzione del cromosoma 22. Questa condizione non appare particolarmente rara, ma si parla soprattutto di stime e che la diagnosi non sempre arriva. (Per informazioni sulla sindrome digeorge.it).

Perché nasce e come si potrebbe riconoscere

La sindrome di DiGeorge, come detto, è legata ad una microdelezione del cromosoma 22, con conseguente perdita di alcuni geni localizzati proprio su questo cromosoma. L’anomalia cromosomica è a carico del braccio lungo del cromosoma 22, nella zona q11.2. Queste caratteristiche spiegano anche come potrebbe essere possibile individuare le persone portatrici dell’anomalia.

È necessario un test genetico, che si può effettuare grazie ad un prelievo di sangue. Va comunque detto che non si tratta di un test obbligatorio nell’ambito degli screening al momento della nascita, quindi occorre osservare la situazione nel tempo, pur essendo la malattia estremamente complessa e multiforme nelle sue presentazioni. Anche per questo a volte arrivare alla diagnosi non è semplice, considerando soprattutto che in certe condizioni i sintomi e i segni del quadro tendono a presentarsi avanti col tempo.

Quando si sospetta e come si affronta

Sono più di 200 i sintomi e i segni potenzialmente associabili alla sindrome di DiGeorge.  Si va da quadri di difetti congeniti del cuore, come la tetralogia di Fallot che mette subito in guardia, fino ad anomalie della formazione del palato e del viso con alterazioni nel processo di sviluppo della mandibola, quindi con ipoplasia.

In altre circostanze la situazione è ben più complessa. Si parla ad esempio di quadri caratterizzati da una diminuzione significativa del calcio disponibile nel sangue, quindi con ipocalcemia con coinvolgimento di alterazioni dello sviluppo delle ghiandole paratiroidi, o di quadri di immunodeficienza associati ad uno sviluppo incompleto del timo.

Ancora. In certe situazioni possono essere presenti anomalie della colonna vertebrale, con la comparsa di scoliosi. Il tutto, associato potenzialmente a problematiche legate a difficoltà nell’apprendimento e con un potenziale incremento del rischio di manifestare disturbi di tipo psichiatrico nell’adolescenza e addirittura ad un maggior rischio di sviluppare una malattia di Parkinson ad esordio precoce.

Ovviamente, vista la molteplicità dei sintomi e dei segni e il potenziale mescolarsi di quadri che si alternano, la diagnosi è il primo, fondamentale passaggio per pensare alla terapia, che deve essere studiata caso per caso anche in base al tipo di coinvolgimento dei diversi apparati. Possono infatti esistere quadri in cui la sindrome di DiGeorge si può considerare completa, con pesanti ripercussioni sulla funzionalità del sistema immunitario, in cui è basilare agire immediatamente.

Ma più in generale occorre affidarsi innanzitutto al proprio pediatra per parlare di eventuali problematiche ed essere indirizzati a centri dedicati. Importante è quindi che in caso di diagnosi la gestione sia affidata ad un’equipe multidisciplinare e che il paziente viene preso in carico all’interno di strutture specializzate.

Le indicazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a scopo informativo e divulgativo e non intendono in alcun modo sostituire la consulenza medica con figure professionali specializzate. Si raccomanda quindi di rivolgersi al proprio medico curante prima di mettere in pratica qualsiasi indicazione riportata e/o per la prescrizione di terapie personalizzate.

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