Ipovisione: cos’è, sintomi, come trattarla

L'ipovisione è una condizione di ridotta capacità visiva che non può essere completamente corretta con occhiali, lenti a contatto o interventi chirurgici, causando difficoltà nello svolgimento delle attività quotidiane

Pubblicato: 4 Giugno 2024 14:36

Chiara Sanna

Ottico

Diplomata in Ottica e Optometria, è abilitata ed esercita la professione di Ottico, affiancandola al proseguimento dei suoi studi in Scienze Infermieristiche.

Con ipovisione si intende una condizione di capacità visiva molto limitata, condizione tremendamente invalidante per chi ne soffre. Ad essere affetti da ipovisione sono in genere gli anziani tra i 65 e gli 84 anni di età.

Se non trattata efficacemente, l’ipovisione potrebbe degenerare fino al raggiungimento di una permanente condizione di cecità, parziale o addirittura totale.

L’ipovisione – assieme alla cecità funzionale, alla cecità legale e alla cecità – fa parte di quelle malattie considerate come “deficit visivi” e, di conseguenza, può essere classificata come grave (con residuo visivo non superiore a 1/10 in entrambi gli occhi o nell’occhio migliore anche con correzione – residuo perimetrico binoculare inferiore al 30%), medio-grave (con residuo visivo non superiore a 2/10 in entrambi gli occhi o nell’occhio migliore anche con correzione – residuo perimetrico binoculare inferiore al 50%), lieve (residuo visivo non superiore a 3/10 in entrambi gli occhi o nell’occhio migliore anche con correzione – residuo perimetrico binoculare inferiore al 60%).

Quali sono le cause e i fattori di rischio dell’ipovisione

Quando si ha a che fare con l’ipovisione, dal punto di vista medico, è necessario andare subito a individuarne le cause, cioè cosa ha portato la persona a perdere gradualmente parte della vista. L’ipovisione è infatti al terzo posto, dopo l’artrite e le patologie cardiovascolari, tra le cause di perdita dell’autonomia e di necessità di assistenza nelle attività quotidiane.

Le cause variano da paese a paese e dipendono dalle condizioni economiche e dall’efficienza del servizio sanitario. Si distinguono in:

Nei paesi sottosviluppati, oltre a quelle citate in precedenza, la principale causa di ipovisione è la cataratta, trattata da anni con successo nel mondo occidentale, seguita da:

I soggetti di età superiore ai 65 anni, che costituiscono circa l’80% di questi pazienti, sono maggiormente colpiti dall’ipovisione; in Italia, l’incidenza di ipovisione sfiora una percentuale del 2-3%.

Quindi, in genere, l’ipovisione in quanto “condizione e non patologia” non è mai fine a sé stessa, si riscontra sempre come effetto secondario o correlato a patologie che, di per sé, diminuiscono drasticamente la quantità e la qualità della visione:

Riconoscere i sintomi dell’ipovisione

Secondo la classificazione del GISI (Gruppo Italiano Studio Ipovisione), l’ipovisione può essere legata alla perdita di 2 tipi di visione:

Diagnosticare l’ipovisione

Lo specialista deputato al trattamento dell’ipovisione è l’oftalmologo, il quale sottoporrà il paziente ad alcuni esami atti a testare l’acuità visiva da vicino e da lontano, l’errore di rifrazione, la sensibilità al contrasto, la velocità di lettura, l’ampiezza del campo visivo, la capacità di visione del colore e la sensibilità all’abbagliamento improvviso.

Al fine di porre una corretta diagnosi di ipovisione, in base al tipo di deficit visivo, bisogna sottoporsi a specifici esami strumentali:

La terapia più adeguata dell’ipovisione

Nel caso in cui i precedenti esami cui l’oftalmologo ha sottoposto il paziente abbiano condotto lo specialista ad una diagnosi di ipovisione, il paziente dovrà essere informato circa la lieve possibilità di recuperare anche solo parzialmente la propria capacità visiva originaria.

I metodi correttivi proposti dall’oftalmologo dipenderanno in sostanza da due criteri principali: se il paziente presenta ridotta acuità visiva si utilizzeranno ausili – ottici o non ottici – per l’ingrandimento delle immagini; se il paziente presenta una riduzione del campo visivo si utilizzeranno ausili ottici per un apparente ampliamento dell’angolo.

Inoltre, sempre su indicazione dell’oculista, un grande aiuto è fornito dagli ortottisti che rivestono un ruolo molto importante nell’ambito della riabilitazione visiva, eseguendo esami diagnostico-strumentali e insegnando al paziente a sfruttare il proprio residuo visivo tramite l’utilizzo di ausili ottici e visual training. Infatti, mentre nel paziente non vedente non è più possibile un recupero della funzionalità visiva, nell’ipovedente è possibile sfruttare aree di retina ancora sane per migliorare, per quanto possibile, la qualità della vita del paziente”. 

A tal proposito l’oculista può prescrivere ausili visivi:

La riabilitazione visiva

In Italia, fino a non molti anni fa, non esisteva una cultura della riabilitazione visiva. Questa cultura è stata uno sviluppo necessario dopo che l’OMS – nel 2010 – ha pubblicamente dichiarato la continua e progressiva crescita dei casi di ipovedenti non soltanto nel nostro paese, ma nel mondo intero, arrivando a raggiungere più di 246 milioni di casi a livello globale. Questa dichiarazione ha obbligato i Sistemi Sanitari di tutti i paesi ad una vera e propria presa di coscienza: non sono necessari soltanto interventi di profilassi e terapia, ma anche e soprattutto di riabilitazione del soggetto ipovedente.

Un soggetto che abbia sviluppato una condizione di ipovisione si trova ad essere catapultato in un mondo che non gli appartiene, pregno di difficoltà e pericoli che prima non doveva considerare; un mondo in cui anche le più semplici azioni quotidiane ora appaiono impossibili da svolgere.

Per questo motivo, la riabilitazione visiva deve porsi a completamento della terapia ottica, in modo da sostenere – anche psicologicamente – il paziente ipovedente, aiutandolo con metodi personalizzati a adeguarsi e ad orientarsi nel mondo in qualità di ipovedente.

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963