Un caso che ha scavalcato i confini di un Paese, il Regno Unito, per approdare con forza in quelli di un altro, l’Italia. Uno scontro tra modelli sanitari, modelli giudiziari e ideologie. Ma quello che conta alla fine è che al centro della questione c’è la vita di una bambina, una neonata, Indi Gregory, di appena 8 mesi, affetta da una malattia incurabile, secondo quanto affermano i medici che se ne occupano dalla nascita. Nell’occhio del ciclone i genitori della piccola, che, con forza, si oppongono alla decisione dei giudici che hanno dichiarato lo stop al supporto vitale di Indi.
A nulla sembra essere valso l’intervento dell’Ospedale pediatrico Bambin Gesù di Roma, che si è offerto di continuare le cure, o la tempestiva cittadinanza italiana consegnata alla piccola per permetterle il passaggio da uno Stato all’altro. La decisione del giudice sembra inamovibile. Rimane una tenue speranza, ancora di salvezza dei genitori della piccola.
Indi Gregory: i genitori non si arrendono
Dean Gregory e Claire Staniforth. Sono questi i nomi dei genitori di Indy Gregory, la piccola di appena 8 mesi affetta da una gravissima patologia mitocondriale che medici e giudici britannici ritengono incurabile e che le ha valso la “condanna” da parte dei tribunali d’oltre Manica. In un primo momento avevano disposto lo stop dell’alimentazione giovedì 9 novembre “non prima delle 14:00”, contro la volontà e le speranze dei genitori. A poco tempo dallo scadere dell’ora limite, questo è stato posticipato di due ore.
Poi il rinvio: lo stop ai supporti vitali a Indi Gregory è stato spostato a venerdì 10 novembre. Questo in attesa che la Corte si pronunciasse sull’ultimo ricorso, quello presentato questa mattina dal console italiano a Manchester, Matteo Corradini, in qualità di giudice tutelare della bambina di 8 mesi. A comunicarlo i legali della famiglia Gregory. L’udienza, che ha avuto luogo alle ore 12:00, ha visto un nuovo “no” presentato alle richieste dei due genitori.
Le macchine che tengono artificialmente in vita Indi Gregory saranno staccate sabato. I giudici, nell’ultimo verdetto, hanno indicato lunedì 13 novembre come termine massimo, ma già in mattinata la bambina inglese di otto mesi, affetta da un male incurabile, sarà trasferita in un hospice. “Siamo distrutti e disgustati, oggi la porteranno in quell’inferno e il suo arcobaleno si spegnerà per sempre”, ha dichiarato il padre Dean.
A nulla è valsa negli scorsi giorni e ricorsi l’offerta dell’ospedale Bambino Gesù di Roma di continuare ad assisterla. Il giudice Robert Peel, oltre a negare il trasferimento nella struttura sanitaria italiana, ha anche negato alla famiglia il diritto di poterla portare a casa, nel Derbyshire, per l’ultimo saluto. Peel ha infatti indicato una clinica come il luogo più adeguato per l’assistenza nelle ultime ore. L’alternativa è lasciarla dove è ora ricoverata, nell’ospedale di Nottingham.
Le parole di dolore del padre di Indi Gregory
“È la cosa più disumana e crudele che abbiamo mai vissuto su questa terra”. Così ha parlato il padre della piccola, Dean Gregory, alla Bbc: “Sono solo concentrato sul salvare la vita di mia figlia e fare ciò che è nel migliore interesse di Indi. Il nostro sogno è quello di portarla in Italia, non merita di morire, è ancora una bambina che respira e le batte il cuore. Lei merita una possibilità. Ha un Paese che si offre di pagare per tutto: dobbiamo solo portarla lì, così non costerà nulla all’ospedale o al governo. Sappiamo che indi è una combattente, lei vuole vivere, e non merita di morire”, ha affermato ancora il papà della piccola in un video in cui ringrazia l’Italia.
L’unico spiraglio previsto dal dispositivo è l’indicazione secondo cui le macchine che garantiscono la sopravvivenza potranno essere spente “non prima delle 14 di giovedì”: per dar tempo di presentare quei ricorsi ulteriori che i Gregory hanno subito annunciato. Il giudice Peel, avallando la diagnosi dello staff medico di Nottingham, ha del resto escluso nei giorni scorsi che un trasferimento a Roma possa giovare alla neonata e contribuire a modificarne “in alcun modo la prognosi”. Prognosi legata a una condizione giudicata oltre Manica non solo incurabile, ma “terminale”: come nel precedente del piccolo Alfie Evans, protagonista 5 anni fa di una straziante vicenda quasi identica conclusa sull’isola con l’esecuzione del provvedimento d’interruzione del sostegno vitale delle macchine nonostante la concessione lampo della cittadinanza italiana, garantita all’epoca dal governo di Paolo Gentiloni, e gli interventi di papa Francesco.
La cittadinanza italiana a Indi Gregory
Risale a lunedì 6 novembre la concessione d’urgenza della cittadinanza italiana a Indi Gregory. Il governo di Giorgia Meloni ha invocato a gran voce le “ragioni umanitarie” dell’intervento. Ma tutto ciò non è bastato (per il momento) a modificare la sentenza britannica in base alla quale fin dalla settimana scorsa era stato dato ai medici il via libera ad avviare una modifica del protocollo di terapie palliative per accompagnare la piccola verso la fine: in nome del supposto “miglior interesse di Indi”, dei timori di prolungarne ipotetiche sofferenze, di un epilogo ritenuto comunque segnato.
Ora i genitori della piccola hanno un’ultima dolorosa chance: l’intervento formalizzato ieri su loro richiesta dal console italiano a Manchester, Matteo Corradini, il quale – avocando a sé per conto dell’Italia la funzione di giudice tutelare – “ha emesso un provvedimento d’urgenza, dichiarando la competenza del giudice italiano e autorizzando l’adozione del piano terapeutico proposto dall’ospedale Bambino Gesù e il trasferimento della minore a Roma“.