C’era un prima, a Chernobyl, fatto di persone, vite e sogni e quello che è successo alla centrale nucleare dell’ex Unione Sovietica il 26 aprile del 1986 ha cambiato tutto, per sempre. Dimenticare l’incidente, uno dei più gravi della storia dell’energia nucleare e dell’umanità intera, è impossibile.
A causa di una maledetta combinazione di errori di gestione e di controllo, tutto è mutato in pochi istanti. E il tempo, in questo caso, non ha potuto cancellare le conseguenze di un disastro che ha avvelenato il cielo, la terra e l’acqua. Che ha distrutto le vite di uomini e donne, di bambini e mamme, di persone di ogni età.
A Chernobyl, ormai, non ci vive più nessuno. Ci sono solo gli scienziati che studiano il miracolo della rinascita della natura che, ancora una volta, è diventata il simbolo della resilienza. Insieme a lei ci sono anche i cani, custodi dei ricordi indelebili che sopravvivono tra le macerie di una terra martoriata. Ed è proprio su di loro che le più recenti ricerche scientifiche si sono concentrate, perché i cani sopravvissuti a Chernobyl sono geneticamente mutati.
Cosa è successo ai cani di Chernobyl?
Le conseguenze del disastro nucleare sugli esseri umani le conosciamo tutti. Sappiamo bene cosa è successo agli uomini e alle donne che lì vivevano, prima e dopo. Quello che sta cercando di scoprire la scienza adesso, invece, è cosa è successo ai cani che ancora popolano questa terra a distanza di quasi 40 anni dall’incidente nucleare.
Gli animali vivono e sopravvivono in quell’ecosistema inaspettato che si è sviluppato dopo il disastro di Chernobyl, e qui si riproducono da generazioni. Così gli scienziati hanno deciso di studiare il loro DNA per comprendere meglio cosa è cambiato in quegli esemplari che sono costantemente esposti alle radiazioni.
Dal 1986, infatti, numerosi cani vivono nell’area contaminata o a distanza di chilometri da questa. Girano tra le case distrutte e tra gli edifici abbandonati, che ora sono diventati il loro rifugio, per cercare del cibo, per sopravvivere. E alla fine ce la fanno, ci riescono da quasi 40 anni e il motivo è stato svelato: sono geneticamente diversi da tutti gli altri cani che popolano il mondo.
Il gene mutato: cosa dice la scienza
La ricerca, che è stata pubblicata sulla rivista accademica Science Advances, è stata condotta su un campione di 302 cani che vivono a Chernobyl e nelle zone contaminate che si snodano nei dintorni, fino a 40 chilometri di distanza. Secondo gli esperti si tratta soprattutto degli eredi degli animali domestici sopravvissuti che sono stati abbandonati durante il disastro, e che qui hanno cominciato a sopravvivere in un ambiente ostile.
L’incidente nucleare, inevitabilmente, ha mutato il loro genoma, ed è probabilmente questo cambiamento che gli ha permesso di riprodursi e di sopravvivere per ben 15 generazioni. La scoperta, dichiarano gli scienziati, è solo il primo passo verso uno studio più approfondito di questa specie. Attraverso il DNA, infatti, gli esperti non solo potranno studiare i diversi cambiamenti in base ai gradi di contaminazione dove i cani vivono, ma potranno individuare anche i termini di questo mutamento, le eventuali evoluzioni e in che modo ha contribuito la costante esposizione alle radiazioni.