I maltrattamenti a scuola o in famiglia, a danno di minori, pur non essendo all’ordine del giorno, non sono neanche fatti eccezionali. La cronaca ci ha raccontato, più volte, storie di maltrattamenti di bambini molto piccoli nel contesto scolastico, storie che mai avremmo immaginato. Per la fragilità, la sensibilità, l’ingenuità dei bambini, non è facile riconoscere subito ciò che sta avvenendo a scuola e la famiglia potrebbe metterci tempo per comprendere la gravità dei fatti subiti.
I segnali d’allarme per presumere l’esistenza di maltrattamenti sono molteplici, ma non sempre si è in grado di capirli e di sapere come muoversi. Per questo, abbiamo deciso di affrontare questo capitolo doloroso con una professionista che ci aiuterà a sviscerare i principali contatti: come riconoscere i segnali di allarme di presunti maltrattamenti, quali strategie adottare, come intervenire, come aiutare il bambino.
La dottoressa Chiara Corbella, socia della Libera Compagnia di Arti e Mestieri Sociali, è un’ educatrice professionale ed una counselor sistemica dell’età evolutiva. Nella sua lunga esperienza pluriennale nel lavoro educativo, in ambito di servizi sociali di tutela minori, e dei servizi di sportello scolastico e sviluppo di comunità, si è occupata di sostegno alla genitorialità ed interventi educativi con famiglie vulnerabili. Il suo quadro è completo sia quando i maltrattamenti siano in famiglia che a scuola, occupandosi di consulenza pedagogica a docenti e genitori, sostenendoli nel loro ruolo educativo.
Indice
Quando si parla di maltrattamento
Come premesso, qui parleremo di abusi a danno dei bambini, sia in ambito scolastico che familiare, e non possiamo che partire dalla definizione di quella violenza che, a sua volta, può portare ad altra violenza, quando il bambino diventa un adulto e non si è intervenuto a tempo debito in modo efficace.
“Partiamo dalla definizione di maltrattamento: il maltrattamento si configura come una situazione in cui un soggetto fragile (sia esso un bambino, un portatore di disabilità, una persona in posizione di vulnerabilità) subisce violazioni alla sua integrità fisica, psicologica e mentale.
Il maltrattamento dei bambini è un fenomeno poco mappato ma diffuso: 1 minore su 100 è vittima di maltrattamento. Si riscontra che le vittime siano, nella maggior parte, di sesso femminile, in modo trasversale a tutte le fasce di età. Secondo fonti e pubblicazioni autorevoli, le violenze sui bambini avvengono prevalentemente in ambito familiare.
Esistono vari tipi di maltrattamento: trascuratezza, maltrattamento fisico, maltrattamento psicologico, violenza assistita, abuso sessuale. Spesso un bambino può essere vittima di più forme di maltrattamento”.
Scuola: i maltrattamenti dei bambini
In base all’esperienza della dottoressa Corbella, ahinoi, sono più frequenti i maltrattamenti in famiglia che a scuola, nonostante siano riportati in forma spesso assai altisonante quelli negli istituti scolastici. “Bisogna approcciarsi alla scuola con grande serenità e fiducia, da trasmettere ai nostri figli, ricordandoci che le situazioni di maltrattamento che ascoltiamo o leggiamo sui giornali, sono situazioni limite. Per accorgerci dei maltrattamenti a scuola, dobbiamo mettere in campo la strategia dell’ascolto, dobbiamo osservare i nostri bimbi, accogliere la verbalizzazione come il gioco dal quale si evince un possibile disagio.
Ritagliarsi dei momenti di ascolto, in famiglia è fondamentale, perché se raramente abbiamo una risposta immediata alla leggendaria domanda “Com’è andata a scuola oggi?”, ci saranno altri frangenti, durante la giornata, nei quali i figli saranno disposti a raccontarsi. Potranno farlo anche attraverso giochi, disegni, a secondo dell’età. Ma sarà necessario far sentire la nostra presenza ed il nostro interesse”.
I segnali di possibili maltrattamenti
Ma come possiamo fare, dottoressa Corbella, ad accorgerci che qualcosa non va? Come capire che c’è un disagio profondo causato da educatori od insegnanti?
“I sintomi principali sono i seguenti: cambi nel comportamento, crisi di pianto, incubi notturni, regressioni, enuresi. Ma questo non basta per attribuire subito una responsabilità alla scuola. Di fronte a questi fenomeni dobbiamo domandarci se nel nostro contesto familiare ci siano stati dei cambiamenti importanti, ad esempio una separazione, in grado di influire o turbare il bambino. Se capiamo che in famiglia non è cambiato nulla, possiamo guardare il contesto esterno”.
Che strategia adottare e come intervenire
Quando nostro figlio manifesta alcuni di questi sintomi, dobbiamo cercare di rimanere lucidi, perché non sempre essi sono conseguenze di maltrattamenti. Dobbiamo prenderci del tempo, per guardare le cose senza immediata ansia o preoccupazione.
“ La prima cosa da fare è confrontarsi personalmente con altre famiglie (non nella chat di classe), per capire se questi comportamenti sono comuni ad altri bambini, se altri hanno riportato racconti simili a quelli di nostro figlio. Quando i bambini sono abituati ad essere ascoltati e sono educati al rispetto, che anche l’adulto gli deve, sarà per loro più facile sia capire che quello che avviene a scuola non è normale, sia condividerlo in famiglia. Ma non dobbiamo aspettarci un racconto strutturato, dovremo essere noi a mettere insieme i pezzi e a mettere ordine nella narrazione. Dobbiamo rivolgerci alle autorità competenti solo quando siamo davvero sicuri di quanto abbiamo appreso.
A scuola i bambini possono essere sia vittime di una violenza indiretta, costretti a guardare quanto avviene verso il proprio compagno (spesso il più fragile), che diretta. A seconda del tipo di violenza, il supporto del professionista sarà diverso. Un buon professionista sarà in grado di capire il danno, il dolore accusato e sarà capace di consigliare al genitore il percorso migliore.
Particolarmente difficile e delicata, dal lato del genitore, è la fase delle indagini, quando le autorità competenti, alle quali si è segnalato il possibile maltrattamento a scuola, provvederanno a raccogliere prove con l’ausilio delle telecamere. Fase dolorosa in quanto si chiede ai genitori la massima riservatezza e di attendere continuando a portare i bimbi a scuola. La paura di quello che possono subire i propri figli e le immagini delle telecamere da rivedere sono cosa terribile per le mamme ed i papà”.
I maltrattamenti in famiglia
Purtroppo, come ci ha anticipato Corbella, i maltrattamenti più frequenti e dolorosi avvengono in famiglia. In questi, sarà proprio la scuola a doversi fare carico di una prima rilevazione, indagine e poi di intervento.
“La scuola è l’agenzia educativa nella quale i bambini trascorrono la maggior parte del loro tempo. A scuola, in talune situazioni, forse per la prima volta, i bambini incontrano degli adulti che possono diventare di fiducia, persone pronte ad ascoltarli e alle quali fare anche richieste d’aiuto.
E’ compito degli insegnanti e di tutte le figure operanti nella scuola incaricate di pubblico servizio, monitorare e presidiare che i bambini e i ragazzi che frequentano la scuola godano di buone condizioni fisiche e psicologiche e, qualora così non fosse, rilevare situazioni di disagio degli alunni, al fine di agevolare la predisposizione tempestiva di opportuni interventi in loro sostegno e/o protezione.
Oltre che essere un dovere professionale e morale, è molto importante rilevare precocemente situazioni di maltrattamento per aiutare i bambini e le loro famiglie a ridurre la sofferenza che queste situazioni provocano, perché un bambino non aiutato ha molte più probabilità di diventare un adulto sofferente. Bisogna interrompere tempestivamente il ciclo del maltrattamento: perché un genitore che maltratta quasi sempre è stato un bambino non “visto” e non aiutato.
Si possono riconoscere eventuali segnali di maltrattamento con un’attenta osservazione dei comportamenti, prestando attenzione a eventuali campanelli d’allarme, al contesto familiare e al livello di partecipazione e collaborazione con la scuola”.
Quali sono i segnali delle violenze sui bambini
A dispetto di quando il maltrattamento avviene a scuola, quando viene perpetuato a casa, i sintomi, i segnali sono moltissimi. Le violenze possono anche essere visibili sul corpicino del bambino, per questo potrebbe essere anche più facile ipotizzarle.
“Il bambino, spesso, usa comportamenti più che parole per comunicare il disagio, essi vengono definiti indicatori. Ogni forma di maltrattamento è associabile a un diverso insieme di indicatori. La presenza di uno solo di essi, non è indice di una situazione di maltrattamento”.
Ecco alcuni campanelli di allarme di presunti maltrattamenti:
- carenza di cure igieniche/sanitarie
- deficit nella crescita
- incidenti domestici ripetuti
- difficoltà nel condurre una normale vita scolastica
- assenza/carenza di accudimento
- difficoltà a riconoscere il pericolo
- problemi o ritardi nello sviluppo psicomotorio e/o del linguaggio
- ricerca insistente di attenzione e cure da parte di estranei
- lividi, fratture, contusioni, ferite, graffi
- eccessiva aggressività
- timore dell’adulto
- comportamenti autolesivi.
Se poi entriamo nel campo degli abusi sessuali sui bambini, i segnali si differenziano ulteriormente:
- Ferite, contusioni, graffi nelle zone intime o circostanti
- Indumenti intimi lacerati o macchiati di sangue
- Difficoltà nel camminare, nel fare attività fisica o nel sedersi
- Verbalizzazioni di tipo sessuale non consone all’età o atteggiamenti sessualizzati
- Masturbazione precoce
Come intervenire
Anche ai professionisti che lavorano a scuola si chiede di avere lucidità, senza giungere a conclusioni frettolose prese sulla scia delle emozioni, come dall’altro canto di indagare, di fare squadra con il corpo insegnate e di non minimizzare. Ecco cosa ci ha raccontato la dottoressa Corbella.
“La rilevazione a scuola, frutto di costante osservazione e confronto tra gli insegnanti può avvalersi di consulenti psico-pedagogici eventualmente presenti a scuola, come ad esempio lo sportello psicopedagogico. Quando un docente incontra una situazione di disagio a danno di un alunno deve condividerla innanzitutto con il team di classe ed eventualmente con il coordinatore o referente di plesso,informando il proprio superiore. Il Dirigente Scolastico va tenuto al corrente essendo il referente istituzionale.
La tempestiva attivazione di una rete di aiuto è l’obiettivo da perseguire. Può anche accadere di dover riferire direttamente all’autorità giudiziaria minorile o ordinaria, qualora ci si trovi di fronte a situazioni ritenute gravi e urgenti o a reati procedibili d’ufficio. La segnalazione è un atto formale che va stilato per iscritto e redatto secondo precisi criteri”.
Danni psicologici: come aiutare i bambini a superarli
Concludiamo il quadro delle violenze sui bambini, ancora una volta grazie all’aiuto della dottoressa Chiara Corbella, pensando ai danni psicologici, meno visibili ma certamente più lunghi da guarire.
Abusi e maltrattamenti subiti in età infantile sono esperienze traumatiche con effetti e livelli di gravità a seconda di tre dimensioni fondamentali:
- il tipo di abuso subito e la sua durata;
- l’età e le risorse individuali della vittima;
- l’identità dell’abusante.
I bambini che subiscono maltrattamenti e abusi hanno bisogno di interventi di presa in carico e cura multidisciplinari e specialistici che li accompagnino. Se il maltrattamento avviene in famiglia, dove possibile, bisogna cercare di riuscire ad integrare e salvare alcuni pezzettini buoni della relazione con i loro genitori. Quando la violenza avviene a scuola, invece, sarà meno faticosa la sua rielaborazione, in quanto il bambino può fare affidamento sul rapporto con il genitore e la famiglia.