“Rosa stacca la spina”, raccontare l’amore e la malattia col sorriso

"Rosa stacca la spina", storia che parla di amore e di malattia col sorriso. Perché “l’unico modo per vincere il dolore è attraversarlo con speranza e autoironia”

Pubblicato: 5 Maggio 2022 22:32

Sara Gambero

Giornalista esperta di Spettacolo e Lifestyle

Una laurea in Lettere Moderne con indirizzo Storia del Cinema. Appassionata di libri, film e del mare, ha fatto in modo che il lavoro coincidesse con le sue passioni. Scrive da vent’anni di televisione, celebrities, costume e trend. Sempre con un occhio critico e l'altro divertito.

Si può parlare di amore e di malattia con ironia e col sorriso? Si possono affrontare temi delicati come il suicidio assistito senza scivolare inevitabilmente nel dramma e nella tristezza? Igor Nogarotto, musicista, scrittore e autore, ci ha provato con un romanzo che ha raccolto il favore di critica e pubblico: Rosa stacca la spina, storia che racconta un grande amore che cammina accanto alla morte, con leggerezza e serenità. Perché “l’unico modo per vincere il dolore è quello di non aver paura ad attraversarlo, ma nel farlo dobbiamo dotarci di speranza e sana autoironia”.

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La storia d'amore che tutti sogniamo.

Da cosa e perché è nata l’idea di questa storia?
Sono dell’idea che i creativi debbano farsi carico di affrontare anche gli argomenti più “scomodi”, perché attraverso il messaggio emozionale dell’arte si riescono a veicolare i messaggi in modo più immediato, senza filtri, direttamente allo stomaco delle persone, portando alla luce tematiche di cui spesso si parla poco. Sono partito dal titolo metaforico Rosa stacca la spina, per parlare quindi, anche, del “fine vita”. Sentivo l’urgenza di sollevare un dibattito sul binomio amore-malattia: come si coniugano in una relazione? C’è un tempo, un “contratto” (matrimonio, figli) che stabilisce se le scelte sulle sorti della vita della mia persona debbano essere condivise con l’altro o vale sempre e solo il libero arbitrio?

Quanto c’è di autobiografico e quanto di inventato?
Non so parlare di argomenti che non conosco, che non ho vissuto personalmente, in modo diretto o perché accaduti a persone a me vicine: scrivo solo di quello che ho toccato con la pelle, perché altrimenti non riuscirei a comunicare in modo così viscerale le emozioni.

Hai detto che è la storia d’amore ideale. In che senso?
“Ideale” nel senso che è la storia d’amore che nei secoli dei secoli (con la poesia prima e con le canzoni e il cinema poi) è stata cantata e dipinta come il sogno, come la perfezione di un rapporto amoroso in cui si diviene “una cosa sola”, in cui la somma di 1 + 1 = 1.

Hai anche detto che è un romanzo rosa-nero. Si ride con amarezza o si piange col sorriso?
Entrambe! Le emozioni sono intercambiabili, compresenti, in una sorta di ossimoro esistenziale. Infatti nel romanzo lui definisce Rosala bellezza del cervello e l’intelligenza del corpo”.

Nel libro si affronta il tema delicato del suicidio assistito. Che risposte vengono date, e qual è la tua opinione in merito?
Nessuna soluzione: il mio compito è quello di accendere un dibattito. Non ho un’opinione definitiva, se non quella che la questione vada analizzata caso per caso.

 Le recensioni, anche e soprattutto dei lettori, sono entusiastiche. Te lo aspettavi?
Devo essere sincero? Sì! Ti devo confessare che per la prima volta in vita mia, dopo 30 anni di creatività letteraria e musicale, ho provato la sensazione impagabile di sentirmi soddisfatto al 100%. Mai successo, sempre avuto dubbi e riserve sulle mie opere.
In Rosa stacca la spina già da quando picchiettavo le prime sillabe sulla tastiera sapevo che stavo esprimendo tutto il mio potenziale, emozionale, tecnico, motivazionale. E percepivo una sorta di “incantesimo letterario: di seguito, leggendomi, in molti mi hanno testimoniato come quella mia stessa sensazione ti arrivi addosso e ti inondi di commovente magia. Avviene soprattutto verso il finale del libro – ma non voglio svelare di più…Ciò mi dava la certezza che sarebbe piaciuto. Certo, non si può piacere a tutti, ma nemmeno i Beatles piacciono a tutti!

Qualcuno ti ha scritto qualcosa che ti ha colpito particolarmente?
Sì, molte persone hanno saputo farmi vedere alcuni passaggi del romanzo da una prospettiva diversa, che io non avevo considerato e questa cosa è meravigliosa. Una delle frasi che più ha emozionato, anzi, direi commosso, è stata: “In questo romanzo parli di me”.

Al libro è collegato un video con due anziani che si baciano per 4 minuti. Che messaggio volevi dare?
Che l’amore eterno esiste! È uno dei cardini concettuali del mio romanzo. Certo, è raro. Ma ci sono esempi concreti, come questa coppia sposata da più di 50 anni, che si bacia (bacio vero, non fiction) per più di 4 minuti, senza prendere fiato. L’Amore può essere immortale, se è vero Amore. Si può davvero essere, come dice la canzone, “Una cosa sola”.

Quali sono tuoi riferimenti letterari, c’è un libro che ti ha cambiato la vita?
Leggo un po’ di tutto. Amo tenermi informato spaziando tra vari generi, perché è un modo per cibarmi e arricchirmi di immagini, sensazioni e di intelligenza emotiva. Posso citarti Ti prendo e ti porto via di Niccolò Ammaniti o Frammenti di un insegnamento sconosciuto di Ouspensky, ma il libro che davvero mi ha cambiato la vita è stato Messaggio per un’aquila che si crede un pollo di Anthony de Mello: quelle pagine mi hanno regalato la consapevolezza, la possibilità di capire cosa volessi fare nella vita; lo rileggo spesso, ogni anno, sono oltre la trentesima lettura.

Il tuo esordio, con successo, è avvenuto con Volevo uccidere Gianni Morandi, un libro che ti ha creato anche qualche problema. Gianni ti ha mai contattato per dirti cosa ne pensava?
Gianni Morandi l’ho incontrato prima della pubblicazione. Ha letto in anteprima il romanzo, poi ha dato l’autorizzazione a utilizzare il suo nome. È stato un signore, non mi ha chiesto un centesimo.
Volevo uccidere Gianni Morandi trae spunto dalla realtà (anche in quel caso): quando Morandi mi escluse dal Festival di Sanremo di cui era direttore artistico decisi di vendicarmi. Ovviamente da lì in poi vi è un elemento narrativo surreale e non c’è nessuna volontà di fargli del male davvero!
Sì, qualche problemino me l’ha creato: a causa del titolo ho ricevuto per più di 6 mesi minacce di morte da parte di qualcuno con scarso senso dell’umorismo.

A che punto è il tuo progetto “D Di Donne”?
D Di Donne” è un concept album in omaggio alle Donne: sono un convinto femminista. Sono 10 canzoni dedicate esclusivamente a Voi e, primo caso nella storia della musica, in ogni traccia c’è un nome o un ruolo di Donna (da “Sarà Sara” a “Elisabetta”, “Eva piangeva”, “Eleonora sei normale”, fino a “Ninna Nonna” e “Mamma Ciao”). Inoltre la titletrack D Di Donne è la prima canzone della storia scritta interamente da parole che iniziano tutte con la D. L’ho scritto per lasciare un testamento artistico alla mia nipotina Alessia Luce: l’ho dedicato a Lei, in modo che da grande abbia un esempio di Bellezza legata al sacrifico e alla passione per il lavoro che si decide di svolgere. Per ora è uscito in tiratura limitata solo per i fan. Un domani? Non si sa mai…

Hai creato l’agenzia di spettacolo Samigo. Hai mai pensato di raccontare in un libro il tuo rapporto, immagino non sempre facile, con i personaggi famosi?
Sì, volendo campare di arte e volendo restare in ambito artistico, a tutti i costi, a un certo punto ho fondato la mia agenzia di spettacolo, oggi anche ufficio stampa, SAMIGO PRESS. Penso continuamente a scrivere un libro sul mio rapporto coi personaggi famosi! Su di loro e su alcuni messaggi che mi arrivano per loro, davvero esilaranti. Ci sarebbero da raccontare episodi molto divertenti vissuti dietro le quinte, poi tantissime loro collaborazioni con i miei progetti, fino alle dinamiche lavorative, tra vezzi e vizi. Certe cose però non potrei renderle pubbliche…

Musicista, scrittore, autore: un “multicreativo” che nelle varie forme d’arte ha sempre trovato libertà e possibilità di espressione. In quale forma ti sei sentito, ti senti, più a tuo agio?
Un tempo la musica, negli ultimi anni la scrittura. Ma devo dirti che le due forme d’arte sono sempre state compresenti. Mi spiego: quando compongo ripenso alle immagini letterarie dei libri che ho letto, quando scrivo mi immagino un pentagramma dove si alternano note basse e acute, brevi e lunghe, poi le pause… è un po’ come se suonassi scrivendo e scrivessi suonando. 

Leggo che hai anche scritto testi per i comici di Zelig. La comicità e la satira possono essere un buon modo per affrontare le difficoltà? Oscar Wilde diceva: “Il mondo ha sempre riso delle proprie tragedie ed è questo l’unico modo in cui è riuscito a sopportarle…”
Ne sono assolutamente convinto! Prova ne è che nel romanzo Rosa stacca la spina per mitigare, sdrammatizzare ed esorcizzare una tematica così profonda, ci siano tanti passaggi ironici, tanti momenti in cui sorridere. L’unico modo per vincere il dolore è quello di non aver paura ad attraversarlo, ma nel farlo dobbiamo dotarci di speranza e sana autoironia.

La presentazione del libro in 1 minuto

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