Giuliana De Sio: “Sogno di poter raccontare l’anima delle donne”

Giuliana De Sio, in scena con "Favolosi" con l’amico Alessandro Haber, a ruota libera su vaccino, green pass, teatro messo sempre all’ultimo posto, l’orrenda cultura maschilista ancora imperante in Italia e il desiderio di raccontare non solo la forma ma l’anima delle donne

Pubblicato: 10 Settembre 2021 13:43

Sara Gambero

Giornalista esperta di Spettacolo e Lifestyle

Una laurea in Lettere Moderne con indirizzo Storia del Cinema. Appassionata di libri, film e del mare, ha fatto in modo che il lavoro coincidesse con le sue passioni. Scrive da vent’anni di televisione, celebrities, costume e trend. Sempre con un occhio critico e l'altro divertito.

Giuliana De Sio è un fiume in piena. Dopo essere stata impegnata tutta l’estate con Favolosi, insieme ad Alessandro Haber (l’ultima tappa a Rieti, al Festival Liberi sulla Carta domenica 12 settembre), sogna di poter riprendere presto il suo spettacolo a teatro Le signorine, interrotto per il Covid. E non si risparmia su nulla: vaccino, green pass, la vergogna dei teatri, messi all’ultimo posto e penalizzati, la difficoltà di trovare spazio al cinema, perché a 65 anni è ancora “troppo bella e giovanile” per fare ruoli da nonna o anziana (gli unici che le propongono), situazione figlia “dell’orrenda cultura maschilista ancora imperante in Italia”. E un appello ai registi e agli autori: “Impariamo a raccontare non solo la forma, ma l’anima delle donne”.

Perché l’idea di questo spettacolo sulle favole?
L’idea è venuta a me, e ho poi coinvolto Alessandro, perché volevo fare qualcosa di bello, soprattutto lavorare questa estate. Il mio spettacolo teatrale si è interrotto drammaticamente un anno fa con tutta la compagnia malata di Covid, me compresa, e ad oggi vorremmo tutti tornare a recitare. Perché è una vergogna questa cosa dei teatri e dei cinema, all’aperto come al chiuso, così penalizzati, quando ci sono masse incredibili di persone ovunque. Noi invece dobbiamo essere contingentati al 50% dei posti. Mi auguro che questo inverno si possa fare in modo che i teatri riprendano al 100% della capienza, con green pass, ovviamente. Noi siamo una categoria di cui non parla nessuno. Si nominano di continuo le imprese, i ristoranti, adesso anche le palestre e le piscine, ma mai i teatri e il cinema. E il teatro ha già poca visibilità, se non lo nomini mai fai morire una categoria fatta di centinaia di migliaia di persone…

Hai avuto il Covid e ti sei subito vaccinata. Parlavi di  green pass obbligatorio per entrare a teatro: mi sembra che la tua posizione sia chiara in merito
Io sono a favore del vaccino e del green pass. Perché se uno è a favore del vaccino deve esserlo anche del green pass. Che è questa cosa che “Io non sono no vax però sono contro il green pass. Io ho fatto il vaccino ma il green pass no…”. Ma perché? Dove sta la differenza, scusate? Qual è il problema, non riesco a capirlo, mi sfugge il nesso. Perché sei sei no vax sei no vax  e punto (e non commento), ma se hai fatto il vaccino, perché devi essere contro il green pass?

Tornando al tuo spettacolo sulle favole del Basile recitate…
Si, sono ormai anni che mi invento cose nuove visto che non riesco a divertirmi nel cinema perché non ci sono ruoli per donne della mia età. A meno che non siano nonne, e poi quando mi chiamano mi dicono “No, sei troppo giovanile” e sinceramente mi girano le palle. Ho l’età che ho, ma questi devono capire che oggi le donne a 60 anni, 70 anni possono essere ancora belle, se hanno fortuna e buoni geni. Io ho lo stesso fisico che avevo a 20 anni, che devo fare? Ovvio che la tonicità non è più quella di una volta ma ho la stessa taglia di allora. Mi devo ammazzare? Ma loro cercano e vogliono delle vecchie, quando devono capire che le donne oggi invecchiano meglio. Mi piacerebbe moltissimo fare cinema, ma quasi sempre il giudizio è “Troppo raffinata, troppo bella…”. E a allora fatemi fare il ruolo di una (bella) 50enne! Tutti con questa fissa dell’età, quando all’estero abbiamo grandissime attrici premi Oscar che hanno 60, 70 anni, eppure non stanno tutti lì su Wikipedia a guardare quanti anni hanno. Isabelle Huppert, 68 anni, ha fatto un film nel 2016, Elle, dove interpreta una 45enne. Qualcuno si è chiesto vedendola: “Ma come possibile che faccia una 40enne?”. Qui in Italia sarebbe impossibile, tutti i copioni cominciano così: “Giovane ragazza 20enne…”. All’estero invece ci sono grandi ruoli femminili non focalizzati sull’età. Quello che conta è il carisma, l’autorevolezza, il peso che l’attrice porta. Purtroppo da noi c’è questa cultura orrenda, maschilista, una parola che mi fa schifo e dovrebbe essere andata ormai fuori moda da secoli.

In questo momento con chi vorresti lavorare al cinema?
Matteo Garrone. Amo il suo cinema così distorto, con dentro la follia e tutte le nevrosi e le perversioni del nostro tempo. È un regista fuori da coro, non è “perbene”. E a me non piace il cinema italiano perbene. Il cinema per famiglie, per tutti, mi fa schifo.

Anche in tv, dove hai lavorato tanto, l’ultima fiction risale a 3 anni fa..
La realtà è che ho una carriera lunghissima alle spalle, ho cominciato talmente presto che sono stanca di vedere e leggere le stesse cose, sceneggiature già viste, già lette, ma riscritte peggio! E poi torniamo al discorso che facevo prima, che pure i copioni sono figli dello stesso atteggiamento in Italia: chi decide sono gli uomini. E loro sono come noi donne li conosciamo bene: a 40 anni vanno in crisi, a 45 si fidanzano con le 20enni e non la smettono più fino a 60, 70. A 70 ancora si permettono di lasciare delle donne per altre molto più giovani. Questa è una disparità culturale che ci fa soffrire, non ci fa vivere bene. Io sono circondata da donne belle, interessanti, più o meno giovani, ma profondamente sole.

Torniamo a questo spettacolo che ti ha accompagnata tutta l’estate che sarà in scena per l’ultima volta a Rieti, al Festival Liberi sulla Carta, domenica 12 settembre
Avevo letto queste favole del Basile, me ne ero innamorata, e siccome quest’anno volevo inventarmi qualcosa per l’estate, per lavorare comunque col teatro, ho chiamato Alessandro, che è un grandissimo attore oltreché un amico, e gli ho chiesto se voleva leggerle con me. Poi lo spettacolo si è trasformato completamente ed è diventato “musicale”, con brani cantati e favole recitate insieme. Nella prima parte ognuno di noi recita un paio di favole, accompagnato da 5 musicisti bravissimi che fanno anche pezzi  jazz, poi ad un certo punto comincia il nostro “Sanremo”: Haber canta un brano e io a seguire un altro. Per la prima volta in vita mia canto, ma canto proprio! Che è una cosa per me rivoluzionaria. Poi Alessandro comincia a raccontare al pubblico che 40 anni ha avuto una storia d’amore con me: “Vedete questa donna qui, non potete capire cos’era a 18 anni…” e via con la nostra storia, vista tutta dalla parte sua, perché io non ricordo niente! (ride, ndr) Lui dice che sono stata il più grande amore della sua vita. Alla fine cantiamo insieme “Insieme a te non ci sto più”…

Che tipo di favole sono quelle che raccontate?
Sono favole rozze, che venivano raccontate oralmente dai contadini, favole scostumate, non certo quelle edulcorate e sdolcinate che ci raccontavano quando eravamo bambini. La Cenerentola che io racconto non è quella Disney, bellissima, circondata dagli uccellini e dalle sorellastre brutte e cattive. La mia Cenerentola è brutta, ma proprio brutta. Sono favole raccontate da un punto di vista diverso, e la gente ci segue rapita, temevo che potesse risultare noioso, invece evidentemente in questo momento storico c’è bisogno di evadere, e la favola è perfetta. Necessità di evadere, vivere, sorridere, divertirsi, io penso che questo sia il nostro compito e spero che finalmente ce lo facciano fare in libertà.

Un omaggio alla vostra amicizia, quindi?
Un omaggio alla nostra storia d’amore, poi diventata amicizia. Perché lui è quello che mi ha fatto iniziare, che mi portava fisicamente ai provini. Mi ci portava con la forza, io manco ci volevo andare.

Tu che racconti favole riprese dai contadini mi ricorda una scena di un film meraviglioso, decisamente “femminista”: Speriamo che sia femmina. Che ricordo hai di quegli anni, di quel set incredibile e di Monicelli?
Sono ricordi di amore, di gratitudine nei confronti di questi grandi registi che mi hanno diretta, che mi sceglievano. Io ho lavorato con tanti grandi. Ricordi di duro lavoro ma anche di divertimento, di cene, di bellissimi viaggi all’estero per presentare il film. Dietro ogni film ci sono tanti ricordi legati non solo al set ma ai rapporti che si creavano, c’è tanta vita dietro ogni esperienza di lavoro. Il set è il luogo dove si lavora, ci si militarizza, sveglie all’alba, orari duri, e quello con Mario era un set fantastico, mostruoso, ti sentivi onorato di farne parte. C’era chiunque: grandissimi attori e immense attrici. Io mi sentivo parte di una realtà privilegiata. Tutti gli attori che lavoravano in quel film erano artisti che io guardavo da bambina e mi facevano sognare. Ricordo in particolare Liv Ullmann, che faceva mia madre, perché quando da ragazzina andavo al cinema vedevo rapita tutti i film di Bergman. Lei era la mia rockstar, a 14 anni per me lei era la più grande attrice al mondo e quando me la sono trovata sul set che faceva mia madre è stata una emozione immensa.

C’è quindi insieme alla nostalgia di quegli anni il sogno di poter tornare al cinema?
Certo che mi piacerebbe tornare al cinema, aspetto di trovare un ruolo fuori dagli e schemi dell’età, di poter portare davanti alla telecamera un’anima. Una donna, una persona, non una data di nascita o una forma fisica. Noi abbiamo un cinema privo di psiche, per questo siamo tanto attaccanti alla forma, alla bellezza, alla giovinezza. Perché sei tu sai raccontare la psiche, ti frega poco dell’età anagrafica. Dovremmo riuscire a raccontare l’anima delle donne.

Liberi sulla Carta, Fiera dell’editoria indipendente, giunta alla sua 12esima edizione andrà in scena l’11 e il 12 settembre 2021 nel polo culturale Santa Lucia di Rieti. Tanti gli ospiti attesi, da Giuliana De Sio e Alessandro Haber a Francesco Montanari, da Valerio Mastandrea a Zerocalcare. E poi ancora Daniela Poggi, Teresa Ciabatti e Johnny Palomba. Una nuova edizione del Festival necessariamente in forma ridotta per garantire il rispetto delle norme anti Covid-19, ma con una serie di appuntamenti in presenza, ridotti nel numero ma non nella qualità, con il duplice obiettivo di permettere alla cultura di dare il proprio contributo alla ripartenza del territorio e al territorio di dare il segnale che una ripartenza non può esserci senza un serio investimento culturale

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