Storia di Chiara e del suo aborto sbandierato sulle porte della scuola

Chiara (n.d.f.) ha diciotto anni, vive a Piacenza e un mese fa la decisone di abortire, torna a scuola e trova le scritte: lui feto tu aborto.

Pubblicato: 26 Marzo 2021 11:34

Irene Vella

Giornalista, Storyteller, Writer e Speaker

Scrive da sempre, raccogli emozioni e le trasforma in storie. Ha collaborato con ogni tipo di giornale. Ha fatto l'inviata per tutte le reti nazionali. È la giornalista che sussurra alle pasticcerie e alla primavera.

Tutto parte da un post pubblicato su Facebook il 24 marzo da parte di Sofia Lecomte: “Una mia compagna di classe ha abortito.. questo è quello che ci siamo ritrovati sulla porta della nostra classe e su quelle del nostro piano. Mi viene da vomitare e vorrei prendere a ceffoni tutti quei sfigati che hanno fatto sta cosa, fanno veramente venire il vomito”. In allegato le foto della denuncia, disegni di un feto con scritte di questo tenore “lui feto, tu aborto“. Passano poche ore e la denuncia diventa virale.

Chiara (nome di fantasia) ha diciotto anni, vive a Piacenza e frequenta l’ultimo anno di una scuola superiore, un mese fa la decisone di abortire, si confida con alcune persone, e purtroppo la notizia comincia a circolare. Perché certa gente utilizza la parola privacy solo quando fa comodo, per difendere se stessa, se poi a rimetterci è una compagna, chi se ne frega, il gusto e il piacere del pettegolezzo non cambia, nonostante siano passati anni dall’ultima volta che le mie gambe si siano infilate sotto un banco scolastico, ricordo perfettamente i sorrisetti, i colpi di gomito, il chiacchiericcio quando ti vestivi in modo strano o avevi idee diverse dalla massa o semplicemente i tuoi migliori amici erano tre maschi, e tu l’unica femmina del gruppo.

Ma qua stiamo parlando di una ragazzina che già sta affrontando un percorso doloroso, per fortuna non da sola, perché di questa scelta ne ha potuto parlare liberamente con la madre, che ha fatto quello che un genitore pieno d’amore dovrebbe fare in un momento così difficile, l’ha presa per mano, l’ha ascoltata ed accompagnata, senza giudicare, con il cuore gonfio, perché una madre lo sa, sa che quello non rimarrà soltanto un ricordo, ma una data con cui la figlia dovrà fare i conti per il resto della sua vita.

Immaginatevi lo strazio di questa piccola donna, rientrare a scuola e trovare le porte delle aule tappezzate con disegni raffiguranti un feto con frasi di questo tenore: «Questo eri tu», «Mi hanno buttato in mezzo all’utero e ne sono uscito embrione». Poi l’ultima: «Io feto, tu aborto». La reazione è immediata, li strappa uno a uno, consapevole che siano rivolti a lei, li porta al professore che in quel momento è in aula, ma prima decide di fotografarli, li gira ai dei compagni di classe chiedendo se qualcuno conoscesse l’autore. In un istante le immagini diventano virali e rimbalzano di chat in chat, esplode un caso mediatico, la ragazza viene rintracciata telefonicamente, dando prova di una grande maturità: «Anche se quell’odio non lo capisco, non sono arrabbiata con chi ha appeso quei disegni. Semmai con lui vorrei potermici confrontare. Se una conclusione può trarsi, è che la gente deve imparare a riflettere prima di emettere giudizi».

Già perché a quanto pare chi ha deciso di fare questo gesto è un ragazzo, che travolto dal clamore fa un passo indietro, scrive una lettera e la appende nuovamente sui muri dell’istituto, dove afferma che le immagini fossero ironiche e non rivolte a qualcuno in particolare, dicendosi dispiaciuto per la situazione e per aver ferito le persone coinvolte, chiedendo infine scusa. Ma ormai il danno è stato fatto. La cosa che colpisce positivamente di tutta questa storia è l’ondata di affetto e di protezione ricevuta dalla ragazza, da parte degli adulti in primis, il professore che ha fatto di tutto per rassicurarla denunciando immediatamente l’accaduto al dirigente scolastico e le compagne che hanno fatto subito squadra e stretto un cerchio intorno alla loro amica, dimostrando che, forse, si stanno facendo passi avanti in materia di solidarietà. E ancora una volta è Chiara è mettere il punto in questa situazione: “Quel che mi è successo un mese fa è stato terribile. Ma può capitare a tutti. Per fortuna io mi sono sentita libera di decidere in modo sereno, parlandone con mia madre, la mia migliore amica, alla quale ho semplicemente detto che non mi sentivo pronta.”

Una donna che decide di non avere un bambino è una donna ferita, è una donna che porterà una cicatrice nel cuore e nel corpo, invisibile agli altri, ma presente a se stessa, per sempre, nessuno dovrebbe mai permettersi di giudicare, eppure nel 2021 c’è chi si permette di farlo, e se, in questa situazione, possiamo parlare di ingenuità e di ignoranza, da parte di un ragazzo appena maggiorenne, i giudizi che fanno più male sono quelli delle persone che parlano senza conoscere, che additano le ragazze come incoscienti o, peggio ancora, come assassine. Perché diciamo la verità la colpa viene data sempre alla donna, perché è facile, perché passano gli anni, ma la voglia di puntare il dito, quella non passa mai, come se il sesso non si facesse in due, come se un ragazzo che mette incinta una ragazza, non avesse la sua stessa responsabilità, eh già “ma signora mia è la donna che porta visibile la colpa con una pancia che cresce” mi sembra di sentirle queste parole.

Una volta per tutte pensiamoci prima di parlare, colleghiamo il cervello alla lingua, chi sceglie di abortire non lo fa mai a cuor leggero, sono ragazzine che si ritrovano in una situazione più grande di loro, sono donne costrette dalla vita, sono ragazze che non si sentono pronte, e qualunque sia la loro motivazione, nessuno, e sottolineo nessuno di noi, dovrebbe mai giudicare. Sappiate che negli anni ho intervistato molte di loro e le loro parole sono tutte uguali: “Ogni anno quando arriva quel giorno, mi domando come sarebbe stato, di chi avrebbe avuto il sorriso, di che colore sarebbero stati i suoi occhi. Ogni 365 giorni conto gli anni che avrebbe compiuto, e so che in quel momento era la scelta migliore per me, non era il momento, non avevo la persona giusta al mio fianco, ero solo una studentessa. Ma non posso fare a meno di chiedermi come sarebbe stato.”

Per questo non mi bisogna mai giudicare. Queste donne purtroppo lo fanno sempre da sole, quello che possiamo fare noi per loro è fargli capire che noi ci saremo per sempre, che noi le capiamo. Noi, tutte noi donne che abbiamo questa cicatrice sanguinante nel cuore.

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