È considerato uno degli edifici simbolo della città di Milano, un vero e proprio capolavoro di architettura barocca lombarda: stiamo parlando di Palazzo Litta, attualmente sede istituzionale e – purtroppo – aperto al pubblico solo in particolari occasioni. Costruito a partire dal ‘600, l’edificio vanta una storia abbastanza complessa, fatta di innumerevoli passaggi di proprietà che ancora oggi si riflettono nel lungo nome che porta con sé (e che vedremo più avanti). Scopriamo qualcosa in più su questo affascinante esempio architettonico del capoluogo lombardo.
Indice
Dove si trova Palazzo Litta
La città di Milano ospita numerosi edifici a dir poco splendidi, che raccontano un tassello di storia di uno dei più importanti centri urbani d’Italia e delle famiglie nobili che vi abitarono. Uno di questi è Palazzo Litta, che sorge nel cuore del centro storico: si trova in Corso Magenta, a poca distanza dal Castello Sforzesco e dai suoi rigogliosi giardini, meta di tantissimi turisti che provengono da ogni parte del mondo. Un tempo dimora nobiliare, oggi ospita la sede del Segretariato regionale del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo per la Lombardia, quella del Polo museale regionale della Lombardia e quella della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Milano. In alcune giornate speciali e in occasione di mostre ed eventi, il palazzo apre i battenti al pubblico. Ma anche solo poter ammirare la sua facciata è un vero spettacolo.
Palazzo Litta, la sua lunga storia
Per raccontare la storia di Palazzo Litta (o meglio, di Palazzo Arese Borromeo Visconti Litta), dobbiamo tornare indietro nel tempo: siamo nel ‘600, all’epoca di Bartolomeo III Arese, membro di una delle famiglie più importanti dell’epoca. L’uomo, che ne corso della sua vita ricoprì importanti cariche sia in Spagna che a Milano, tra cui quella di presidente della Magistratura Ordinaria, commissionò all’architetto Francesco Maria Richini – detto Ricchino – la costruzione di un palazzo nobile dove poter risiedere. Secondo alcune testimonianze storiche, nel luogo prescelto per la realizzazione della dimora sarebbe già esistito un modesto edificio che venne utilizzato come base per erigere un vero e proprio monumento barocco.
I lavori ebbero inizio verso la metà del ‘600 e proseguirono per circa 30 anni, nonostante la scomparsa dell’architetto che aveva progettato il palazzo. Alla morte di Bartolomeo III, già da un po’ di tempo la costruzione sembrava essersi arenata, forse per via delle avverse fortune politiche ed economiche della famiglia Arese. Non avendo eredi maschi, l’uomo lasciò l’edificio alle sue figlie femmine, che si sposarono rispettivamente con membri delle famiglie Visconti e Borromeo, ampliando una prima volta il nome del palazzo. L’ultimo erede fu Giulio Visconti Borromeo Arese, anch’egli defunto (nel 1750) senza lasciare figli maschi. La proprietà passò dunque alle figlie Elisabetta e Paola, entrambe maritate con due uomini della famiglia Litta.
Nel corso del XVIII secolo, il palazzo subì diversi lavori di ampliamento: il primo risalirebbe al 1738, quando il proprietario richiese la concessione di una porzione di strada pubblica, senza però ottenere quanto voluto. Il secondo avrebbe avuto luogo nel 1752, quando finalmente i marchesi Litta ottennero il permesso per l’utilizzo di superficie pubblica e diedero il via ai lavori per la facciata in stile rococò, un vero capolavoro d’architettura. L’ultimo passaggio di proprietà è datato 1874: il palazzo, messo all’asta, venne acquistato dalla Società per le Ferrovie dell’Alta Italia. Nei primi anni del ‘900, a causa di alcuni movimenti interni, l’edificio finì nel patrimonio di Ferrovie dello Stato.
Nonostante il passaggio ad un ente ferroviario e la trasformazione di alcuni ambienti per ospitare servizi terziari, Palazzo Litta non perse mai il suo fascino originario – seppure, secondo gli esperti, ebbero luogo diverse demolizioni dell’apparato decorativo interno e la riedificazione delle corti interne. Nel corso della Seconda Guerra Mondiale, l’edificio venne bombardato e subì danni ingenti: furono soprattutto la parte centrale dello stabile, con il cortile d’onore e lo scalone realizzato da Carlo Giuseppe Merlo, a venire gravemente danneggiato. All’epoca, tuttavia, il palazzo svolgeva un ruolo fondamentale e venne subito fatto oggetto di interventi di ricostruzione da parte del Ministero delle Comunicazioni.
Grazie all’impegno di abili artisti e architetti, sfruttando anche gli antichi disegni di studio realizzati dagli studenti dell’Accademia di Brera, finalmente Palazzo Litta tornò al suo splendore originario. Un’ulteriore ristrutturazione ebbe luogo nel 1989, la quale diede alla facciata il suo colore autentico – “un pallido carminio, del tutto inconsueto per Milano”, si legge nel testo di Camusso e Tartaglia. Dopo essere stato al centro di una diatriba per la sua proprietà, il palazzo venne diviso e la sua parte monumentale venne consegnata al Ministero per i Beni e le Attività Culturali. Come abbiamo già anticipato, solo in particolari occasioni è possibile visitare i suoi interni.
Gli interni di Palazzo Litta
La splendida facciata rococò, realizzata su progetto di Bartolomeo Bolli, è caratterizzata da un corpo centrale su tre piani e da due corpi simmetrici laterali, alti invece due piani e con decorazioni più sobrie. Uno dei luoghi più affascinanti è la Corte del Richini, alla quale si accede attraverso un ampio vestibolo: è a pianta quadrata, circondato da porticati su tutti e quattro i lati, su cui si affacciano finestre dal primo e dal secondo piano. Dal cortile si accede all’interno del palazzo, dove spicca per bellezza e maestosità lo scalone d’onore, ricostruito nel corso dell’ultimo secolo. È di tipo a tenaglia, con una prima rampa in granito di Baveno dalla quale si dipartono due rampe diverse, con archi ellittici.
Il piano nobile, spesso teatro di feste e ricevimenti, ospita diversi ambienti di rappresentanza. Ci sono numerose sale dalle ricche decorazioni, tra cui il Salotto Rosso e il Salotto Giallo (che presentano preziosi tessuti a rivestimento delle pareti), la Sala della Duchessa, dove si trovano mobili originali del ‘700, e il Salone degli Specchi, caratterizzato da grandi specchi con cornici intagliate alle pareti e da un soffitto dipinto illusionisticamente da Giovanni Antonio Cucchi. Al pian terreno si trova invece la piccola cappella, realizzata per celebrare la messa in casa e in seguito trasformata in teatro, tutt’ora in funzione. Vi si accede anche da un altro piccolo cortile, chiamato dell’Orologio.