Dall’ictus all’afasia, poi la rinascita: la storia di Paola e Ugo

Paola Nicolai è una giornalista che nel 2021 è stata colpita da ictus ed è tornata alla vita grazie al supporto del suo cagnolino

Pubblicato: 15 Novembre 2024 11:40

Irene Vella

Giornalista, Storyteller, Writer e Speaker

Scrive da sempre, raccogli emozioni e le trasforma in storie. Ha collaborato con ogni tipo di giornale. Ha fatto l'inviata per tutte le reti nazionali. È la giornalista che sussurra alle pasticcerie e alla primavera.

Paola Nicolai, giornalista e imprenditrice milanese nell’ottobre del 2021 è stata colpita da un ictus che l’ha resa afasica, compromettendone significativamente l’uso del linguaggio e della parola. Oggi, a tre anni di distanza, è ancora alla guida della sua azienda di comunicazione, con Ugo, il suo meraviglioso cagnolino, che l’ha supportata emotivamente in un grande percorso di cambiamento e rivelazione di
consapevolezze. Paola è riuscita a ritrovare una  nuova voce e a raccontare in un libro (“Ho ascoltato la mia voce”) la sua emozionante vicenda.

Un rapporto, quello tra Paola e Ugo, che le ha insegnato un nuovo modo di vivere e guardare la realtà. “Ugo è molto più di un semplice compagno a quattro zampe. Ha portato una gioia semplice e

pura nella mia vita, insegnandomi il valore della presenza e della gratitudine per il momento presente. È stato il mio maestro, mi ha donato il senso della vita in un modo che nessun altro ha mai fatto. Per questo amo Ugo più di qualsiasi altra creatura, perché con la sua pazienza infinita mi ha mostrato il vero significato dell’amore incondizionato”. “Con Ugo, ho imparato a camminare per le strade di ogni città e luogo, a lasciare che il vento mi accarezzi il viso e a godere della bellezza della natura. Lui, con la sua curiosità senza fine, si ferma ad annusare ogni dettaglio sulla terra e nel cielo, regalandomi un nuovo modo di percepire il mondo intorno a me”. Questa è la sua storia.

Chi era Paola Nicolai e chi è diventata. La malattia come ti ha cambiata?

La “Paola di prima” era una donna fortunata ma inconsapevole di esserlo. Determinata e caparbia,
voleva il successo nel lavoro perché lo amava tanto e lo aveva scelto fin da piccola; ha sempre
lavorato con passione dimenticandosi però di altri valori per l’esigenza di essere apprezzata e
riconosciuta come avrebbe voluto il suo papà. Prima dell’ictus ero tanto severa con me stessa e talvolta anche con gli altri. Nonostante fossi la titolare di un’agenzia di comunicazione con sede a Milano, NIC PR, ho capito che non sempre ero in grado di comunicare e ascoltare in modo profondo. Quando sono tornata a lavorare, è migliorata anche la mia comunicazione. L’afasia mi ha dato la possibilità di capire il mio sbaglio e correggere il tiro. Penso che le malattie siano spesso la spia di un disagio, come la luce di un’automobile che ti dice che sei in riserva. Abbiamo due possibilità: o ignoriamo la spia e la spegniamo; oppure ci fermiamo e facciamo carburante.
Avevi mai davvero realizzato la fortuna di avere una voce?
In generale ero consapevole di avere una voce importante, era uno dei miei punti di forza. La usavo
per argomentare con enfasi ed efficacia i miei pensieri, i progetti e le conversazioni sia nel lavoro
sia nella vita di tutti i giorni.
Che cosa è l’afasia e nel tuo caso cosa è successo, il corpo voleva mandarti un segnale?
L’afasia è un disturbo del linguaggio che si manifesta in seguito a lesioni cerebrali come ictus (come
nel mio caso), trombosi, emorragie, traumi cranici, tumori ed encefaliti. In pratica non sei più in
grado di esprimerti normalmente e con proprietà di linguaggio o, peggio, emetti solo suoni
gutturali, come è accaduto a me. Solo attraverso la logopedia è possibile recuperare in parte la
parola. Mi ci è voluto un colpo tanto grave ma ho capito che mi sarei dovuta fermare. È stato un arresto.
Dato che la mia voce era parte integrante del mio essere, sono stata colpita nel mio tendine di
Achille. Tutto è scaturito da un infarto seguito da un ictus, tanto che sono stata colpita al 95% nella
parola e al 5% nella parte fisica, con una paresi che oggi sta andando verso lo zero. Questo mi
porta a fare una vita normale e completa di tutte le attività: il lavoro, la guida, lo sport. Il mio
eloquio invece non è ancora perfetto e spesso mi scambiano per straniera. Ma oggi sono più felice.
Quali sono le tue priorità?
​Le mie priorità stanno nell’assaporare la vita e nel cogliere tutti i suoi aspetti con accettazione, sia i
più belli sia i meno piacevoli. La vita ci regala tanto. Anche quando sono stata male e sono quasi
morta ho avuto un senso di pace dovuto al fatto di essere viva. Lo stesso quando ho perso la
parola, anche se in un secondo momento ho capito che sarebbe stato complicato gestire il lavoro.
Ma la prima reazione è stata amare il fatto di essere viva ed esserne grata. In seguito è sopraggiunto un senso di impotenza nel non riuscire a pronunciare le parole, come una persona che è dentro un vetro: sente tutto ma non può interagire. E si sente sola. Non avevo una valvola di sfogo, mi sentivo come un neonato che cerca di emettere suoni per comunicare il suo stato d’animo. Per sopperire a questa mancanza ho inventato un linguaggio fatto di gesti ed espressioni facciali per comunicare dissenso o approvazione.
Qual è la tua mission in questo momento?
La mia mission è aiutare le persone che sono state colpite da afasia e sono meno fortunate di me,
in particolare l’associazione che si prende cura degli afasici, A.IT.A. Federazione (Associazioni
Italiane Afasici), a cui voglio donare parte dei ricavati della vendita del libro. Oltre a questo, intendo sensibilizzare la stampa e le persone sul tema dell’afasia. Parte tutto dalla gratitudine per la vita.
Perché hai sentito l’esigenza di scrivere un libro?
È stata una sfida e una rivincita con me stessa, perché per ripercorrere tutti i miei passi ho dovuto
fare un’analisi profonda per interiorizzare la lezione e cogliere il significato della malattia. Ho voluto
raccontare la mia storia per lasciare un messaggio di speranza. Non voglio essere una maestrina, ma non sopporto le persone che si lamentano di cose futili e non si mettono nei panni degli altri perché sono troppo concentrate nel loro dolore o disagio. Ho scritto questo libro perché volevo condividere la mia esperienza: dalla difficoltà si può sempre emergere, se lo vogliamo.
Chi è Ugo (il mio terzo cane arrivato da due mesi si chiama così) e quanto è stato importante nel tuo percorso di ritorno alla voce e alla vita?
Ugo è un angelo. Incarna uno spirito nobile e puro come tutti gli animali. Per me in particolare ha
rappresentato la spinta a reagire nonostante tutto grazie alla sua gioia di vivere. Io e Ugo siamo
sempre insieme, anche nel lavoro. Dopo l’ictus e l’afasia ho ottenuto un certificato medico grazie al
quale posso portare Ugo con me ovunque vada: in treno, in aereo e agli eventi di lavoro.

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