Emicrania, come si manifesta e si affronta

L'emicrania non è un comune mal di testa, ma una patologia neurologica che affligge in prevalenza le donne, con un forte impatto sul proprio benessere personale e mentale.

Pubblicato: 26 Ottobre 2021 12:40

DiLei

Redazione

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I numeri non mentono mai. L’emicrania è la terza patologia più diffusa al mondo e colpisce il 18% delle donne, il doppio rispetto agli uomini. A confermare il peso della condizione sulle donne altri due dati: nella vita fertile si può salire anche intorno al 25% di giovani che ne soffrono e, come se non bastasse, nella donna gli attacchi tendono ad essere più severi e lunghi. Eppure ancora tante, troppe persone fanno l’errore di “rinchiudersi” con la propria cefalea, senza fare riferimento al medico per eventuali terapie, “togliendosi” una parte della vita con gli altri. Occorre rompere questo muro fatto di dolore e solitudine per “riprendersi” l’esistenza. Ma bisogna conoscere contro chi si combatte, come racconta Simona Sacco, Professore Ordinario di Neurologia, Università degli Studi dell’Aquila. Ed è questo l’obiettivo della campagna di informazione e sensibilizzazione “Emicrania, una storia segreta”, promossa da Lilly con il patrocinio di Al.Ce. Italia – Alleanza Cefalalgici, della Società Italiana per lo Studio delle Cefalee, dell’Associazione Neurologica Italiana per la Ricerca sulle Cefalee e della Società Italiana di Neurologia, che mira ad offrire un punto di riferimento e un supporto per le persone che convivono con l’emicrania e cercano informazioni. Sopportare in silenzio l’emicrania non è l’unica opzione: una conoscenza maggiore della patologia e il supporto del medico possono aiutare a gestirla al meglio. Scopri la campagna, visita il sito!

Identikit dell’emicrania

Tecnicamente l’emicrania si definisce come una malattia neurologica caratterizzata da episodi ricorrenti di mal di testa da moderato a severo, che si manifesta con attacchi della durata di 4-72 ore. Caratteristiche peculiari di questa cefalea sono la localizzazione su un solo lato del cranio, il dolore pulsante di intensità media o forte che si aggrava con le attività fisiche quotidiane, la possibile associazione con nausea, vomito, fastidio alla luce e al rumore.  Si tratta di un processo in diverse fasi, spesso in sequenza che si annuncia già 24 ore prima dell’attacco con sintomi quali stanchezza, irritabilità, sbadigli, depressione, ricerca di cibi dolci, per poi sfociare nell’attacco acuto vero e proprio che può durare dalle 4 alle 72 ore. In questa fase si manifestano dolore forte, che riguarda generalmente una metà del capo, e un corteo di sintomi associati come nausea, vomito, fotofobia e fonofobia. Il dolore emicranico è pulsante e si accentua con sforzi fisici anche minimi (es. sollevare un peso). Gli effetti dell’emicrania possono persistere per alcuni giorni dopo che il mal di testa è finito. Questa fase è chiamata fase post-dromica e si manifesta con sensazione di dolorabilità nella zona dove si era presentata l’emicrania, stanchezza, difficoltà cognitive, sintomi gastrointestinali, cambiamenti dell’umore. Inoltre, nel 30% dei soggetti emicranici, la fase dolorosa è preceduta dalla cosiddetta “aura” caratterizzata da specifiche alterazioni sensoriali, con disturbi visivi, alterazione della sensibilità e più raramente difficoltà a parlare. L’aura ha una durata variabile da pochi minuti a un’ora, si risolve spontaneamente ed è in genere seguita dalla comparsa del dolore emicranico.

Perché può diventare cronica

Gli attacchi possono ripetersi diverse volte in un mese e sulla base della frequenza è possibile distinguere tra emicrania episodica, che colpisce fino a 14 giorni al mese ed emicrania cronica, con problemi 15 o più giorni al mese. L’emicrania episodica evolve, nel 2,5% dei pazienti ogni anno, in emicrania cronica, che ha una prevalenza di circa il 2% nella popolazione generale.  La “trasformazione” negativa che porta alla cronicizzazione appare legata ad abitudini, come trattamento inadeguato dell’attacco, iperuso di analgesici e caffeina, ansia, depressione, stile di vita, obesità e ad elementi non modificabili. Qualche esempio? Genere femminile, età sopra i 40 anni, basso livello socioeconomico, separazione/divorzio/vedovanza, eventi stressanti e traumi cranici e cervicali.

Cosa succede al cervello dell’emicranico

Il cervello emicranico è ipereccitabile e ipometabolico, cioè spende più energia di quanta ne produca. La sua caratteristica è di convertire in dolore gli stimoli non dolorosi quali lo stress, le variazioni ormonali femminili, i cambiamenti climatici, le irregolarità del ritmo sonno-veglia e il digiuno. Un ruolo chiave è svolto dalla corteccia pre-frontale e dall’ipotalamo. Durante la fase dolorosa il primo attore è il sistema trigemino-vascolare costituito dall’interconnessione tra prima branca del trigemino e i vasi sanguigni delle meningi. Nel corso dell’attacco le terminazioni trigeminali si attivano e liberano diverse sostanze tra cui CGRP, neurochinine e sostanza P con conseguente dilatazione dei vasi sanguigni che danno origine alla pulsatilità del dolore. Inoltre, i meccanismi emicranici sarebbero legati anche a un deficit del sistema di protezione dal dolore a causa di una disfunzione dei nuclei serotoninergici e noradrenergici. Esistono anche possibili fattori scatenanti, come allergie, luci intense, rumori, alcuni odori e profumi, stress, fumo, alcol, fluttuazioni del ciclo mestruale, alimenti.

Come si affronta

L’importante è fare riferimento allo specialista, senza soffrire in cerca di soluzioni fai da te o terapie improbabili, anche per ridurre il rischio di cronicizzazione. Facile a dirsi, ma oggi in Italia più di un paziente su 4 presenta una frequenza di emicrania superiore a 5 giorni al mese, considerato valore soglia per l’adozione di una terapia preventiva. Eppure, la terapia di profilassi viene adottata solo dall’1,6% dei soggetti eleggibili. Inoltre, solo il 6,3% degli emicranici tratta l’attacco acuto con i farmaci selettivi e specifici, ben più efficaci degli analgesici da banco. Lo studio IRON, poi dimostra come il 48,5% dei pazienti emicranici cronici abbia eseguito accertamenti inutili o impropri; quanto alla consultazione di uno specialista, l’emicranico solo nel 52,6% dei casi ne ha consultato uno e nel 19,6% dei casi non idoneo. Chi ha pensato di sentire il parere di uno specialista si è rivolto in media a 7 diversi specialisti.

Fatta questa necessaria precisazione, ricordiamo che la terapia si distingue in terapia di profilassi, volta a prevenire gli attacchi e terapia acuta, per il trattamento dell’attacco. Ogni trattamento farmacologico deve essere associato all’adozione di un miglioramento delle abitudini di vita e alla rimozione di fattori scatenanti evitabili.

Lo scenario della terapia acuta è cambiato nel 1991 con l’arrivo di molecole specifiche, selettive, con buona efficacia. Il 30% dei pazienti non risponde però a questi farmaci. Attualmente sono allo studio altre classi farmacologiche.  La terapia preventiva deve essere affiancata alla terapia acuta quando il paziente presenta almeno 4 giorni al mese di emicrania disabilitante. La profilassi va eseguita per un periodo continuativo di 4-6 mesi e si considera efficace quando induce una riduzione della frequenza degli attacchi di almeno il 50%. I farmaci più utilizzati appartengono alle classi farmacologiche di antiepilettici, calcio-antagonisti, beta-bloccanti, antidepressivi. È disponibile anche la tossina botulinica di tipo A, approvata in Italia per il trattamento dell’emicrania cronica in pazienti che non rispondono o sono intolleranti ai farmaci di profilassi.

Tra le terapie di profilassi, l’EMA (Agenzia Europea del Farmaco) ha di recente autorizzato una nuova categoria di farmaci, degli anticorpi monoclonali, che si somministrano mensilmente per via sottocutanea. A differenza delle precedenti terapie di profilassi, quest’ultima classe di farmaci è stata sviluppata specificamente come trattamento preventivo dell’emicrania e può essere impiegata in pazienti con almeno 4 attacchi al mese con un’alta efficacia nella riduzione, fino alla metà, della frequenza degli attacchi, associata ad un profilo di sicurezza e tollerabilità rassicurante.

In collaborazione con Lilly

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