Eva ha una voce calda e avvolgente, come la sua storia, come la sua vita. Ogni parola che esce dalla sua bocca sembra misurata, quasi a non voler sprecare fiato, quasi a volersi dare tempo, quel tempo che più di una volta le è sembrato sfuggire dalle mani, perché se un cancro sembra la porta verso l’inferno, figuriamoci due, figuriamoci una diagnosi di metastasi, arrivata in un momento di felicità, con il seno ancora pieno di latte.
Eppure la voce di questa incredibile donna rimane ferma, dolce, riesce anche a sorridere ricordando, lo capisco da come si increspano le labbra quando parla dei suoi due figli, Noah Enzo e Nina Flor, un cespuglio di capelli e un sorriso travolgente, tra fiori e spiagge bianche, una palma e un letto d’ospedale, dopotutto come dice lei “due figli sono tanti, e lo sono ancora di più se hai lottato per averli”. Già, perché Eva è una mamma di pancia e una mamma di cuore, ma è soprattutto una donna che non ha mai smesso di credere nei sogni e nel lieto fine, inseguendolo, agognandolo, e se è vero che il cinema imita la vita, la sua, di vita, sembra davvero un film, che inizia con “c’era una volta” e finisce con “e vissero tutti felici e contenti”, anche se questa felicità sembra sempre sfuggirle all’ultimo secondo, come se la sofferenza non fosse mai abbastanza.
In questo viaggio alle porte degli inferi al suo fianco un principe che non l’ha mai abbandonata, un uomo che è stato la sua casa, il suo buen retiro ovunque si trovasse, il padre dei suoi figli, il custode delle sue paure, Roberto, che di fatto è il suo “doppio” marito, avendola accompagnata all’altare per ben due volte, e questa forse è stata la sua arma segreta, quell’asso nella manica che non sapeva di avere, nascosto tra le carte, tra un sette e un jolly, che l’ha amata con i capelli, e senza, con le lacrime ed i sorrisi, come un Orfeo qualunque che sfida le porte dell’aldilà per andare a riprendere la sua Euridice, riuscendoci ogni volta. Questa è la storia di una donna, della sua vita in cura, o in cura per la vita, del suo cancro che è “una montagna russa, una chance di esistenza che si ripete all’infinito”, ma soprattutto dell’amore che le ha permesso di raggiungere i suoi sogni ed i obiettivi. Centimetro dopo centimetro. Questa è la storia di Eva e della sua meravigliosa famiglia.
“Mi chiamo Eva e sono nata a Prato – in Toscana. Quando avevo otto anni è nata mia sorella Clarissa e in quello stesso periodo i miei genitori si sono separati. Sono sempre stata uno spirito libero e ho avuto la grande fortuna di avere una mamma e un babbo che hanno assecondato questo mio modo di essere. A vent’anni sono andata a vivere a Londra – dove sono rimasta circa un anno. Desideravo una vita fuori dalle righe e credo che questo mio sogno di ragazza sia stato preso alla lettera.”
L’incontro con il tuo futuro marito dove avviene?
Roberto, il mio attuale marito, è entrato a far parte della mia vita a gennaio 2005, otto giorni dopo la perdita di mio padre. Ci conoscevamo già, ma eravamo giovani e spensierati. La morte del mio babbo mi ha fatto diventare donna all’improvviso, la vita mi ha mostrato per la prima volta la sua faccia crudele e quella è stata la prima volta che Roberto mi ha salvata dal dolore, rimanendo al mio fianco. Negli anni non ha mai smesso di farlo – ma questo lo avrei scoperto dopo.
Sei volata a Las Vegas per sposarti, come mai?
Non potevo sapere se si trattasse dell’uomo giusto, ma ci siamo amati follemente da subito e quello è bastato per farci attraversare l’oceano per scambiarci le fedi nella sfavillante Las Vegas. Volevamo legare i nostri cuori, non sentivamo la necessità di un matrimonio tradizionale. Ricordo quel giorno come uno dei più incredibili di tutta la mia vita: la cerimonia in piena notte, gli abiti affittati, la limousine per arrivare in chiesa, due amici come testimoni, una diretta internet per rendere partecipi i nostri cari dall’Italia e il nostro indimenticabile «Yes, I do».
Da lì in Brasile da expat, cosa ti ha spinta a trasferirti?
Nel 2010 l’occasione giusta al momento giusto ci ha fatto nuovamente attraversare l’oceano per approdare in Brasile. Negli anni siamo cresciuti insieme a quel lavoro, a oggi ci occupiamo della gestione di un grande hotel e di una “cabana” – una sorta di stabilimento balneare – a Porto Seguro. Viviamo in un Paese tropicale, nello stato di Bahia, davanti ad un oceano sconfinato che è diventata la cornice della nostra vita.
Nel 2012 diventi mamma adottiva, che era da sempre il tuo piano A.
Nel 2011 abbiamo scoperto di non poter procreare naturalmente. Il nostro piano A è stato da subito l’adozione, un percorso che avevamo già intrapreso e che abbiamo visto come la naturale evoluzione per creare la nostra famiglia. Siamo stati molto fortunati, dalla presentazione della domanda alla chiamata sono passati solo tre mesi e a luglio 2012 siamo diventati genitori di Noah Enzo.
Nel 2016 diventi mamma con la pancia, come dici tu, dopo due tentavi di PMA e una perdita.
Nel 2014 abbiamo iniziato il nostro primo tentativo di procreazione medicalmente assistita, generando una vita che purtroppo non è mai venuta al mondo. Quella perdita è stata davvero dolorosa, una cicatrice che tutt’oggi portiamo sul cuore. Nel 2015 il secondo tentativo, generando ancora la vita che però è sbocciata in una bambina che oggi risponde al nome di Nina Flor.
Poco dopo la nascita di tua figlia hai scoperto di avere un tumore, come è successo?
Nel 2016, quando mia figlia aveva appena quaranta giorni e finalmente ci sentivamo completi, il melanoma ha aperto un nuovo capitolo della nostra vita. Si tratta della forma più aggressiva di tumore della pelle e in quello stesso anno sono stata operata nella zona lombare per ripulire la zona colpita da eventuali ulteriori cellule tumorali. L’intervento è riuscito e sembrava davvero tutto risolto, sebbene la gravità della diagnosi stonasse con la sua rapida risoluzione.
A distanza di tempo, però, il tumore è tornato.
A distanza di due anni, il cancro si é ripresentato – questa volta colpendo la mia testa. Per alcuni mesi avevo avuto problemi a formulare pensieri e soprattutto a parlare. Poi, una violenta crisi convulsiva seguita da una risonanza magnetica per capirne l’origine. Metastasi cerebrale, la sentenza e una vita completamente stravolta. Pochi giorni dopo dalla scoperta mi sottoponevo alla mia prima craniotomia. Nel 2019 una seconda operazione al cervello. In questi anni di malattia le metastasi si sono ripresentate più volte.
Su Instagram hai un grandissimo numero di follower che ti seguono e fanno il tifo per te, inondandoti di affetto, quanto è importante avere una finestra affacciata sul mondo, durante una malattia pesante come quella che stai vivendo tu?
Attraverso i miei social ho ricevuto un sostegno che mai avrei creduto. Da sempre amo raccontare storie, poter condividere la mia è stato e tutt’ora è terapeutico. L’affetto che mi è arrivato dal web è stato parte della mia cura, l’energia ha veramente un potere enorme e quelli che vengono definiti “followers”, io li considero famiglia – seppur virtuale. Devo a loro buona parte della forza, coraggio e positività che altrimenti sarebbe mancata. A loro dico grazie, all’infinito e oltre.
Cosa ti senti dire a chi sta vivendo una situazione analoga alla tua, e magari non ha il tuo stesso coraggio?
A chi sta attraversando ostacoli nella propria vita, che si tratti di infertilità, di adozione, di procreazione medicalmente assistita, di tumore, mi sento di dire di non mollare. La certezza che tutto andrà bene non possiamo averla, nessuno può assicurarci che ce la faremo, ma tentare è l’unica via per riuscire e soprattutto, per non avere rimpianti. Sapere di aver tentato il possibile e anche l’impossibile, è una spinta enorme. Come la speranza che non deve mai mancare, quel sentimento che manda avanti il mondo.