Retinite pigmentosa: che cos’è, sintomi, cura

La retinite pigmentosa è un gruppo di malattie genetiche rare che causano la degenerazione progressiva della retina, portando a una riduzione della visione notturna e periferica

Pubblicato: 6 Giugno 2024 16:02

Chiara Sanna

Ottico

Diplomata in Ottica e Optometria, è abilitata ed esercita la professione di Ottico, affiancandola al proseguimento dei suoi studi in Scienze Infermieristiche.

La retinite pigmentosa è una patologia che colpisce la retina, la più comune di un gruppo di degenerazioni ereditarie progressive o distrofie retiniche.

La retina è la struttura deputata alla ricezione degli stimoli luminosi e alla loro conversione in impulsi elettrici che vengono poi inviati alla corteccia visiva primaria (sita nel lobo occipitale) che ha il compito di elaborarli ed integrarli per ricostruire l’immagine.

La retina svolge le sue funzioni grazie ad una architettura complessa caratterizzata dalla presenza di microscopiche strutture dette fotorecettori. Questi possono essere suddivisi in coni e bastoncelli e la loro involuzione, per meccanismi di apoptosi (morte cellulare programmata), porta allo sviluppo della retinite pigmentosa.  La retina perde progressivamente la sua capacità fotosensibile.

La retinite pigmentosa è una malattia dal carattere cronico e progressivo, attualmente non è disponibile un trattamento risolutivo, ma è possibile intervenire per rallentare la progressione della malattia. La patologia interessa entrambi gli occhi e può essere trasmessa su base ereditaria (autosomica dominante, autosomica recessiva o legata all’X).

Sintomi della retinite pigmentosa

I sintomi tipici della retinite pigmentosa non si limitano ad una scarsa qualità visiva, ma comportano una serie di manifestazioni caratteristiche per questa malattia.

Nelle fasi iniziali, non è raro che i pazienti lamentino una ridotta visione notturna o difficoltà ad orientarsi in ambienti scarsamente illuminati. La cecità notturna è, il più delle volte, associata ad una difficoltà di adattamento nel passaggio dalla luce al buio (e viceversa), ad una ridotta tolleranza agli stimoli luminosi (fotofobia) e alla fotopsia, cioè la visione di lampi e flash luminosi.

Non sono pochi i pazienti che lamentano un restringimento del campo visivo, in particolare quello periferico: inizialmente si avverte una riduzione laterale del campo visivo ma il restringimento può subire una progressione fino a condurre alla cecità. Lo scotoma anulare periferico, una macchia che appare sulla zona periferica della retinica, si allarga progressivamente andando ad interessare tutto il campo visivo. Può succedere che, con la progressione della patologia, la visione diminuisca ulteriormente perché, ad essere intaccata, non è più soltanto la retina periferica, ma anche la sua area centrale detta macula. La retinite pigmentosa che colpisce l’area maculare può condurre a completa cecità.

Il soggetto affetto da retinite pigmentosa inciampa spesso e va a sbattere contro ostacoli di ogni tipo, specie se posti nella porzione periferica del suo campo visivo. Inoltre, avverte una certa difficoltà nel valutare la dimensione degli spazi che stanno intorno a sé. 

I pazienti con retinite pigmentosa possono sviluppare altre patologie oculari come l’edema maculare o la cataratta. Si parla di retinite non-sindromica quando alla malattia non si associano altre patologie e complicanze a livello oculare.

Il decorso della retinite pigmentosa è piuttosto lento e varia da persona a persona. La malattia non può essere guarita ma, grazie ai trattamenti della medicina moderna, è possibile rallentarla ed alleviarne i sintomi.

Cause e fattori di rischio della retinite pigmentosa

Le cause della retinite pigmentosa sono dovute a:

Diagnosi della retinite pigmentosa

La diagnosi di retinite pigmentosa si basa su un’attenta e dettagliata anamnesi, volta allo studio approfondito della sintomatologia presente e all’osservazione di altri casi di retinite pigmentosa in famiglia. La diagnosi  si elabora in presenza dei seguenti segnali:

Inoltre il paziente può lamentare difficoltà a vedere di notte o in condizioni di scarsa luminosità, per cui l’oculista osserverà se è presente il caratteristico pigmento nel fondo oculare (guardando gli strati posteriore dell’occhio con l’oftalmoscopio, uno strumento che consente la visualizzazione della parte posteriore dell’occhio, cercando attraverso la pupilla).

Il percorso diagnostico si avvale di test specifici:

Data la forte componente ereditaria della malattia, si consiglia una visita specialistica a tutti i membri della famiglia alla quale può far seguito un’indagine genetica per valutare eventuali alterazioni nei geni responsabili dell’insorgenza della patologia.

Modalità di trattamento della retinite pigmentosa

La retinite pigmentosa è una malattia progressivamente ingravescente. Non si può curare definitivamente, ma è possibile rallentarne il decorso. Nei pazienti che abbiano manifestato perdite complete di porzioni del campo visivo risulta impossibile un recupero totale.

La patologia è in fase di studio, si stanno sperimentando differenti approcci terapeutici. Le analisi genetiche risultano fondamentali per individuare quali geni siano responsabili della comparsa della patologia, in modo da poter avere una base fisiopatologica su cui sviluppare una terapia genetica, volta a sostituire i geni alterati responsabili della malattia con quelli sani.

Nuovi approcci, in fase di sperimentazione, includono l’utilizzo di cellule staminali e l’impianto di protesi retiniche, quest’ultime ideali per pazienti in stadio avanzato di malattia.

Il medico oculista può ritenere utili le iniezioni a livello retinico o del vitreo (vengono inoculati alcuni principi attivi in grado di aumentare la proliferazione delle cellule sane rimaste).

L’ossigenoterapia iperbarica è, infine, la terapia più utile per rallentare la perdita dei fotorecettori, rallentando la progressione della malattia.

Essendo una patologia geneticamente determinata, nella maggior parte dei casi, non esiste un’efficace prevenzione primaria. Per ridurre il tasso di complicanze e rallentare la progressione della malattia può essere utile l’assunzione esogena di Vitamina A, Omega 3, luteina e zeaxantina.

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