Contrordine genitori, troppe verdure fanno male ai vostri bambini. Allarmati dalle statistiche, ben istruiti da stampa specializzata, manualetti e pamphlet, mamme, papà, nonni, baby sitter e strutture per la prima infanzia sono impegnati nella quotidiana battaglia del mangiar sano.
Regola numero uno: 5 porzioni di frutta e verdura ogni giorno. Naturalmente il piccolo di casa non ne vuole sapere, e naturalmente a ogni pasto si ripete il braccio di ferro. Parola d’ordine: “Finisci le tue verdure”. Bene, secondo gli esperti inglesi i bambini in età prescolare ne ingurgiterebbero troppe. L’ossessione salutistica dei genitori più attenti (e più stressati) avrebbe raggiunto l’effetto opposto.
I grassi? Una manosanta per i più piccoli. Secondo i dietologi britannici interpellati dal Daily Mail, troppe fibre e pochi grassi nella dieta degli under 5 porterebbero deficienze vitaminiche e di crescita. Le necessità alimentari dei bambini in età prescolare sono diverse da quelle dei fratellini più grandi. Molti asili nido e scuole materne inglesi sottoposte alla ricerca, per esempio, offrivano ai loro piccoli ospiti porzioni troppo magre. Nel piatto i bambini trovavano poche calorie, pochi grassi e troppe verdure e frutta.
Gli specialisti in pediatria della Brighton University ribadiscono che i corpi dei bimbi in età prescolare hanno bisogno di cibi ricchi in energia suddivisi in piccoli pasti lungo tutto il giorno. Troppe fibre, frutta e verdura rischiano di inibire la capacità del corpo di assorbire gli altri nutrienti, inclusi i minerali-chiave come il ferro, essenziale nella crescita. Le fibre, poi, danno ai bambini un senso di sazietà che li frena dal mangiare tutte le altre sostanze di cui hanno bisogno.
Grassi, carboidrati, zuccheri, proteine, vitamine e minerali: a un bambino in crescita serve tutto. Sarebbero per il momento “fuori pericolo” da overdose di frutta e verdura i bambini italiani: solo il 13% consuma 4 porzioni al giorno di questi alimenti, e a malapena due su 100 arrivano alle famose 5 (i dati provengono da un’indagine Simg – Società italiana di medicina generale – e Fimp – Federazione italiana medici pediatri).