Corrado Oddi, attore e regista, è il direttore artistico del Jacovella da Celano Film Festival. Il grande pubblico lo conosce per la sua partecipazione a fiction di successo, come Il Paradiso delle Signore o Squadra antimafia, Palermo oggi. Ed è l’ideatore, co-sceneggiatore e interprete del film, Parola di Tommaso, per la regia di Matteo Vanni.
Noi abbiamo intervistato Corrado Oddi in qualità di direttore artistico del Festival che mette in mostra le donne e gli uomini esemplari, raccontando storie di speranza oltre il dolore e la violenza. A presentare la serata finale, il 26 luglio, c’è Laura Freddi (leggi la nostra intervista).
Com’è nata l’idea di dar vita a un Festival che premia figure esemplari, sia femminili che maschili, il Jacovella da Celano Film Festival?
Tutto è cominciato quasi per caso in un liceo di Avezzano. Alcuni studenti mi raccontarono una leggenda legata a una figura femminile vissuta nel Quattrocento. Era una donna forte, colta, indipendente, che secondo i racconti ottenne persino un divorzio nel 1401, un evento impensabile per l’epoca. Questa storia mi ha profondamente colpito. Mi sono documentato, ho cercato conferme e fonti, e più scoprivo, più mi rendevo conto di quanto fosse ingiusto che la memoria collettiva l’avesse praticamente cancellata. Nessuno ne parla nelle scuole, nei libri di testo, nella cultura popolare.
Ho sentito il bisogno di restituirle spazio. Così è nato il Festival, che vuole proprio mettere in luce storie di donne — e uomini — capaci di lasciare un esempio.
Nel Festival si dà spazio non solo a donne vittime, ma anche e soprattutto a donne simbolo, è così?
Esatto. In tv e al cinema si raccontano spesso storie di donne maltrattate o sottomesse. Io volevo mostrare altro. Non negare la violenza, certo, ma cambiare prospettiva. Credo che continuare a mostrare solo il dolore possa persino generare nuova violenza. Invece, ispirare attraverso esempi positivi — questo è il vero potere del cinema. Ma io non faccio distinzione di genere, infatti nel Festival vengono raccontati sia uomini che donne esemplari, li metto alla pari.
E quali cortometraggi avete selezionato quest’anno?
Quest’anno abbiamo veramente dei corti eccezionali. Sono stati selezionati tra una cinquantina di lavori che ci sono arrivati da una giuria sia tecnica e sia popolare. Ecco, questo è un altro aspetto importante del Festival: avere una funzione sociale.
Per quanto riguarda i quattro cortometraggi finalisti, c’è Dive, di Aldo Iuliano, in corsa agli Oscar 2025. Avere un corto del genere in un piccolo festival alla sua terza edizione è un grande orgoglio; c’è Balentia di Niccolò Lorini, un corto inedito che racconta del primo fantino donna che è sarda; poi abbiamo Il treno speciale di Luigi Cianciaruso che evoca con delicatezza il disastro ferroviario di Canosa di Puglia, ma con uno sguardo di speranza; e infine, Il racconto di Ester di Simone Barletta, su un uomo affetto da Alzheimer che si aggrappa alla vita con dignità.
A proposito di uomini esemplari, ne hai interpretati diversi, penso a Giovanni Falcone nel docufilm per Rai Storia, Giovanni Falcone. C’era una volta Palermo e hai diretto il film Parola di Tommaso su Tommaso da Celano, ce ne parli?
È un progetto che porto avanti da oltre dieci anni. Tommaso da Celano è stato il primo biografo ufficiale di San Francesco d’Assisi. Le sue Vita Prima e Vita Seconda sono fondamentali, ma furono oscurate per secoli, anche per motivi interni all’ordine francescano. Ho provato più volte a raccontare la sua storia: prima come docufilm, poi come corto, e infine come film vero e proprio. Ce l’ho fatta. È un’opera lunga, intensa, quasi due ore e venti, girata con grande cura. L’obiettivo? Restituire a Tommaso il posto che merita nella storia culturale e spirituale italiana.
Tra l’altro, pochi lo sanno, ma Stanley Kubrick chiese al suo compositore di adattare il Dies Irae di Tommaso per la colonna sonora di Shining. Quella sequenza iniziale, con la macchina che sale verso l’hotel, è costruita proprio su quel brano. Se il film riuscirà a far uscire gli spettatori dal cinema almeno con questa impressione, dicendo “Ah, questo è quello che ha scritto il Dies Irae!”, allora avrò raggiunto il mio obiettivo.
Un obiettivo non solo artistico, quasi educativo
Il cinema, per me, è anche questo. Mostrare, educare, risvegliare. Restituire voce alle storie sepolte, dare strumenti per leggere meglio il presente. Ed è un lavoro che voglio continuare a fare, con passione e responsabilità.
Il mio cinema parte da un’idea quasi “sacra”. Mi ispiro alla tragedia greca, dove lo spettatore non era solo intrattenuto, ma purificato. La catarsi era lo scopo. Come diceva Fellini: “Non voglio dimostrare, voglio mostrare”. Il potere del cinema sta proprio qui. Le immagini che scorrono possono cambiare una coscienza.