L’amiloidosi cardiaca fa parte di un gruppo di malattie conosciute come amiloidosi. Si tratta di patologie rare caratterizzate dal deposito di amiloide, del materiale proteico insolubile che può danneggiare i tessuti e gli organi. Il cuore è uno degli organi in cui, con maggiore frequenza, si deposita l’amiloide. Finora sono state descritte diverse tipologie di amiloidosi. Quelle che coinvolgono con maggiore frequenza il cuore sono:
- Amiloidosi sistemica di tipo AL, originata da un clone plasmacellulare che produce delle catene amiloidogeniche. Questa patologia risponde ai trattamenti specifici chemioterapici che hanno come obiettivo quello di arrestare o rallentare la produzione della proteina che provoca i depositi.
- Amiloidosi ereditaria, provocata dall’accumulo di transtiretina, una proteina prodotta dal fegato, che può diventare amiloidogenica in seguito a mutazioni puntiformi e depositarsi nei diversi organi e tessuti. In particolare, oltre al cuore, può colpire il sistema nervoso periferico e quello autonomico.
- Amiloidosi causata dall’accumulo di transtiretina non mutata.
Indice
Cos’è l’amiloidosi cardiaca
L’amiloidosi cardiaca è una patologia causata dal deposito di amiloide nel tessuto cardiaco, denominato miocardio. Esistono due forme principali di questa malattia: l’amiloidosi da catene leggere delle immunoglobuline e l’amiloidosi da transtiretina. Quest’ultima condizione ha due varianti: una forma non ereditaria da transtiretina wild type (non mutata) e una forma ereditaria da transtiretina mutata.
Sintomi dell’amiloidosi cardiaca
L’amiloidosi cardiaca è caratterizzata da un aumento dello spessore della parete miocardica che non può essere giustificato da altre cause. I pazienti affetti da amiloidosi cardiaca presentano, inoltre, bassi voltaggi all’elettrocardiogramma. Quando l’ipertrofia non è spiegabile, viene presa in considerazione l’amiloidosi che risulta, dunque, una diagnosi di esclusione.
Come si diagnostica l’amiloidosi cardiaca
In presenza di un sospetto di amiloidosi, solitamente, vengono prescritti un elettrocardiogramma ed un’ecocardiografia. Per diagnosticare l’amiloidosi cardiaca, inoltre, sono fondamentali i marcatori BNP ed NT-proBNP, che indicano la presenza di un’alterazione della parete.
Fra gli esami strumentali utili troviamo, inoltre, la risonanza magnetica e la scintigrafia miocardica. Per confermare la diagnosi e caratterizzare l’amiloidosi, infine, è importante un prelievo istologico. Nel corso dell’ecografia il medico noterà l’aumento dello spessore delle pareti ventricolari, del setto interatriale e l’ispessimento sproporzionato dei lembi della valvola atrioventricolare, oltre a una ipertrofia del ventricolo destro.
Gli studi attuali si concentrano sull’impiego di tecniche avanzate di imaging, come la risonanza magnetica cardiaca (CMR) e la tomografia ad emissione di positroni (PET), per identificare i depositi di amiloide nel tessuto cardiaco con maggiore precisione e sensibilità. Queste metodologie consentono di valutare l’estensione e la distribuzione dei depositi di amiloide, nonché di monitorare la risposta alla terapia nel tempo.
Inoltre, la combinazione di diverse modalità di imaging, come la CMR con gadolinio e la PET con traccianti specifici per l’amiloidosi, offre un approccio complementare per una valutazione più accurata della malattia. Il continuo sviluppo di nuove tecniche e protocolli di imaging promette di ampliare le nostre conoscenze sull’amiloidosi cardiaca e di migliorare la gestione clinica dei pazienti affetti da questa patologia.
Come si cura l’amiloidosi cardiaca
Esistono numerosi trattamenti per contrastare l’amiloidosi cardiaca. Solitamente vengono prescritti alcuni farmaci inibitori della produzione della proteina, efficaci per ridurre i sintomi e migliorare la qualità di vita dei pazienti. In ogni caso, una diagnosi precoce è fondamentale per impostare una terapia che risulti efficace.
Amiloidosi cardiaca: cos’è l’amiloidosi
Il termine amiloidosi indica un gruppo di patologie che sono caratterizzate dall’accumulo di materiale proteico, denominato amiloide. Quest’ultimo forma dei depositi in numerosi organi. La gravità, i sintomi e le conseguenze della malattia sono legati all’organo interessato e al tipo di amiloidosi.
Nella maggioranza dei casi, i depositi fibrillari sono diffusi e possono compromettere il funzionamento di diversi organi e tessuti. La diagnosi viene confermata tramite l’esecuzione di un esame bioptico che permette l’analisi di un campione di tessuto al microscopio. I sintomi variano a seconda del tipo di amiloidosi, così come i trattamenti che permettono di gestire i sintomi e di limitare la produzione di amiloide.
Localizzata o sistemica
L’amiloidosi è causata da cambiamenti nella struttura secondaria delle proteine. In condizioni normali le proteine vengono sintetizzate come una sequenza lineare di aminoacidi che ripiegandosi, assumono una forma specifica. Grazie a ciò, la proteina riesce a svolgere tutte le sue funzioni. Le proteine amiloidi derivano da un precursore che è stato elaborato in modo non corretto dalle cellule. A seconda del punto in cui sono localizzati i depositi amiloidi, è possibile classificare la patologia:
- Amiloidosi localizzata: in questo caso la patologia interessa un solo organo o un tessuto. Si tratta della forma meno grave della malattia ed è più diffusa nei pazienti in età avanzata o affetti da diabete di tipo 2.
- Amiloidosi sistemica: i depositi di amiloide si trovano in vari organi e hanno origine neoplastica, genetica o infiammatoria. Questa forma della patologia è piuttosto grave e colpisce soprattutto cuore, reni, nervi e intestino, portando gli organi ad una insufficienza progressiva.
Tipologie di amiloidosi cardiaca
Esistono diverse forme di amiloidosi a seconda della natura delle proteine che formano i depositi fibrillari. Troviamo quindi:
- Amiloidosi primaria (o amiloidosi a catena leggera, AL)
- Amiloidosi secondaria (o amiloidosi acquisita, AA)
- Amiloidosi ereditaria
- Amiloidosi associata all’invecchiamento (o amiloidosi sistemica senile)
- Amiloidosi AL
La forma più diffusa di amiloidosi sistemica è quella primaria (AL). La patologia è causata dall’accumulo di fibrille che contengono catene leggere delle immunoglobuline derivate da plasmacellule monoclonali. La malattia solitamente è la conseguenza di gammopatie monoclonali e può essere associata a mieloma multiplo oppure ad altri disordini linfoproliferativi che interessano le cellule B.
L’amiloidosi AL è caratterizzata dalla presenza di depositi fibrillari situati a livello degli organi che aumentano, fino ad essere clinicamente manifesti. I sintomi sono edema, perdita di peso, affaticamento e sono legati all’organo interessato oltre che alla dimensione del deposito. Nei reni, ad esempio, la patologia può provocare una insufficienza renale cronica, mentre quando si trova nel cuore può compromettere la capacità dell’organo di fornire sangue all’organismo in quantità adeguata. La malattia colpisce in particolare fegato, reni, cuore, sistema nervoso autonomo e periferico. In casi più rari può interessare anche polmoni, lingua, tiroide, intestino, pelle e vasi sanguigni, con segnali come porpora intorno agli occhi, petecchie, ecchimosi, mancanza di respiro, vertigini, debolezza e ritenzione di liquidi.
L’amiloidosi secondaria (AA) è meno comune. Viene chiamata anche amiloidosi acquisita perché può insorgere come complicazione di una malattia che causa una condizione infiammatoria persistente (tubercolosi, lebbra, artrite reumatoide) o in conseguenza di una patologia neoplastica. I punti tipici in cui avviene l’accumulo sono milza, reni, fegato, linfonodi e ghiandole surrenali. La cura, solitamente, parte dal trattamento della condizione di base.
L’amiloidosi sistemica senile è solitamente associata al naturale invecchiamento dell’organismo. Solitamente, viene riscontrata nei pazienti che hanno un’età superiore ai 60 anni. I depositi si creano e si accumulano a livello cardiaco e le cause delle formazioni ad oggi non sono ancora note. Anche i test diagnostici e i trattamenti specifici sono in fase di sviluppo.
Infine, troviamo l’amiloidosi ereditaria che è il risultato di un difetto genetico. Le mutazioni coinvolgono alcune proteine del sangue come, per esempio, la proteina transtiretina, TTR e si possono ereditare con modalità autosomica dominante. Questo tipo di amiloidosi colpisce in particolare il sistema nervoso, con depositi che possono formarsi anche a livello di cuore, reni e vasi sanguigni.
Amiloidosi cardiaca: gli ultimi studi
Sotto molti aspetti l’amiloide resta un mistero per gli studiosi. Questa proteina si accumula a livello di organi e tessuti, andando ad alterare progressivamente la funzionalità cellulare. Può interessare diverse aree dell’organismo, causando danni più o meno gravi. Questa alterata aggregazione proteica è alla base dello sviluppo della malattia di Alzheimer, anche se l’organo maggiormente interessato risulta essere il cuore. L’amiloidosi cardiaca può comparire in soggetti che non hanno familiarità o può avere base ereditaria. In ogni caso, provoca conseguenze che possono essere anche molto serie per il cuore che può andare incontro ad uno scompenso cardiaco.
L’ultima ricerca all’avanguardia è quella effettuata dai ricercatori del Centro per l’Amiloidosi della Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo e Dipartimento di Medicina Molecolare dell’Università di Pavia. Il team di esperti, guidati da Francesca Lavatelli, Giovanni Palladini e Giampaolo Merlini ha collaborato con i ricercatori del Dipartimento di Bioscienze dell’Università Statale di Milano indirizzati da Stefano Ricagno, Carlo Camilloni e Martino Bolognesi. Lo studio, pubblicato su Nature Communications, è considerato fra i più rivoluzionari ed attendibili riguardo l’amiloidosi cardiaca. Ha infatti svelato, per la prima volta, la struttura molecolare delle fibrille amiloidi cardiache ad altissima risoluzione, aprendo nuove strade per lo sviluppo di terapie sempre più efficaci come ad esempio terapie geniche, anticorpi monoclonali o farmaci inibitori dei depositi di amiloide.
I ricercatori del Centro per l’amiloidosi del Policlinico San Matteo hanno purificato le fibrille di amiloide cardiaca, caratterizzandole nell’aspetto biochimico. L’analisi ad alta risoluzione è stata realizzata presso il Laboratorio di Crio-microscopia Elettronica del Centro di Ricerca Pediatrica Romeo ed Enrica Invernizzi nel Dipartimento di Bioscienze dell’Università degli Studi di Milano. In questa struttura dal 2017 è stato installato un Talos Arctica 200 kV FEG, dotato di direct electron detector Falcon 3EC (ThermoFisher Scientific – FEI).
La ricerca sull’amiloidosi cardiaca è in continua evoluzione, con numerosi studi in corso per comprendere meglio la patogenesi della malattia e sviluppare nuove strategie terapeutiche. Tra le aree di ricerca promettenti vi sono la terapia genica per correggere le mutazioni genetiche associate all’amiloidosi ereditaria, l’identificazione di biomarcatori precoci per una diagnosi più tempestiva e l’uso di terapie specifiche per stabilizzare le strutture proteiche e rallentare il processo di accumulo di amiloide per migliorare l’efficacia dei trattamenti. Questi sforzi contribuiranno a migliorare la gestione dell’amiloidosi cardiaca e a offrire nuove speranze per i pazienti affetti da questa grave patologia.