Coltivare i lupini in vaso è una di quelle scelte che possono sorprendere: poco impegnativa, ma piena di soddisfazioni. Non parliamo dei fiori ornamentali che riempiono le aiuole, ma della pianta di lupini commestibili che spesso troviamo lessati e in salamoia. La pianta è rustica, cresce bene anche sui terrazzi e nei nostri balconi e non richiede cure continue. L’unica accortezza? Saper aspettare: i semi hanno bisogno di tempo per aprirsi, germogliare e maturare. Ma se seguiamo qualche accorgimento, possiamo ottenere un piccolo raccolto da gustare con orgoglio, direttamente a casa.
Indice
Cos’è il lupino (lupinus): il legume da coltivare e le diversità tra le varietà
Il lupino è una leguminosa antica, che affonda le radici nella storia agricola del Mediterraneo. Arrivato dal Medio Oriente, si è adattato in fretta ai climi più asciutti e ai terreni poveri, tanto da diventare – già in epoca romana – una coltura preziosa per le aree difficili, quelle dove poche altre piante riuscivano a prosperare. Non ha mai goduto di grande fama, ma ha sempre avuto un ruolo importante.
Oggi, le varietà più conosciute sono tre. Il lupino bianco, il più diffuso in Italia, è quello che troviamo sulle tavole, dopo una lunga preparazione. Il giallo e il blu, invece, fioriscono in contesti diversi, più freddi e meno adatti al nostro clima. Una cosa da sapere è che il colore distingue i fiori. La pianta è annuale, cresce dritta e slanciata, e in pochi mesi può superare anche il metro e mezzo. Alla sommità compaiono fiori raccolti in spighe eleganti; da lì nasceranno i baccelli che racchiudono i semi. Ma non è solo una pianta da raccolto: le sue radici migliorano la struttura del suolo, lo arricchiscono di azoto e lo preparano per le colture future.
Come coltivare i lupini
Coltivare i lupini bianchi in vaso non è complicato: parliamo di una pianta resistente, che non ha grandi pretese, ma per vederla svilupparsi bene – e produrre quei baccelli che poi diventeranno i lupini da gustare – dobbiamo darle almeno due condizioni essenziali: un clima favorevole e un terreno adatto. Sono questi i due elementi da cui partire, soprattutto se vogliamo avviare una piccola coltivazione casalinga, partendo dal seme.
Il clima giusto
Il lupino bianco, quello più comune nelle nostre zone, tollera bene le variazioni di temperatura. Resiste piuttosto bene al freddo, ma non ama le gelate persistenti. Nella fase iniziale della crescita ha bisogno di un clima mite, con giornate luminose ma non troppo calde. Il caldo secco può tornare utile più avanti, nella fase di maturazione dei baccelli: in quel momento, il sole aiuta ad asciugarli naturalmente sulla pianta. Se invece lo coltiviamo in una zona molto calda, meglio scegliere un’esposizione luminosa ma leggermente riparata, così da non stressarlo troppo nei mesi estivi.
Il suolo
Una delle cose più sorprendenti del lupino è la sua capacità di adattarsi anche ai terreni poveri. Non ha bisogno di concimi, non richiede interventi particolari: quello che conta è che il terreno non sia troppo compatto. Serve un suolo sciolto, ben drenato, che lasci spazio alla sua radice di affondare in profondità senza ostacoli. Se il vaso è troppo piccolo o il terreno trattiene troppa umidità, si rischiano marciumi. Per questo, prima di seminare, possiamo mescolare della sabbia o della perlite al terriccio, così da migliorarne la struttura. E se il terreno è un po’ acido, tanto meglio: il lupino ci si troverà perfettamente.
La coltivazione step by step
Conviene seguire un ritmo preciso, soprattutto all’inizio. La scelta del contenitore è fondamentale: meglio optare per un vaso profondo, almeno 30-35 centimetri, così da lasciare spazio alle radici, che crescono dritte e fittonanti, andando in profondità. Per il terriccio, va bene un substrato universale, alleggerito con sabbia o perlite. Aggiungere un po’ di torba aiuta a mantenere il pH leggermente acido, una condizione che il lupino apprezza. Una volta preparato il vaso, si passa alla semina. I semi vanno interrati a circa 2-3 cm di profondità, con una certa distanza tra uno e l’altro, soprattutto se si sceglie di coltivare più piantine nello stesso contenitore.
Nei giorni successivi è importante mantenere il terreno leggermente umido, evitando ristagni. Osserviamo i primi germogli nel giro di due settimane, e da lì in poi la crescita diventa regolare. Serve solo una buona esposizione al sole – almeno mezza giornata di luce diretta – e un’irrigazione costante. Un piccolo aiuto arriva anche da un concime leggero, ma senza esagerare: il lupino è una pianta rustica, e sa cavarsela anche con poco.
Quanto tempo ci mettono ad aprirsi e cosa fare dopo
Quando seminiamo i lupini bianchi in vaso, serve un po’ di pazienza. Dopo circa 10-15 giorni spuntano i primi germogli, ma da lì alla raccolta dei semi passeranno almeno 3-4 mesi, a seconda della stagione e dell’esposizione al sole. La fioritura avviene dopo circa 60 giorni, e da quel momento inizia la formazione dei baccelli, che tendenzialmente vengono raccolti in estate o a settembre.
Una volta coltivati e raccolti, i lupini non sono pronti da mangiare nell’immediato. Anzi, è proprio qui che inizia la parte più lunga e paziente dell’intero processo: la preparazione. I semi freschi, appena usciti dai baccelli secchi, sono duri, amari e contengono alcaloidi naturali che, se ingeriti crudi o senza trattamento, possono risultare tossici per l’organismo. Niente paura: è sufficiente “curarli” nel modo giusto per renderli commestibili e buonissimi.
I semi devono essere messi in ammollo in abbondante acqua fredda, che andrà cambiata più volte al giorno, perché dobbiamo eliminare l’amaro e ridurre il contenuto di alcaloidi. Dopo alcuni giorni – in genere ce ne vogliono almeno cinque – possiamo procedere con la lessatura in acqua salata. A quel punto i lupini sono pronti per essere gustati: al naturale, conditi con olio e sale oppure usati in insalate e piatti freddi. Chi ama le ricette tradizionali, li riconoscerà come classico “spuntino da banco”, venduti in salamoia o sottovuoto, già pronti. Insomma, dal seme alla tavola, i lupini chiedono tempo e qualche accortezza. Ma la soddisfazione finale – oltre al sapore – sta anche nella cura lenta e genuina che ci abbiamo messo.