Uomini casalinghi sono ancora pochi: ecco come educarli

Sono davvero una rarità i maschi che si occupano davvero della casa, proprio come fanno le donne. Tanto che c'è bisogno di un organo che li tuteli

Chissà perché casalingo sul dizionario non c’è: esiste sì, come aggettivo, ma come sostantivo no. C’è solo casalinga, al femminile. «Donna che si occupa della casa e della famiglia, senza esercitare una professione retribuita», dice il Gabrielli, con una definizione francamente ingenerosa. Tutta la poesia del casalingo («Amante della casa, della famiglia, della vita appartata») svanisce nel passaggio dalla o alla a. Un arcaismo della lingua italiana? Non solo, se si pensa che sul significato della parola inglese housewife nessuno discute, mentre househousband è un termine che è utilizzato per lo più scherzosamente.

Insomma, siamo indietro, a partire dal vocabolario. L’uomo medio di media età, di media cultura e scolarizzazione è tendenzialmente incapace di badare a se stesso, e figuriamoci un’intera casa ripiena di abitanti. E qui nasce il tarlo del dubbio: Ci è o ci fa? Spesso poi la stessa tipica lamentela femminile, «mio marito non dà una mano» contiene un implicito tranello maschilista che ormai le donne hanno interiorizzato, come se le faccende domestiche fossero totalmente di loro pertinenza e l’uomo avesse il solo compito di supportarle sporadicamente (dare una mano, appunto). Stessa cosa nella cura dei figli: «è un bravo papà, cambia anche i pannolini» è un’affermazione assurda, come se qualcuno giudicasse una mamma brava semplicemente perché non lascia il suo bebé pieno di popò. E c’è da scommettere che questo bimbo, crescendo «darà una mano in casa» (riecco il tranello!) meno di sua sorella, con la benedizione di mammà.

Che fine hanno fatto le chiacchiere sulla condivisione dei pesi domestici? Secondo l’Associazione italiana uomini casalinghi, specie tanto rara da avere bisogno di un organo di tutela e promozione, l’obiettivo della coppia dev’essere la gilania, termine coniato per definire un modello sociale di partnership fra uomo e donna, contrapposto sia al dominio maschile (androcrazia), sia al matriarcato. Dimenticate le caricature imposte dalla mentalità imperante: il casalingo non gira per casa con ridicoli grembiulini a fiori e piumini in colori pastello. «La dimensione casalinga è un modo di essere che appartiene a ogni uomo: manager, professionista, operaio, impiegato, sportivo – si legge nella dichiarazione d’intenti -. Smessi i panni professionali, tutti gli uomini sono anche casalinghi, svolgendo all’interno della casa qualsiasi faccenda domestica e investendo attenzioni ed energie nella cura dei propri figli». Divisione dei compiti, dunque, senza se e senza ma.

E se alcuni giovani uomini illuminati già concorrono al 50 per cento al benessere della casa (facendo tutto-tutto: dallo stirare, al caricare la lavatrice, al lavare i piatti, al cucinare, al pulire culetti e nasini), lo stesso non si può dire per il ruolo di genitore. I congedi parentali sono per legge un diritto di mamma e papà, ma per gli uomini italiani restano ancora un tabù. «Mio marito ha detto che si vergogna di chiederli al suo capo, teme che lo guarderebbe come un alieno. E poi qualcuno gli soffierebbe il posto in un secondo». Questo è il tenore dei commenti sull’argomento (spinosissimo) che si leggono nei vari forum di mamme-lavoratrici presenti in rete. Che sia il caso di espatriare per cercar marito all’estero, dove le cose vanno già diversamente?